“Pecunia non olet” potrebbe essere il tweet ideale per i gestori della piattaforma social in cui, invece di cinguettare, gli utenti sbraitano nel silenzioso pigiare i tasti del computer o poggiare i polpastrelli sullo schermo dello smartphone.
Se ci indispettiscono le sgradevoli manifestazioni di violenza verbale (speculari alle manifestazioni di disagio urbano), tra le piccole cose che infastidiscono compaiono i messaggi “promossi” da Twitter che rientrano nelle azioni di marketing digitali su cui poggia il business dell’azienda.
La piattaforma deve ovviamente essere portatrice di profitti (non è una onlus a gestire Twitter e tanto meno vi è un’erede di Madre Teresa di Calcutta al suo timone) e le dinamiche di controllo delle inserzioni pubblicitarie non sempre funzionano come si vorrebbe (o si potrebbe). E così – in mezzo a tanti tweet di ordinaria connotazione promozionale – periodicamente si affaccia qualcosa di quanto meno “inopportuno”.
Qualche giorno fa un giornalista freelance, Tyler Coates il suo nome, si è visto recapitare nel suo profilo un “tweet” incredibilmente macabro riferito ad un servizio commerciale di organi umani.
La circostanza – superato l’impatto traumatico di legittimo sbigottimento – è stata raccontata dall’interessato ai colleghi del sito Gizmodo, cui ha confessato di essere sì “arido e spietato” (così avrebbe detto se avesse mai un’espressione romanesca) ma di non comprendere il motivo di un simile messaggio sul suo computer.
Se è vero che la pubblicità online è estremamente mirata e spesso collima con le richieste formulate sui motori di ricerca oppure con la navigazione tra un web e l’altro, è sinceramente inspiegabile l’apparizione di determinati “promo” che risultano ben lontani da gusti e preferenze del soggetto che li vede giungere e ancor più distanti da etica e buon gusto.
Probabilmente Twitter cerca di affilare i propri strumenti di permeazione commerciale e sperimenta la propria incisività lasciando sciolte le briglie degli algoritmi preposti al controllo automatizzato dei contenuti “sponsorizzarati” che vengono veicolati agli utenti.
Inondare di annunci relativi a compravendita di organi (non pianole o tastiere musicali) non sembra una condotta plausibile e non basta a rassicurare il fatto che Twitter abbia sospeso l’account che aveva riconosciuto l’idoneità della sua piattaforma per far conoscere i sorprendenti inammissibili servizi. L’utente non aveva fatto mistero delle reali intenzioni, fin dal momento dello sbarco online, così come mostrava il nome “organmarkets” scelto come identificativo e divenuto e “theorganmarket” dopo la chiusura del primo account.
Non parliamo di una realtà marginale nel contesto telematico. Twitter – grazie ai sui contenuti a pagamento – nel 2019 ha totalizzato profitti che hanno sfiorato il miliardo e mezzo di dollari, nonostante la serrata concorrenza di Google e Facebook nella raccolta pubblicitaria.
Chi è curioso di vedere quante siano le “stranezze” nel moderno Carosello delle inserzioni su Twitter, non ha bisogno di allontanarsi. Proprio su quel social c’è un profilo particolarmente suggestivo che svolge la simpatica funzione di “vigilante” e che raccoglie e segnala le pubblicità che è bene non lasciarsi scappare. L’account “advertisedtwit” – purtroppo in lingua inglese – è operativo dal novembre 2018 e vanta oltre 22mila follower (e segue soltanto un altro iscritto) di cui riesce a richiamare costantemente l’attenzione.
Possibile mai che Twitter – visti gli utili spropositati – non possa investire in maniera significativa per bloccare inserzioni fraudolente o illegali?
Più comodo lucrare su qualunque tweet e aspettare che qualcuno si lamenti senza aver bisogno di spendere denaro per evitare simili (e anche peggiori) episodi come quello toccato in sorte a Tyler Coats e a chissà quanti altri?