Scegliere l’argomento del primo articolo da giornalista pubblicista confermato è una grande responsabilità.
Come per un musicista che, dopo anni in sala prove, sale per la prima volta su un palco, sai che il modo in cui esordisci segnerà la tua carriera per gli anni a venire. Come dicono gli anglosassoni “you’ll never have a second chance to make a good impression” – non avrai mai più una seconda occasione per fare una buona impressione.
E così fissi la tastiera lambiccandoti, e tenti di assumere un contegno alla Saviano, lisciandoti la pelata o accarezzandoti la barba mentre ammannisci la tua verità filosofica al popolo, con frasi brevi e ben scandite. Ma la posa da giornalista pensoso nel mio caso casca subito, dato il rapporto pilifero inverso rispetto al collega gomorroide del mio cranio e mento; e mi manca soprattutto la capacità di citare in maniera appropriata Michel Foucault.
Non mi resta quindi che buttarmi sulla cronaca dei nostri giorni, nella speranza di trovare spunti che siano di qualche interesse ed insegnamento.
Si comincia dalle due sgallettate che non hanno trovato niente di meglio da fare, per conseguire il famoso quarto d’ora di popolarità, che gettare una ciotola di zuppa sul bellissimo dipinto I Girasoli di Vincent van Gogh.
Delle ragioni del gesto m’importa poco, chi deturpa l’arte o il bello in genere, non ha mai la mia attenzione. E neanche mi appassiona particolarmente cercare di collegarle al movimento iconoclasta che per alcuni mesi dello scorso anno buttò giù monumenti vari in una furia tanto becera quanto incomprensibile. Lo chiamai Cretinevo, e rimane una buona descrizione della nostra epoca.
Quello che mi riesce invece incomprensibile è proprio la scelta di un’opera di van Gogh per manifestare la propria iconoclastia. Il povero Vincent non ebbe certamente una vita facile, funestata da povertà e malattia, e morì suicida prima che la sua opera grandiosa fosse riconosciuta. Volendo sfregiare la pittura di un artista borghese, ricco e inserito, ce ne sarebbero stati infiniti altri. Da qualunque lato lo si guardi, l’episodio è quindi solo indice di un’ignoranza profonda e senza fine, oscura come il pozzo di Poe, su cui oscilla il pendolo dell’inciviltà.
Sull’altro fronte rispetto alle lanciatrici di zuppa, c’è Francesco Maiello: il Carabiniere fuori servizio, in borghese, intento a farsi i fatti suoi, che ad Afragola ha affrontato a mani nude due rapinatori armati ed in fuga su una moto. Li insegue di corsa, afferra quello sul sellino posteriore, fa sbandare la moto che sbatte e si ferma, tira giù il rapinatore.
Secondo la logica vigliacca di questi leoni di cartapesta, quello alla guida si dà alla fuga, mentre l’altro spara due volte, mancandolo, verso Francesco. Quest’ultimo, leone vero, lo afferra di nuovo, lo atterra, lo cattura e lo avvia verso lo zoo delinquenziale cui appartiene di diritto.
Cosa puoi dire ad uno così, che guadagna meno di ventimila euro l’anno, ma che è pronto a mettere la propria vita in pericolo in nome della giustizia e della legge?
Solo ACAB, All Carabinieri Are Brave – tutti i Carabinieri sono valorosi.
E nel considerare le due facce dello specchio, le sgallettate zuppolancianti e il Carabiniere leone, ti rendi conto di vivere in un mondo strano e diverso, con estremi di bene e di male, che il tuo nuovo mestiere da giornalista ti permette di raccontare a piene mani, muovendoti come un bambino in un negozio di caramelle.
Senti l’orgoglio di appartenere ad una categoria di privilegiati e colti cantori del reale, che tutti i giorni fissano sulla carta e in digitale le impressioni che ricavano dalla società, cercando di raccontarne la grandezza e la miseria.
Compreso nella tua missione, riprendi in mano il tesserino nuovo di zecca, color rosso antico, ORDINE NAZIONALE DEI GIORNALISTI – ROMA impresso in oro, quel numero che sarà per sempre il tuo. Apri il tesserino, riguardi quasi incredulo la tua foto sotto il timbro ufficiale – ci hanno messo da maggio a ottobre per rilasciartelo, e sorridi di compiacimento.
Giri pagina, e da bravo secchione leggi l’AVVERTENZA che ingiunge in italiano a chiunque ritrovasse il tesserino di restituirlo all’Ordine di appartenenza. E, a rendere più severo e internazionale il tutto, segue lo stesso concetto in inglese: the older of this card is a journalist.
Ti strofini gli occhi, e rileggi, traducendo in italiano: il più vecchio di questo tesserino è un giornalista.
Come Alice in un nuovo Paese delle Meraviglie, scopri che l’Ordine è disordine, che tra holder e older l’h muta, cioè cambia, il senso delle cose, e ti fa sentire addolorato come Il Giovane Holder (o era Il Giovane Holden?).
Tra sgallettate, Carabinieri, vecchi possessori di tesserini giornalistici, inglese da the cat is on the table, ti scappa una risata repressa; e il rumore dell’aria che ti sfugge tra le labbra serrate fa più o meno Shish.
Se questo è l’inizio della mia carriera da giornalista ufficiale, come dice il mio amato Montalbano, principio sì giulivo ben conduce.