Si è sentito parlare tanto del veto (come quello americano e inglese) all’utilizzo degli apparati Huawei nelle reti di telecomunicazioni occidentali.
Si è sentito parlare poco del Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri con cui Conte avrebbe trovato una sorta di scappatoia per i dispositivi cinesi che altrove sono stati messi al bando per ragioni di sicurezza nazionale.
Il Decreto in questione – almeno stando ai titoli di qualche quotidiano – sarebbe segreto, circostanza che suonerebbe strana visto e considerato che i provvedimenti normativi di quel calibro dovrebbero avere dignità di stampa sulla Gazzetta Ufficiale della nostra Repubblica.
Il DPCM in questione è datato 7 agosto 2020. Proviamo diligentemente a cercarlo collegandoci al sito www.governo.it. Clicchiamo sulle tre righe in alto a sinistra così da aprire il menu e selezioniamo “governo”. Sulla successiva tendina scegliamo “provvedimenti”, guadagnando visibilità sulle norme appena sfornate.
Nella data del 7 agosto si scoprono tante iniziative che evidenziano la solerzia e l’operosità di chi lavora per il cittadino, ma del DPCM nessuna traccia.
I più ardimentosi esploratori del web trovano un decreto di quel tipo proprio in quella data e il testo è presente sia sulla Gazzetta Ufficiale sia sul sito della Presidenza del Consiglio. Non siamo stati bravi noi nella nostra caccia?
Niente affatto. Il provvedimento “pubblico” è quello che riguarda “Ulteriori disposizioni attuative del decreto-legge 25 marzo 2020, n. 19, recante misure urgenti per fronteggiare l’emergenza epidemiologica da COVID-19, e del decreto-legge 16 maggio 2020, n. 33, recante ulteriori misure urgenti per fronteggiare l’emergenza epidemiologica da COVID-19”, abbastanza lontano dalle tematiche che possono interessare gli appassionati di tecnologie e i soggetti legittimamente preoccupati dal futuro delle telecomunicazioni e della loro sicurezza.
Prendendo per buono quel che pubblicano i giornali il Premier ha dato segnale verde all’installazione e alla messa in esercizio di apparati Huawei (già in larga parte funzionanti da anni) ribaltando su Telecom Italia l’onere di verificare la rispondenza di quei dispositivi ad una serie di prescrizioni innescate dal decreto legge 15 marzo 2012 n. 21 convertito, con modificazioni, dalla legge 11 maggio 2012 n. 56, in tema di “Golden Power”.
Sulle attività di competenza di Telecom Italia (o TIM come si presenta ora sul mercato) torneremo a parlare con calma e con il piacere di guardarne da vicino i dettagli e la loro percorribilità, riflettendo sul ruolo di spettatore riservato all’intelligence e ad un neo istituito Comitato di Monitoraggio (“stavamo scarsi a task force…” direbbe qualcuno con tono canzonatorio).
Vorrei insistere sulla segretezza del DPCM e sulla introvabilità del testo ufficiale.
Non di rado certi segreti vengono violati da chi in immediata prossimità a chi firma i documenti. Invece di costringere la stampa più aggressiva a fare scoop e a pubblicare con clamore documenti che dovrebbero essere alla portata di tutti, perché non scegliere un pochino di trasparenza e magari accettare le critiche di chi – piaccia o non piaccia – certe cose potrebbe conoscerle e avere opinioni difformi dalle scelte governative?