Mi stupisco (un mio dotto amico direbbe mi perplimo) dello stupore con cui la cosiddetta società civile sta assistendo all’ennesimo teatrino della nostra politichetta.
L’unica spiegazione plausibile, scartando per amor di Patria quella che si siano rimbambiti tutti, è che la tradizionale scarsa memoria degli Italiani abbia fatto dimenticare come si sia arrivati a questo epilogo farsesco.
Mai avrei pensato di scrivere a questo riguardo, ma vi sono infine stato portato dallo smarrimento espresso da alcuni miei autorevolissimi amici, persone di notevole caratura, che semplicemente hanno dovuto ammettere di non comprendere quanto stava accadendo.
E questo non tanto e non solo per l’apparente (non a caso utilizzo questo aggettivo e vedremo poi perché) complessità degli accadimenti, quanto soprattutto per le modalità di rappresentazione da parte dei media, molto incentrate sul commento e pochissimo sui fatti.
Con questo articolo mi prefiggo quindi presuntuosamente l’obiettivo di semplificare e rendere intelligibile il percorso, al momento sepolto sotto incrostazioni di delirio politichese e raffazzonate rappresentazioni mediatiche, che ha portato al cabaret cui stiamo assistendo oggi.
Partiamo da un presupposto: se nel frullatore metti degli ingredienti avariati e maleolenti non ti puoi aspettare di ottenere un profumatissimo frullato.
E se in corso d’opera, accorgendoti della schifezza che stai preparando, blocchi il frullatore aggiungendo un paio di componenti di ottima qualità ben difficilmente migliorerai il risultato finale, mentre quasi sicuramente avrai sprecato anche quel paio di elementi buoni che avresti potuto utilizzare diversamente.
Prima di stupirci del sapore del frullato, vediamo quindi cosa ci abbiamo messo dentro.
Partiamo dalle elezioni del 2018 perché quello che sta accadendo non si è generato nel vuoto pneumatico, ma è iniziato da lì.
Il partito dei 5 Stelle vince a mani basse le elezioni mietendo milioni di voti soprattutto nel meridione d’Italia cavalcando l’onda del reddito di cittadinanza.
La Lega consegue a sua volta un risultato lusinghiero sventolando la bandiera di “quota 100”.
Tralasciamo i motti salaci della stampa estera che ha visto scorrere su questi due binari il trionfo dell’immagine stereotipata del gaudente fancazzismo italico e restiamo sulla semplice rappresentazione dei fatti, anzi dei numeri.
Se guardiamo con una prospettiva diversa al roccioso risultato conseguito dai 5 Stelle (circa il 33% dei voti) vediamo che questi numeri sono un po’ meno granitici di quanto potrebbero apparire a prima vista.
Infatti la percentuale dei votanti è stata la più bassa della storia della Repubblica (73%) quindi il 33% rapportato al totale degli aventi diritto si diluisce a circa il 25%.
Fuor di percentuali, su 46,6 milioni di votanti hanno votato per i 5 Stelle circa 10,5 mln di italiani che non sono pochi, ma nemmeno abbastanza da giustificare ogni corbelleria con il refrain “lo vogliono gli Italiani!” perché al massimo si può essere ragionevolmente certi che lo voglia un italiano su quattro che non è proprio una maggioranza bulgara.
Con le percentuali uscite dalle votazioni nessuno schieramento sarebbe stato in grado di esprimere una maggioranza di governo a meno di immondi connubi.
Pur di accedere alla stanza dei bottoni il primo immondo connubio arriva puntuale tra Cinque Stelle e Lega che “nel supremo interesse della collettività” sono disposti a dimenticare di essersi cordialmente sputati addosso fino a quel momento.
Il popolo (quello vero) inorridisce ed invoca lo scioglimento delle camere per non assistere a questo ludibrio, ma ciò significa attribuire al pur volenteroso Presidente delle Repubblica delle prerogative che non ha.
Sarebbe come esigere che un sacerdote si rifiuti di celebrare un matrimonio perché a suo giudizio la coppia non è bene assortita.
