Qualche giorno fa l’Aeronautica Militare ha rilasciato un bellissimo cortometraggio sull’F-104 intitolato: “F-104 Starfighter. Il missile con un uomo dentro”. Fatto molto bene, è ricco di immagini e filmati alcuni inediti, e fa parte della collana:” A spasso nel Tempo”.
Rivedendolo non ho potuto trattenere un moto di forte emozione. Penso, senza tema di essere smentito, che chi ha pilotato l’F-104 sa che questo è un velivolo “speciale” che ti entra nella pelle, e non ti abbandona più. Si possono pilotare altri velivoli, anche ben più moderni, si può passare all’aviazione commerciale ed apprezzare la bellezza del volo con “macchine” stupende come l’MD80 o il B767. Ma nulla, proprio nulla si avvicina al volo del “missile con un uomo dentro”.
Dunque, vedendo il filmato tanti ricordi sono tornati a galla, e tra questi vi è anche quello relativo al combattimento aereo con il Mig-29. Se avete un attimo di pazienza vi racconto come è andata.
Ho svolto la mia attività di volo sul 104, a Rimini presso il 23mo Gruppo Caccia intercettori ognitempo del Quinto Stormo, dal 1983 fino al 1994/95, anni questi ultimi in cui ricoprivo l’incarico di Comandante di Gruppo.
Stormo straordinario e prestigioso che dividevamo con il 102mo Gruppo caccia Bombardieri, composto anch’esso da persone davvero speciali anche per il delicato ruolo che ricoprivano. Tanta esperienza e operatività concentrata in una cornice, la Romagna, che con la sua gente laboriosa ma di gran cuore e di una non comune capacità imprenditoriale, ci accoglieva benevolmente. Per i giovani piloti dello Stormo l’estate riminese aveva un sapore particolare: erano gli anni del primo Top Gun ed il mestiere del pilota da caccia era moto apprezzato da un vasto pubblico femminile, non solo locale, ma anche quello che proveniva, per vacanza, dalle lontane regioni scandinave. Erano i tempi delle discoteche e Rimini era la capitale indiscussa della vita notturna.
Ma le distrazioni esterne dovevano essere oculatamente bilanciate. Il 104 non consentiva errori. Potrebbe sembrare una frase fatta, ma riferita allo “spillone”, non lo è affatto. Effettuare una salita “gate” come la si chiamava in gergo, cioè con il postbruciatore inserito, e dunque alla massima potenza, comportava un’ascesa quasi verticale fino a raggiungere e superare i 10.000 metri in un paio di minuti. Non era infrequente per il pilota andare in “vertigine” cioè avere una sensazione fisica non corrispondente al reale asseto del velivolo; nel caso di questo tipo di salita, specie se effettuata senza riferimenti esterni come, ad esempio, di notte e magari dentro le nubi, bisognava concentrarsi sugli strumenti di volo e non affidarsi alle proprie sensazioni che altrimenti avrebbero potuto portare il velivolo in assetti non controllati e con possibili risultati fatali.
Fondamentale, dunque, il travaso di esperienza tra i piloti più anziani e quelli più giovani; devo dire che il sistema di addestramento, dal volo basico per i piloti appena arrivati al Gruppo, a quello più avanzato, come quello al combattimento con velivoli dissimili, funzionava molto bene e si cercava in ogni modo di trarre dalle diverse esperienze il massimo del ritorno operativo ed addestrativo. Ricordo che nel mio ultimo anno di attività al 23mo Gruppo riuscimmo a svolgere tutta una serie di attività addestrative “avanzate” davvero straordinarie; ospitammo il Gruppo di volo della Marina che da poco volava con l’Harrier e con il quale facemmo interessanti missioni congiunte contro i Mirage francesi, rischierati anch’essi presso di noi. Svolgemmo anche attività aria suolo, presso il poligono di Capo Frasca in Sardegna potendo contare sulla straordinaria esperienza dei nostri armieri. In questo contesto di continua ricerca di occasioni che potessero accrescere il nostro bagaglio operativo e addestrativo, si inserisce “il duello aereo con i Mig 29”.
Il Mig 29 è un velivolo di fabbricazione Sovietica e poi Russa più recente dell’F-104: è molto manovrabile, di quarta generazione e ancora oggi è in dotazione alle forze aere di molti Paesi, tra cui Russia e Ucraina.
Dopo il dissolvimento dell’Unione Sovietica nel 1991 ed a seguito della riunificazione delle due Germanie, un Gruppo di volo di Mig 29 della Germania dell’est entrò a far parte della Nato ed i suoi piloti erano corteggiatissimi da tutti gli altri Gruppi di volo che cercavano finalmente di misurarsi sul serio con quello che fino a poco prima era l’aereo di punta del patto di Varsavia.
