I sistemi informatici di mezzo mondo sono messi a ferro e fuoco (l’altra metà o è già stata “cucinata” o sta per esserlo) e dalle nostre parti il problema – come il fatto in certe sentenze – “non sussiste”.
La dimostrazione è evidente anche se potrebbe sembrare poco indicativa.
Conosco imprenditori che se ne fregano del web e consulenti che lasciano vuoto il proprio sito per disincentivare gli interlocutori perché – già pieni di lavoro – non vogliono inutili ingaggi. Una entità pubblica, però, non può permettersi il lusso di non fornire informazioni alla collettività, perché quella presenza dà il senso del presidio di contesti che per molti sono cruciali o comunque tali da determinare legittime preoccupazioni.
Sapere che c’è chi ci pensa è importante, anche in uno scenario che come la cybersecurity non è ancora assurto al rango di “roba seria”.
Chi desidera saperne di più e vuole evitare le melodie ammalianti di chi a tutti i costi vuole/deve vendere prodotti e servizi, avrebbe piacere di esser guidato dalle realtà che nello Stato hanno la delicata funzione di coordinare ogni sforzo volto a preservare l’Italia da brutte sorprese hi-tech.
Nonostante i gaudiosi squilli di tromba per il salvifico insediamento dei vertici dell’Agenzia Cyber e per il risolutivo protocollo d’intesa con l’Autorità Garante per la Protezione dei Dati Personali, chi raggiunge www.acn.gov.it scopre che “Il sito per la cybersecurity nazionale sta per arrivare”, come annuncia il banner di apertura della pagina web.
I più ostinati non si arrendono e scavano all’interno. Le uniche “pepite” di questa miniera sono una manciata di tweet, in larga parte commerciali, che rinviano a report o scoperte non riconducibili alla ricerca svolta dalle risorse pubbliche nazionali.
Qualcuno legge con attenzione il “cronoprogramma”, dove al calendario sono abbinate le iniziative pianificate.
Ad un certo punto – come nei film di Dario Argento – arrivano il momento topico della paura e la speranza che sia solo finzione….
Per funzionare l’Agenzia ha certo bisogno di specialisti e di esperti che – fatta eccezione per il Direttore Generale e la Vice Direttrice Generale – non ci sono. La “fine fase di primo reclutamento” è infatti prevista per il 31 Dicembre 2023…
Sulla homepage della ACN è scritto chiaramente che “In seguito alla definizione dei regolamenti attuativi, parte il programma di potenziamento del personale dell’Agenzia per la Cybersicurezza Nazionale che vede l’integrazione entro la fine del 2023 di 300 unità a supporto dello sviluppo delle attività previste dall’Agenzia”.
Nonostante l’indiscutibile urgenza a reperire e selezionare i “pretoriani” digitali, il traguardo di disporre di “truppe” adeguate è posizionato a 23 mesi da oggi…
La gragnola di notizie allarmanti che diluviano quotidianamente non sembra interferire sulla imperturbabilità istituzionale, quasi i continui disastri informatici non avessero luogo e non ci fosse l’irrefrenabile impellenza di esser pronti ad affrontare una sfida già in corso.
Dicembre 2023? Ma sì, che premura c’è? Anzi. I più dotti non esitano a citare immediatamente la storia della gatta frettolosa che fece i mici ciechi….
Con calma, quindi. Mi raccomando, si proceda con calma.
Quei 300 posti (e gli altri che verranno) sono da centellinare. La retribuzione sarà pari a quella di Bankitalia e i meccanismi di sponsorizzazione di questo o quel candidato non potranno esimersi dal tenerne conto.
Dicembre 2023? No, il “recruiting” avverrà prima e non sarà merito di una improvvisa scoperta dell’impellenza in essere o di una maturata sensibilità al tema della cybersecurity.
La primavera del 2023 con le sue consultazioni elettorali e con le dinamiche consuete di quelle stagioni politiche sicuramente farà sbocciare in anticipo l’elenco dei prescelti. L’imminenza della chiamata popolare alle urne a volte sa imprimere accelerazioni imprevedibili.