Mi stupisco di chi ancora si stupisce, o finge di farlo. I venti ragazzini che, “beccati” dalla Polizia Postale, si scambiavano foto e video orripilanti non sono certo una eccezione, ma rappresentano nitidamente la situazione dell’informatizzazione (e parlo non di tecnica ma di cultura) del nostro Paese.
C’è chi strombazza il Safer Internet Day (quasi bastasse un giorno – con iniziative da sagra paesana – a rendere la Rete “più sicura”), chi racconta del grande successo delle conferenze nelle scuole per spiegare (a ragazzini che ne sanno mille volte di più) i pericoli delle moderne tecnologie (che i “bimbi” non di rado adoperano come incalliti criminali), chi prospetta un futuro roseo grazie alle tante futuribili soluzioni oggetto di trionfali dichiarazioni istituzionali. Poi – sempre più frequentemente – si leggono storie raccapriccianti che costringono anche i più distratti a fare i conti con una realtà ben diversa da quella che abitualmente ci viene raccontata.
La situazione è parecchio distante dalle ovattate descrizioni con cui si narcotizza l’opinione pubblica.
Genitori che si trincerano dietro a goffe scuse “generazionali”, docenti costretti a duellare con marmocchi che usano lo smartphone per prendersi beffa di loro, organi di polizia che rincorrono ragazzini cercando di vincere il disgusto nel visionare contenuti che vanno al di là della più fervida immaginazione, dispositivi elettronici alla portata di tutti e trasformati in armi letali.
Quel che scrivo non è certo frutto di una improvvisa ispirazione amish, ma una tanto semplice quanto drammatica constatazione.
Nel 1997 con Vincenzo Merola ho scritto il libro “Genitori, occhio a Internet” invitando a riflettere sui potenziali pericoli delle allora nuove modalità di comunicazione. Non siamo riusciti a sensibilizzare gli adulti dell’epoca e i ragazzini del tempo che hanno preso il posto di mamma e papà si lamentano di non saper come affrontare i rispettivi figli. Viene da chiedersi cosa sia stato fatto davvero (e non a chiacchiere) in questi anni e soprattutto cosa sia stato realizzato nell’ultimo biennio in cui s’è narrato di un grande salto tecnologico del Paese.
Chi è al comando di questo sventurato Paese dovrebbe spiegare (magari senza slide preconfezionate e senza comunicati stampa da riportare pari pari) cosa ha fatto, cosa stia facendo e cosa pensa di fare per scongiurare il ripetersi di eventi clamorosi come quello della “chat dell’orrore” di cui parlano i giornali in questi giorni.
Il rimedio non sono le indagini giudiziarie che purtroppo non risolvono nemmeno l’aspetto acuto del problema. Non si tratta di premere un brufolo dinanzi allo specchio, ma di affrontare la questione di qualcosa che è ben più preoccupante di una naturale acne giovanile.
Il tumore del degrado manifesta da tempo incredibili metastasi, ma l’immaginaria cartella clinica viene tenuta nascosta. Solo quando venti ragazzi finiscono al “triage” processuale qualcuno si accorge che qualcosa non va.
Le brillanti Ministre Pisano (Innovazione) e Azzolina (Istruzione) hanno sicuramente già trovato il rimedio. Perché non ci rendono partecipi e non rassicurano la collettività dicendo che l’ennesima brutta storia è solo l’ennesima eccezione?