In questo clima di esasperante razzismo in cui sta scivolando il nostro paese, che ha portato di recente la nostra campionessa azzurra Paola Egonu a rinunciare al suo posto nella nazionale di palla a volo e in prossimità dalla macabra ricorrenza del rastrellamento del Ghetto di Roma, il Sabato nero dove sono stati trucidati più di mille nostri concittadini. Il segretario del PD Enrico Letta, ieri a Berlino nel corso del congresso del Partito Socialista Europeo ha dichiarato che le scelte fatte dai partiti di estrema destra e neofascisti che hanno ottenuto la maggioranza alle ultime elezioni riguardo alle cariche Istituzionali del Presidente della Camera dei Deputati e del Senato sia stata “la peggiore per dare all’esterno messaggi rassicuranti”. L’On. Giorgia Meloni ha definito questa dichiarazione “uno scandalo e […] un danno per l’Italia”. Nel frattempo gli audio carpiti a Silvio Berlusconi e le prime proposte di legge della nuova legislatura – ad esempio il testo proposto da Gasparri per il riconoscimento giuridico dell’embrione, scevra da ogni base logico-scientifica – ci portano sempre più verso il ruolo di guitti e macchiette sul panorama internazionale, infelice stereotipo da cui stiamo cercando faticosamente di liberarci da anni, dopo i lettoni di Putin, le nipoti di Mubarak e altre tristi cronache del basso impero che hanno appannato la nostra immagine internazionale.
Andiamo dunque a rivedere i profili delle neo-nominate II° e III° carica dello Stato, la cui scelta ha destato così tante preoccupazioni e perplessità. In questa prima parte, cercherò di ricapitolare la biografia del Presidente del Senato e, a breve, verrà pubblicato il prosieguo di questo articolo che riguarderà l’On. Fontana, Presidente della Camera dei Deputati.
Ignazio Benito Maria La Russa
Il Presidente del Senato, il Sen. Ignazio Benito Maria La Russa, viene da una genia di politici fascisti e poi di estrema destra quando non ci si poteva più apertamente definire tali. Il padre dell’attuale Presidente del Senato, Antonino “Nino” La Russa, era nato a Paternò in provincia di Catania. Colto dal fuoco della politica, il patriarca della famiglia si iscrisse giovanissimo ai Gruppi Universitari Fascisti (GUF) e nel 1938 fu nominato segretario politico del Partito Nazionale Fascista della sua città. Catturato dai britannici nel corso della seconda battaglia di El Alamein, rimase in Egitto come prigioniero di guerra “non cooperante” fino al 1946. Rientrato in Italia, aderì immediatamente al neonato Movimento Sociale Italiano. Eletto consigliere comunale di Paternò nel 1952, l’anno seguente si candidò senza successo con l’MSI per la Camera dei Deputati nella Circoscrizione Catania-Messina-Siracusa-Ragusa-Enna. Al termine della II legislatura, nel febbraio 1958, divenne deputato per subentro. La sua carriera all’interno del partito neofascista prosegue con la nomina a commissario provinciale di Catania nel 1958. Nel 1972 venne eletto senatore e rimase sugli scranni del Senato fino al 1992, quando il nostro Ignazio Benito Maria lo sostituisce sui banchi del parlamento in una sorta di passaggio dinastico. Gli altri figli di Antonino sono: Romano La Russa, ex europarlamentare di Alleanza Nazionale ed ex assessore alla protezione civile della Regione Lombardia, attualmente alla Sicurezza, finito recentemente agli onori della cronaca per essersi esibito pubblicamente in saluti romani partecipando al cosiddetto rito del “Presente!”; Vincenzo La Russa, è stato avvocato ed è stato parlamentare della Democrazia Cristiana, poi del CCD. Nel 2021 è passato a miglior vita; infine la figlia Emilia, che non ha ricoperto ruoli istituzionali, né militato attivamente in formazioni politiche.
