In questi giorni sul nuovo magazine tecnologico de La Repubblica è uscito un articolo quasi commemorativo delle “cinquanta persone della cybersecurity da seguire” al cui titolo – fosse mai che qualcuno rimasto fuori dal novero degli “elevati” si dovesse offendere – è stato aggiunto uno struggente “e non finisce qui”.
Quest’ultima frase – che ha il vago sapore delle giustificazioni preventive – evoca Corrado Mantoni e i suoi “dilettanti allo sbaraglio” e connota un contesto in cui tutti sgomitano per mostrare agli altri un patetico ci sono “anch’io”.
Mentre mi riesce difficile comprendere l’utilità della sequenza di epitaffi (il ricorso ad amuleti – anatomici e non – è istintivo anche per chi è dotato di austero aplomb), mi chiedo come nasca una simile iniziativa. Non avendo il fascino degli album Panini in cui si raccoglievano le figurine dei calciatori (e ironicamente oggi quelle dei virologi), mi sembra soltanto l’assist per dare a qualcuno dei prescelti il “rango” per essere considerato in una prossima selezione per l’istituenda Agenzia per la cybersecurity del Paese.
Nel tempio dell’autoreferenzialità di Linkedin è scattato un sondaggio plebiscitario con cui chi ha redatto il pezzo ha chiesto – in una pilatesca atmosfera da “Volete libero Gesù o Barabba? – ai frequentatori del social professionale di indicare soggetti ritenuti adeguatamente qualificati. L’esito è la lista appena pubblicata che – in un battibaleno – ha corroborato l’ego di chi non vedeva l’ora di emulare John Belushi quando, alla celebrazione di James Brown, comincia ad urlare “ho visto la luce”.
In un attimo tutti hanno cominciato a postare la “certificazione” di “persona della cybersecurity da seguire” con grande dolore di chi – non contemplato nei “cinquanta” – ha dovuto subire una iniqua mortificazione.
In uno slancio di generosità sento di dover lasciare il posto a qualcuno che sta contorcendosi nel dispiacere di non essere stato considerato.
Sarà il mio “carattere puntuto” come scrive l’estensore della lista, interpretando eufemisticamente la mia estrema trasparenza di opinione, la mia libertà di non dover applaudire chi dovrebbe essere defenestrato e invece occupa inspiegabilmente posti di responsabilità, la mia deliberata scelta di non aggregarmi alle “compagnie di giro”. Al suo posto avrei preferito “è uno stronzo”, ma poteva essere erroneamente immaginato come un indizio della sindrome di Asperger. Al mio posto, poi, avrei aggiunto “e se lo può permettere” ma sarebbe stato pleonastico.
Mi auguro che il recruitment della squadra che dovrà tutelare la sicurezza cibernetica del Paese non segua la medesima dinamica e che simili iniziative non costituiscano un esempio da mutuare. Spes ultima dea.