Il vaccino non c’è. Le cure sono ostacolate dalla competizione tra brillanti e valorosi sperimentatori nell’assenza pneumatica di una regia politica che coordini gli encomiabili sforzi medici.
Se passerà la pandemia dovremo solo dire grazie a noi stessi che non siamo usciti di casa, unico concreto provvedimento adottato e obtorto collo rispettato anche da una popolazione indisciplinata come quella italiana.
Se passerà la pandemia gli eroi che in corsia hanno duellato al prezzo della propria vita, mentre gli altri chiacchieravano durante gli impomatati meeting in videoconferenza di questa o quella task-force, torneranno ad essere dimenticati.
Le strutture sanitarie torneranno ad essere “aziende”, verranno ottimizzate secondo presunte “spending review”, riabbracceranno i conti tralasciando la priorità della salute pubblica.
I medici di base torneranno ad essere “prescrittori di farmaci a carico del Servizio Sanitario Nazionale” e quelli ospedalieri ad essere malmenati dai nerboruti parenti dei ricoverati.
Si tornerà alla normalità, purtroppo ad una normalità che non ci farà fare tesoro delle paure, dei patimenti e del dolore di questo periodo.
Non saremo migliori, inutile illuderci. Saremo gli stessi e ricorderemo solo di sfoderare la veemenza con cui abbiamo aggredito chi al supermercato si è avvicinato a soli 95 centimetri di distanza.
Piangeremo i nostri morti, innocenti vittime del virus e dell’impreparazione ad affrontarlo. Piangeremo medici e infermieri che si sono immolati rendendoci – soltanto loro – orgogliosi di essere connazionali di persone così generose.
Ci chiederemo cosa andranno a fare gli esperti dei tanti comitati e gruppi di consulenza che si sono accavallati pur di dare un posto a chi ci sarebbe rimasto male in caso fosse stato escluso dalle convocazioni. Magari plaudiremo alla istituzione di un Corpo Speciale per lo smaltimento delle task force e – in un afflato di solidarietà – penseremo alla mole di lavoro che toccherà in sorte a questi militi.
Quando passerà la pandemia usciremo fuori dalle nostre case e i nostri occhi dovranno vedere il tetro spettacolo identico a quello successivo ad una esplosione nucleare. Le macerie dell’economia saranno il prezzo di non aver saputo immaginare un vero programma per l’emergenza e di non aver fatto quello che ci si aspettava da chi era al timone.
L’orizzonte degno del “day after” spingerà molti nella direzione in cui un perfido vento sta pericolosamente soffiando da tempo. Tutti cominceranno a sognare l’arrivo dell’ “uomo forte al comando”.
Ci si fermi prima di una simile apocalisse. Non serve un uomo “forte”, ma un uomo “capace”. E deve essere capace davvero, non solo a chiacchiere o per le autoreferenze di qualche curriculum taroccato. Deve essere capace ed onesto.
La tanto declamata “onestà” comincia con il riconoscimento dei propri limiti e purtroppo certe bugie le abbiamo digerite addebitando certi mal di pancia a chissà quale altra ragione.
Aspettiamo con fiducia. Nel frattempo il Premier ci ha assicurato che il primo giugno riapriranno i barbieri. Qualcuno dica al professor Conte che sarà un lunedì e quel giorno i parrucchieri sono tradizionalmente chiusi.