Il mondo non è più decifrabile da tempo e ciò che sembra non è. Il Regno Unito è alle prese con la defenestrazione di una premier il cui nome in inglese rima con “fiducia”. In Italia, un due volte premier decide, con una mossa dolcissima, di consacrare la neopremier a portavoce dei moderati di destra programmando nei minimi dettagli un’apparente incontinenza verbale filoputiniana.
Il nuovo governo è nato, atlantista sulla carta e non ostacola la Nato. La premier non più in pectore ha comunicato la lista dei ministri e in totale sintonia con gli alleati maschi del centrodestra ha scelto come promesso “i migliori, non necessariamente politici”
Abbiamo un ministro del turismo e speriamo che non sia l’ultima spiaggia. Lo spera anche lei che ne ha una da gestire, fortunatamente è ministra con portafoglio.
Il ministro per l’Istruzione e il Merito ci dovrà convincere che fino a prova contraria il merito lo decide il professore e non il genitore pronto a fare causa o a picchiare l’insegnante che si è permesso di decidere il voto.
La scelta del ministro per la sovranità alimentare è già stata contestata, c’è chi dice che quello con più esperienza sul campo era quello delle felpe. Speriamo che la lotta per la difesa del parmigiano dai vari “parmesan-style italian-like cheese”, seppur sacrosanta per il bene degli italiani, non tolga troppa enfasi alle Politiche Agricole, di più ampio respiro ma non più incluse nella dicitura del ministero.
Parte bene il Ministero delle Imprese e del Made in Italy, nome incoraggiante nel senso che lo slogan “prima gli italiani” non implica automaticamente la scelta della lingua italiana per dare il nome a un ministero. Ahead at all beer! Italian beer, what else.
Poi c’è la ministra della Famiglia, della Natalità e delle Pari Opportunità. Il titolo promette bene se le pari opportunità si applicheranno anche alla natalità, che l’italiano di pelle non chiara o occhi non proprio tondi possa usufruire degli stessi incentivi e che il concetto di Famiglia tenga conto del mondo in cui viviamo. Attenzione agli artigiani della natalità. Chi vivrà, Cirinnà.
Il Ministero per le Disabilità ha perso l’occasione per cambiare nome, avrei aggiunto “le diversità e l’inclusione” perché i tre concetti sono interconnessi ma diversità e inclusione sono di difficile gestione da parte di chi è già inciampato/a sui diversi ed è lontana anni Lvce dalle politiche di “Diversity and Inclusion” pienamente consolidate nel mondo aziendale. Confidiamo nella scelta di una persona specializzata nella cura delle persone affette da disabilità intellettiva ma che purtroppo si è schierata per una pulizia delle strade dai clochard senza definirne un ricollocamento e l’opposizione ai centri di accoglienza. Prevarrà l’umanità che l’ha contraddistinta nelle sue missioni in Africa? Forza e coraggio!… Ricorda di osare sempre è un po’ fuori luogo…