Qualche mese fa, echeggiando il motto di Casa Stark della fortunatissima serie televisiva Game of Thrones, avevo scritto un articolo intitolato L’inverno sta arrivando, in cui analizzavo la situazione militare strategica nel conflitto russo-ucraino, e le sue conseguenze per la stabilità geopolitica del sub-continente europeo.
Presi dalle notti magiche dell’estate italiana, finalmente felici di essere evasi dopo due anni dalla prigione virale – sebbene il COVID continui ad imperversare, seppur ridotto in termini di effetti clinici – il nostro atteggiamento in merito è stato quello di franco disinteresse, accompagnato dalla classica frase ci pensiamo a settembre.
Ora che settembre è arrivato, sappiamo che il dossier dell’approvvigionamento energetico per il prossimo mese sarà appannaggio del governo prossimo venturo, dato che Draghi, uomo di opportunità ed intelligenza, ha provocato la reazione dei partiti mettendoli di fronte ad una scelta dicotomica: continuare ad affidarsi ad un tecnico provvisto della necessaria credibilità internazionale – merce che scarseggia nel panorama politico italiano – assumendosi pubblicamente la responsabilità delle scelte attraverso un sostegno esplicito; oppure riprendere in mano il pallino del gioco ed insieme a questo la pentola di patate bollenti che l’inverno ormai alle porte ha già messo sui fornelli.
Ad una ventina di giorni dalle elezioni, il popolo italiano ancora sonnecchia nell’ubriacatura estiva di ombrelloni e aperitivi. Il campionato di calcio è ripartito ed esercita la sua funzione di arma di distrazione di massa, e sui grandi media la guerra in Ucraina ha assunto la connotazione di una nota a piè di pagina. Come in una classica canzone dei Green Day, e complice il tempo ancora bello che invita nel weekend ad un prolungamento d’estate, Wake me up when September ends – svegliami alla fine di settembre.
Quando la sveglia arriverà, sarà durissima. I costi diretti dell’energia schizzeranno alle stelle, e di riflesso schizzeranno alle stelle i costi di tutto quanto si produce attraverso l’uso di energia, vale a dire qualsiasi cosa. Ci si culla forse dell’illusione che basterà non comprare oggetti per risparmiare, senza contare che quella dell’alimentare è una delle industrie più energivore che esistano, dato che il suo modello di funzionamento si basa su processi alternativi di riscaldamento o raffreddamento della materia prima.
In questi giorni gira la proposta di ridurre il consumo energetico attraverso l’imposizione per legge di limiti di temperatura per il riscaldamento casalingo e degli uffici. Una strategia che trova la sua teorica applicazione unicamente per gli impianti di riscaldamento centralizzato – vale a dire quelli che servono le fasce più deboli della popolazione – tanto che se per questi ultimi sono previsti controlli a campione, per quanti hanno un impianto autonomo ci si affiderà a campagne di sensibilizzazione.
La prima cosa intelligente da fare, in tal senso, sarebbe limitare il numero di corpi fisici da riscaldare. Questo potrebbe essere realizzato imponendo il ricorso al lavoro a distanza per tutte quelle professioni che lo consentano, ed abbattendo quindi immediatamente la frazione di bolletta energetica relativa al riscaldamento degli uffici. Anche così, comunque, ci aspetta un inverno lungo e complicato durante il quale i gasdotti russi – il North Stream è appena stato chiuso con una scusa – verranno utilizzati come arma strategica per imporre all’Europa di lasciare l’Ucraina al suo destino, pena la catastrofe sociale ed economica.
Al di là di quelle che saranno le scelte in merito del prossimo governo, comunque, e per quanto terribile possa essere il dover scegliere tra il condizionatore acceso e la libertà di un popolo, come pragmaticamente aveva previsto Draghi, la domanda vera rimane quella di lungo periodo. È verosimile, infatti, che in una maniera o nell’altra la situazione tattica si risolverà, probabilmente sulla pelle degli ucraini. Resta tuttavia fondamentale comprendere la nuova situazione geostrategica e prendere le misure di lungo periodo che servano a recuperare e a mantenere un posto di rilevanza nel mondo.
E dunque: quali sono le scelte di fondo che il prossimo partito di governo intende compiere in merito alla nostra politica energetica nazionale, preso atto del fatto che in questo momento storico la Russia è un partner strategico inaffidabile, che può letteralmente metterci alla canna del gas in un suicidio al contrario?
Come intende il prossimo governo comportarsi nei confronti della scelta scellerata compiuta più di trent’anni fa con lo smantellamento della nostra industria nucleare sull’onda emotiva di Chernobyl? Quali programmi di lungo periodo intende mettere sul campo per assicurare all’Italia un approvvigionamento energetico che non dipenda più dalle eventuali tensioni internazionali, ma che costituisca un asset nazionale affidabile e duraturo? Quali scelte di fondo intende compiere per abbassare l’impronta energetica di un patrimonio immobiliare in larga parte obsoleto che costituisce uno dei fattori di più elevata dispersione energetica e dunque richiede una quantità smodata di energia per il riscaldamento?
Le contrapposizioni ideologiche da XX secolo, la lotta per accaparrarsi un posto in un Parlamento numericamente ridotto, sono temi marginali che interessano unicamente le associazioni di diritto privato che in questo momento lottano per l’affermazione elettorale. Il compito della politica, invece, è quello di concentrarsi, come qualcuno ha detto in passato, non sulle prossime elezioni, ma sulle prossime generazioni.