Suo figlio, l’attuale Presidente del Senato Ignazio Benito Maria, prima di approdare in Parlamento, ha avuto una lunga militanza nella destra parlamentare ed extraparlamentare milanese dove era noto tra i suoi camerata come “La Rissa”. Immortalato nel 1972 da Bellocchio nel film “Sbatti il mostro in prima pagina” mentre arringa i convenuti ad un comizio nella città ambrosiana, l’anno dopo si rende protagonista del tragico “Giovedì nero di Milano”: una manifestazione violenta non autorizzata organizzata dai missini il 12 Aprile del 1973. I manifestanti, nonostante il divieto della Prefettura, alle 17:30 si radunarono ugualmente, capitanati dal vicesegretario del partito Franco Servello (famoso per aver patrocinato la nascita del primo gruppo “ultras” dell’Inter, i Boys S.A.N.), dall’onorevole Francesco Petronio e dal nostro attuale Presidente del Senato, all’epoca leader del Fronte della Gioventù di Milano. Circa un ora dopo il raduno, i manifestanti iniziano una marcia verso la prefettura per protestare contro il divieto. La parata fu caratterizzata da numerosi atti di violenza e di teppismo, per cui venne schierato il III reparto Celere. Vi furono diverse schermaglie tra forze dell’ordine e manifestanti. I neofascisti invasero la Casa dello Studente di Viale Romagna in cui praticarono gravi atti di vandalismo e danneggiarono l’istituto magistrale Virgilio di Piazza Ascoli, ritenuto un luogo legato alla sinistra milanese. Lungo via Bellotti, nei dintorni di via Kramer, dal corteo vennero lanciate due bombe a mano SRCM Mod. 35 contro le forze dell’ordine ferendo con la prima un passante e un poliziotto; la seconda invece colpi al petto l’agente Antonio Marino, di 22 anni, uccidendolo. Altri dodici celerini furono travolti dalle schegge, riportando ferite di varia entità. Fu ricostruita la lista delle armi presenti nella manifestazione e il tragitto che le ha portate nel centro di Milano: erano state portate sul posto numerose mazze ferrate, alcune molotov, pistole e ben tre bombe a mano, di cui solo due erano state usate. Tra gli arrestati durante gli scontri spiccavano i nomi di Mario Di Giovanni, terrorista di Ordine Nero condannato poi l’anno successivo per possesso di tre chilogrammi di esplosivo, e Cesare Ferri, quest’ultimo inizialmente imputato per la strage di piazza della Loggia. La Russa fu indicato come uno dei responsabili morali dei lanci di bombe.
Ignazio Benito Maria La Russa, dopo aver ricoperto incarichi locali, è parlamentare continuativamente dal 1992: prima alla Camera dei Deputati, dal 2018 invece siede al Senato della Repubblica. La sua carriera politica è iniziata nell’organizzazione giovanile del Movimento Sociale Italiano – Destra Nazionale “Fronte della Gioventù” ed è proseguita nel partito. In prima fila alla svolta di Fiuggi, in Alleanza Nazionale ha anche ricoperto il ruolo di presidente reggente dal 2008. Nel 2009, con lo scioglimento di Alleanza Nazionale, è confluito nel Popolo della Libertà con il ruolo di coordinatore nazionale, per poi fondare Fratelli d’Italia insieme a Giorgia Meloni e Guido Crosetto a dicembre 2012.
Prima di diventare presidente del Senato, dall’8 maggio 2008 al 16 novembre 2011 è stato Ministro della difesa nel governo Berlusconi IV. Inoltre è stato vicepresidente della Camera nella XII legislatura (dal 25 maggio 1994 al 9 maggio 1996) e vicepresidente del Senato nella XVIII (dal 28 marzo 2018 al 12 ottobre 2022).
Accanto al cursus honorum più tradizionale, il nostro Presidente del Senato è celebre per vari episodi di colore, compreso l’aver preso letteralmente a calci nel 2011 il giornalista Corrado Formigli, che avrebbe voluto rivolgergli alcune domande sui possibili scandali sessuali di Berlusconi. Il Ministro inizialmente si scusa, sostenendo di non essersi accorto del giornalista. Poi accusa il giornalista stesso di avergli lui rifilato dei calci alle spalle. Formigli viene allontanato dalla vigilanza.