Nel caso del nostro povero Presidente, ahilui ed ahinoi, la coppia era sì malamente assortita, ma le carte risultavano in regola perché una maggioranza in Parlamento a sostegno dell’immondo connubio c’era ed il Parlamento, non dimentichiamolo, è sovrano anche rispetto alla più alta carica dello Stato.
Quindi parte il governo gialloverde (PRIMO INGREDIENTE CHE VA NEL FRULLATORE).
Ma per guidare un governo occorre un Primo Ministro e per tutta una serie di veti incrociati si arriva ad un oscuro avvocato (dico oscuro perché sconosciuto anche a molti miei amici avvocati, figuriamoci a me che avvocato non sono) che balza entusiasticamente sul ponte di comando assistito da un reduce del Grande Fratello che infatti impronta decisamente questo primo mandato ad una sorte di “irreality show” …e siamo cosi al SECONDO INGREDIENTE CHE VA NEL FRULLATORE.
Del resto nella perversa logica dell’uno vale uno, abbiamo visto in questa bislacca legislatura chi con un’esperienza lavorativa di commesso in un negozio di animali e vantando come formazione scolastica la terza media sia approdato al ruolo di Presidente della Commissione Affari Europei alla Camera dei Deputati.
Quindi un avvocato ancorché oscuro che comunque uno straccio di laurea ce l’ha, nel più puro spirito del “beati monoculi in terra caecorum” può legittimamente aspirare a fare qualunque cosa, anche il capo del governo e se non lo si ferma in tempo andare persino oltre visto che il Papa appare un po’ malandato.
A questa scelta un’altra importante forza parlamentare (il PD) riserva una cordiale accoglienza accusando l’autodefinitosi avvocato del popolo di aver taroccato il suo curriculum e di aver difeso il diritto della piccola Sofia, affetta da leucodistrofia metacromatica e purtroppo morta lo scorso anno, a curarsi con il metodo Stamina, metodo di Davide Vannoni che fu poi riconosciuto come truffa e vietato dai tribunali, dopo essere stato bocciato dalla comunità scientifica.
Un CONDIMENTO che va nel frullatore in questa fase e che occorre tenere a mente per quanto accadrà poco più di un anno dopo, quando l’immondo connubio inizierà a scricchiolare.
Uno dei padri della sacrilega alleanza ritenendo di aver acquisito un sufficiente credito elettorale suonando ai citofoni di spacciatori o presunti tali, pensa di rovesciare il tavolo e passare all’incasso.
Il popolo (sempre quello vero) invoca elezioni, ma ecco accadere l’impossibile: arriva il secondo immondo connubio: il PD dopo anni di MAI CON I CINQUE STELLE ed i Cinque Stelle dopo anni di MAI CON IL PD, dimenticando anche la ruvida accoglienza riservata a Conte per i suoi
trascorsi curriculari e professionali convogliano a seconde nozze, che il buon Don Mattarella non può esimersi dal celebrare essendo il Parlamento, come già detto, ancorché scompaginato, bislacco e sgangherato, pur sempre sovrano.
Parte quindi il Conte 2 che cadrà infine sul classico sgambetto parlamentare orchestrato da chi è maestro in queste operazioni non essendo uno sprovveduto capitato per caso nelle stanze del potere come invece l’ineffabile avvocato del popolo.
E arriviamo a Draghi, novello Furio Camillo, che nelle speranze del popolo (ancora quello vero) avrebbe dovuto finalmente liberarci dai barbari.
Con Draghi arrivano anche i soldi del PNRR che Conte sperava invano di ottenere inviando due fogli A4 pieni di fioretti a Bruxelles.
Seppur a corrente alternata e a strappi (non dobbiamo infatti dimenticare il tortuoso percorso che ci ha portato fin qui e gli ingredienti rimasti nel frullatore) la povera Italia prova a rimettersi in moto.
Ad inquinare ancor più la poltiglia rancida che continua a girare vorticosamente nel frullatore una bazzecola da niente come la mancata elezione del Presidente della Repubblica….e scusate se è poco.
