Chi non è mai stato sovrappeso scagli la prima pietra.
Il limbo alimentare, quella striscia di Gaza mentale sulla quale ci si sintonizza durante le festività autorizzandosi allo strappo nutrizionale con la promessa di ripristinare una figura più salutare non appena queste giungano all’epilogo, fa parte -per molti di noi- della routine vacanziera.
La gestione del piacere del lasciarsi saltuariamente andare per poi riprendere il controllo del nostro peso, rientra nella serie di abitudini lievemente nocive, cui saltuariamente si tende ad indulgere.
La parola d’ordine, prestando l’orecchio alla scienza, è la moderazione. L’eccesso, in qualsiasi direzione, è risaputo, genera risultati poco piacevoli. Concetto ben chiaro a Steve Post, il conduttore radiofonico americano che nel 1967 organizzò un “fat-in” nel bel mezzo di Central Park per “protestare contro la discriminazione verso il grasso”, dove per grasso si intende l’aggettivo già da tempo nel mirino del politically correct, assegnato alla persona eccessivamente sovrappeso. La manifestazione viene spesso citata come il primo vagito del movimento che in seguito prese il nome di “body positivity”, sviluppatosi come antidoto all’ossessione dei media per modelle scheletriche e Barbie dalla vita millimetrica.
Oscar Wilde ci aveva avvisati. La verità è raramente pura e mai semplice.
Il dibattito non è certo nuovo e tantomeno banale. Incamminarsi sul sentiero del puramente estetico o peggio ancora invocare il politically correct al fine di fare chiarezza, presenta un campo minato concettuale articolato con una dovizia tale da far invidia a quella tristemente provata dal talebano “IEDista” nella Kabul-Kandahar, la cosiddetta autostrada della morte.
I fiumi di articoli scritti sul soggetto negli ultimi decenni ne sono la prova.
Un porto relativamente sicuro, fino a qualche tempo fa, era offerto dal campo medico-scientifico, dove il dibattito lasciava poco spazio alle cosiddette “aree grigie”, ed all’interno del quale il concetto di grasso si riduce perlopiù a considerazioni sulla salute fisica.
Ma le cose stanno forse cambiando.
Gli unicorni da tapis roulant dal perfetto lato b sembrano godere vita eterna mentre continuano ad ammiccare su YouTube con raccomandazioni sul clistere più inclusivo e ricette a base di germogli di crusca e semi di canapa inerte, mentre dal lato opposto dello spettro il trend finalizzato all’accettazione del “grasso”, guidato da un esercito di opinionisti, modelle e influencer plus-size, mira a normalizzare l’obesità, cercando di convincerci che essere grassi non sia poi così male.
Per aumentare la confusione, in tempi più recenti, gli ideologi radicali che rappresentano la punta di lancia della sinistra progressista, hanno dirottato il movimento promuovendo l’obesità come non solo accettabile, ma degna di essere celebrata.
Durante un recente HBO Real Time con Bill Maher, il famoso comico-opinionista politico americano ha discusso le nuove direzioni dell’epidemia di obesità negli Stati Uniti, criticando l’atteggiamento dei vari movimenti dediti alla celebrazione del fenomeno nella cultura contemporanea.
“C’è una tendenza inquietante in corso in America in questi giorni,” Maher ha cominciato descrivendola come un tentativo di “riscrivere la scienza per adattare l’ideologia a ciò che si desidera che la realtà sia”; fenomeno certamente non nuovo per gli osservatori delle nuove bizzarre direzioni verso cui la sinistra progressista continua -con discutibile successo- a tentare di deragliare il treno della razionalità.
“Siamo passati dall’accettazione del grasso alla sua celebrazione. Questo è nuovo.” ha detto Maher.
“Adesso il termine “body positivity” è usato per annunciare, io sono perfetto come sono perché sono io,'” ha continuato. “È orwelliano quanto spesso si usi la positività per descrivere ciò che non è sano!” “Lasciate che vi chieda questo: avete mai visto un grassone di 90 anni?” ha reclamato, rincarando che
“-sano a qualsiasi peso-è una bugia incontestata che ci si ripete in modo che si possa continuare a mangiare quello che si vuole, senza limitazioni.” “Si può fare credere che si stia combattendo qualche grande battaglia di giustizia sociale per una minoranza sotto assedio, ma quello che stiamo davvero facendo è concedere l’idoneità a tossicodipendenti – che credevo avessimo già deciso da tempo-fosse cosa non buona,”.
“A un certo punto l’accettazione diventa abilitante, e se stai in qualche modo partecipando alla gioiosa celebrazione del peccato di gola che sta prendendo luogo, hai le mani insanguinate”.
Secondo il CDC (Centers for Disease Control), la principale organizzazione americana di servizi finalizzati alla protezione della salute pubblica, la prevalenza dell’obesità negli adulti negli Stati Uniti è alle stelle, con stime recenti che puntano al 42,4% della popolazione. Inoltre, il 18,5% degli adolescenti, per un totale di 13,7 milioni, sono obesi. Nonostante i numeri puntino il dito verso una forte tendenza della popolazione generale all’aumento di peso, i progressisti sostengono che il dibattito sul problema dell’obesità in America sia sinonimo di body shaming, e che la soluzione si debba piuttosto trovare nell’accettazione e glorificazione del fenomeno.
Purtroppo, i fatti indicano il contrario. Esistono innegabili correlazioni tra elevate percentuali di grasso corporeo ed effetti avversi sulla salute, tra cui una ridotta durata della vita. Secondo il CDC e altre organizzazioni sanitarie, l’elenco dei problemi di salute derivanti da eccesso di peso comprende diabete di tipo 2, ictus, problemi respiratori come apnea del sonno, malattie coronariche, ipertensione, vari tipi di cancro, osteoartrite, malattie renali e in alcuni casi la cecità.
La serie di potenziali problemi di salute attribuiti all’obesità per quanto allarmante è anche prevenibile. È chiaro che quando si verificano problemi di salute relazionabili ad un peso eccessivo, la qualità generale della vita ne risenta. Come è altrettanto chiaro che esistano circostanze all’interno delle quali l’individuo non sia in grado di controllare il suo peso con metodi tradizionali, a causa di motivazioni perlopiù patologiche, ma situazioni del genere costituiscono eccezioni alla norma.
La società ha il dovere di promuovere una cultura all’interno della quale diverse forme e dimensioni del corpo sono abbracciate, senza colpevolizzare e senza perdere però d’occhio le implicazioni sulla salute. Dove si deve differenziare è nel concedere che mentre non esiste una forma o una dimensione perfetta, l’individuo sia incoraggiato a cercare di dare ed essere il meglio di sé, all’interno di una scala di valori che ha il dovere di far giocare alla salute fisica e mentale un ruolo primario.
Ignorare volutamente il link tra obesità e malattia ai fini di promuovere un’agenda politica o un numero più alto di followers non è soltanto irresponsabile e pericoloso per la società adulta, ma crea un trend devastante per le generazioni future.