Lo stesso anno mostra il suo rispetto per le istituzioni apostrofando il suo compagno di partito e presidente della camera Gianfranco Fini con un sonoro Vaffanculo nel corso del dibattito in Parlamento sul processo breve. Lo stesso anno è indagato dalla Corte dei conti per peculato in relazione all’utilizzo di voli di Stato per recarsi alla partita di pallone Inter -di cui è anche socio di minoranza – contro lo Schalke 04. La sua sensibilità verso i diritti civili viene fuori nel 2013, quando ha affermato: «Noi diciamo no all’adozione per coppie gay. Crescere con due papà è un’induzione ingiustificata a crescere gay.» e nel 2015, quando durante un convegno intitolato «Difendere la famiglia per difendere la comunità», patrocinato dalla Regione Lombardia, La Russa dal pubblico, ha dato del «Culattone» a un ventiduenne, omosessuale – parte di un gruppo di contestatori all’esterno del Palazzo della Regione – mentre questi, dopo essere riuscito ad accedere al palco, rivolgeva una domanda al pubblico in sala.
Nel 2017 invece mostra la sua lealtà alla Costituzione repubblicana prorompendo in un saluto romano dall’emiciclo parlamentare durante la discussione alla Camera per il disegno di legge proposto da Emanuele Fiano sull’apologia di fascismo. mentre il 15 settembre 2022, a una settimana dalle ultime elezioni, durante un dibattito televisivo afferma: “Siamo tutti eredi del Duce”.
Riguardo la pandemia, il sostegno del nostro Ignazio Benito Maria alla scienza ed alla salute pubblica è stato sostanziato dal suo suggerimento sui social network di rinunciare alla poco igienica stretta di mano per sostituirla con il saluto fascista; o anche da un suo intervento in Senato nel 2020 in cui propone di far diventare il 25 aprile il “giorno del ricordo delle vittime di tutte le guerre, comprese quelle del Coronavirus”. D’altronde queste notizie non sono una sorpresa: bisogna riconoscere al Sen. La Russa di non aver mai fatto mistero delle sue dubbie idee, tanto da aprire la sua casa ai giornalisti e mostrare orgoglioso la sua collezione di relitti del cupo ventennio e busti dello sciagurato dittatore che ha portato il nostro paese alla guerra e alla sconfitta.
E arriviamo a pochi giorni fa, quando è apparsa una scritta sulla serranda dell’ex sezione di AN nel quartiere di Garbatella della capitale, che ha sollevato uno sproporzionato sciame di commenti assurdi in cui addirittura venivano tirate in ballo le brigate rosse (sic!) per il fatto che fosse stata firmata con una stella, para para a quella del simbolo della nostra amata Repubblica. Viviamo tempi interessanti.
Sostenitore della famiglia tradizionale, Ignazio Benito Maria ha tre figli da due diverse donne: Antonino Geronimo Giovanni Maria – avvocato – da Marika Cattare, mentre dall’attuale moglie Laura De Cicco ha avuto Lorenzo Cochis e Leonardo Apache. Di questi ultimi, il primo ha seguito le orme politiche di famiglia, essendo stato eletto nel parlamentino del Municipio 1 di Milano ovviamente in FdI, il secondo – con il nome d’arte “Larus” – ha intrapreso la carriera di trapper, qui una delle sue opere.
Infine, dalla splendida e dannata città di Paternò – definita in un rapporto della Direzione nazionale antimafia e antiterrorismo del 2015 come parte del “Triangolo della morte” insieme alle vicine Adrano e Biancavilla per i numerosissimi omicidi lì consumati – viene un altro protagonista di questa saga familiare: Don Salvatore Ligresti, l’ingegnere noto alle cronache giudiziarie ed intimo amico di famiglia sin dagli anni ’50 del secolo scorso, quando insieme all’On. Nino iniziò la collaborazione con un altro paternese doc: il miliardario speculatore di Borsa Michelangelo Virgillito. Insomma, una storia sicilianissima alla «Se vogliamo che tutto rimanga come è, bisogna che tutto cambi» in salsa di gremolada alla milanese che attraversa la storia del nostro paese dagli orrori dell’ingnobile ventennio ad oggi.
E con questo saluto i lettori di Giano.news, invito tutti a commentare numerosi questo mio esordio in questa nuova eccitante testata e vi do appuntamento alla seconda parte di questi miei ritratti delle più alte cariche dello Stato della XIX Legislatura… sempre su giano.news!