Ho due notizie. Una buona e una cattiva. Anzi, a voler essere precisi, una cattiva e una pessima. Quale volete per prima?
Immaginando la risposta, cominciamo con la peggiore delle due. Non è soltanto Zoom a spedire i vostri dati personali a Facebook, anche se su quel social network non ci avete mai messo piede.
A questo punto viene da chiedersi come la mefistofelica app di videoconferenza (e, come questa, tutte le altre diavolerie che si comportano nello stesso modo) riescano nel loro intento di violare la riservatezza dei nostri dati personali.
Moltissime applicazioni per gli smartphone sono realizzate sfruttando gli SDK, ovvero i kit di sviluppo software predisposti da Facebook che aumentano l’interattività del programmino che si sta confezionando. Questi SDK richiedono una sorta di pedaggio “in natura” all’azienda di Zuckerberg e la moneta con cui gli sviluppatori compensano Facebook sono i dati degli utenti che installano la propria “app”.
Naturalmente, questa specie di “accordo” non è riportato nell’informativa agli utilizzatori di Zoom (né in quella delle altre applicazioni), perché quei pochi soggetti che andrebbero mai a leggere certe cose si guarderebbero bene dall’accettare simili condizioni.
In termini pratici, chi scarica, installa e attiva Zoom non si accorge che la app si connette alla cosiddetta “API Graph”, strumento che equivale ad una “cassa continua” delle agenzie bancarie. Lì si versa inconsapevolmente la propria ricchezza di informazioni che – peccato – viene accreditata non sul proprio conto, ma su quello di Mark Zuckerberg & C.
Uno scippo più che un versamento spontaneo.
Zoom avvisa Facebook che Tizio ha aperto la “app”, gli dice che dispositivo sta usando (marca, modello, versione del sistema operativo in funzione), data e ora, localizzazione, gestore telefonico adoperato e tanto altro…
Scorrendo la “policy” di Zoom si legge che il produttore della “app” potrebbe raccogliere “informazioni sul profilo Facebook dell’utente (quando si utilizza Facebook per accedere ai nostri Prodotti o per creare un account per i nostri Prodotti)”. Il testo, però, si guarda bene dal fare alcun cenno sull’invio a Facebook di dati relativi ad utenti di Zoom che non hanno affatto un account su quel “social”.
Il vademecum sulle modalità con cui Zoom “rispetta” la privacy riporta genericamente che “i nostri fornitori di servizi di terze parti e i partner pubblicitari (ad es. Google Ads e Google Analytics) raccolgono automaticamente alcune informazioni su di te quando utilizzi i nostri Prodotti”.
Il riferimento puntuale a Facebook non c’è. Ma la più o meno deliberata omissione, lascia spazio a tanti altri dubbi e timori.
Quanti fornitori e partner di Zoom si “pappano” i dati degli utenti? E cosa se ne fanno? E perché?
Tornate su queste pagine, perché ne vedremo ancora delle belle. Purtroppo.