Le due Camere riunite che non sono riuscite a trovare un punto di convergenza sull’elezione del Capo dello Stato avrebbero dovuto invece garantire solidamente e sostenere l’azione di governo? La domanda ovviamente è pleonastica.
Dopo uno strappo di questo genere che obbliga Mattarella ad un secondo mandato (immagino seccato), che nega la Presidenza della Repubblica a Draghi (immagino seccato anche lui perché non era un mistero che ci tenesse) l’allegra brigata dovrebbe procedere lietamente lavorando di buona lena ed andando a mangiare tutti insieme la pizza il sabato sera? Altra domanda pleonastica.
No.. quindi AGGIUNGIAMO QUESTO TERZO INGREDIENTE NEL FRULLATORE.
A questo punto esce da un fianco Conte animato dalle migliori intenzioni di fare più danni di quanti non ne abbia fatti da primo ministro.
L’obiettivo è sfidante, ma ampiamente alla sua portata: infatti innesca una sfida senza capo né coda, parlando di umiliazioni, arroganza, indifferenza che avrebbe subito, dimenticando (o più semplicemente non sapendo affatto) che non sono certo questi i termini a cui ispirare un’azione politica.
Tutti si accomodano speranzosi con il sacchetto di popcorn in mano per assistere a come si stia gaiamente garrotando da solo quando ecco succedere l’imponderabile.
Due forze politiche che vivacchiavano piuttosto tranquillamente nel governo visto che il lavoro grosso se lo smazzava Draghi con pochissimi altri, sfilano inopinatamente la sedia da sotto allo stesso Draghi con motivazioni se possibile ancora più nebulose di quelle di Giuseppi.
Il popolo vero che finora ha invocato le elezioni stavolta è un po’ perplesso: non si
voterà prima della fine di settembre, auspicando che dalle elezioni emerga una situazione diversa e migliore si dovrà individuare un nuovo primo ministro e costituire un nuovo governo.
Si arriverebbe comunque a ridosso della scadenza naturale dell’attuale legislatura (marzo 2023).
E allora quale è il razionale sottostante alla messa in scena di questo psicodramma per due o tre mesi?
Ma come, brutto popolaccio bue e ignorantone: non l’hai ancora capito?
Allora mi spiace….dovrai proprio aprire il frullatore e bere il contenuto.
Avrai un’illuminazione, accorgendoti che l’unico ingrediente mancante da quell’intruglio puzzolente è proprio “il supremo interesse della collettività”.
Quindi, tornando all’apertura di questo articolo, perché stupirsi dell’epilogo?
Se proprio ci dobbiamo meravigliare di qualcosa è di come in Italia sia possibile che accrocchi di questo genere riescano a restare in vita così a lungo blindandosi in giose bolle autoreferenziali completamente avulse dal mondo reale.
A sottolineare questa divaricazione tra il beverone nel frullatore e la società reale almeno altri tre ingredienti che esasperano il concetto dell’assenza del vincolo di mandato previsto dall’art. 67 della nostra Costituzione.
Il primo, il più evidente che traspare anche da questa modesta analisi, è costituito dai giochi di alleanze che vanno ad accomunare partiti che i rispettivi elettori non avrebbero mai voluto insieme: quindi ad esempio uno vota PD detestando Lega (o viceversa) per ritrovarseli invece compagni di cordata.
Il secondo è che il 27% degli aventi diritto non votano (leggendo questo articolo si può anche intuire il perché) e questa percentuale, secondo gli ultimi sondaggi, esprimerebbe il primo partito d’Italia.
Il terzo partito d’Italia invece è costituito dal cosiddetto gruppo misto, cioè da tutti quei parlamentari eletti nelle liste di un determinato partito dal quale sono successivamente usciti restando quindi in Parlamento a titolo personale.
Vi stupite ancora che il terzo governo di questa Legislatura sia caduto e che la Legislatura stessa sia spirata anzitempo?
O che dal dopoguerra al 2019 la Germania abbia avuto otto governi e noi ventotto?
C’è comunque qualcosa da salvare da questo scempio, un insegnamento da mettere a fattor comune: non è vero che uno vale uno…magari fosse così!
Può valere anche molto meno di uno…