È molto probabile che noi del 23mo fossimo stati gli unici e dunque ultimi F104 Italiani a misurarci con i Mig 29 Tedeschi, che furono tenuti in vita dalla Luftwaffe fino ai primi anni del 2000, proprio per studiarne le caratteristiche di impiego.
Eravamo rischierati a Decimomannu per un periodo di addestramento al combattimento avanzato e nello stesso periodo sulla stessa base si trovavano i Mig 29 del Gruppo tedesco. Il loro ruolino di marcia li vedeva impegnati ogni giorno con diversi Gruppi: Americani e Tedeschi avevano saturato gli slot disponibili. La fortuna però ci venne incontro e venimmo a sapere che il giorno dopo si era aperta una possibilità a causa di un problema tecnico ad alcuni velivoli che avrebbero dovuto “combattere” nel pomeriggio con i Mig. Devo dire che il 23mo Gruppo ha sempre avuto tra le sue fila piloti in gamba, ma quell’anno in particolare avevo a disposizione ragazzi straordinari non solo come bravura tecnica, ma anche come intraprendenza e completa dedizione alla causa della costante ricerca del miglioramento operativo. In men che non si dica riuscimmo ad inserirci per il giorno dopo al posto degli americani.
Ottimo. Ma ora bisognava elaborare una strategia per il nostro primo incontro ravvicinato con il nemico. E la cosa non si presentava affatto facile. Del velivolo sapevamo molte cose; certamente che era molto più manovriero di noi e quindi cominciammo ad escludere di finire in un combattimento manovrato perché avremmo sicuramente avuto la peggio. Sapevamo che disponevano di un buon armamento aria aria, oltre che ad un buon cannone. Sapevamo anche che il loro Radar aveva un raggio di acquisizione simile al nostro. Ma certo ci avrebbe potuto far comodo avere altri dettagli.
Il Circolo è sempre stato un punto di incontro fondamentale per i piloti; non solo per la socializzazione ma anche per la sua indispensabile funzione di scambio di preziose informazioni: se volete una sorta di prosecuzione della funzione di “Sicurezza Volo” che normalmente si svolgeva al Gruppo. Con un boccale di birra in mano è molto più semplice parlare delle esperienze vissute e travasarle ai più giovani. Oppure il contrario. L’arricchimento è sempre in tutte e due le direzioni, inclusa quella orizzontale.
Dunque, non restava che socializzare con i nostri amici della ex Germania dell’est e cercare di farci raccontare qualche dettaglio in più sul loro radar di bordo. E fu così che tra una birra sarda ed una tedesca riuscimmo a capire che il loro radar aveva un limite, che il giorno dopo avremmo potuto sfruttare: la traccia del velivolo avversario appariva sul loro radar come una serie di puntini. Più grande era il velivolo più puntini aveva la traccia sintetica che compariva sui loro schermi. In sostanza se avessimo mantenuto una formazione molto stretta, sul loro radar sarebbe comparsa una traccia composta da un numero di puntini come se si fosse trattato di un velivolo di grosse dimensioni. Ma non sarebbero stati in grado di determinare di quanti velivoli si componeva quella traccia. L’altra informazione importante che riuscimmo ad avere fu che una volta designato il target o come si dice in gergo, avessero fatto il lock-on sul bersaglio, per poter lanciare il missile, il radar cessava di fornire informazioni sugli altri bersagli circostanti, rendendolo in sostanza cieco. Era tutto quello che ci serviva sapere.
La mattina dopo elaborammo la nostra tattica che sfruttava anche la nostra conoscenza del poligono di Decimomannu: avevamo un vantaggio, giocavamo in casa.
Il poligono consentiva davvero di simulare un combattimento reale: appositi sensori registravano i dati di volo di ciascun velivolo e in caso di lancio di un missile, avendo il computer di terra in memoria tutti i dati relativi all’armamento impiegato, poteva stabilire se il lancio aveva avuto successo, causando l’abbattimento del velivolo, oppure no. Nel caso affermativo il malcapitato veniva invitato ad abbandonare il poligono perché appunto, colpito. Insomma, tutto molto realistico.
Quindi cosa elaborammo per affrontare i nostri amici tedeschi?
Primo: rimanere in campo supersonico. Quello era il terreno favorevole all’F-104
Secondo: manovrare il meno possibile: far manovrare il nostro AIM9L, superbo missile infrarosso che una volta agganciata la fonte di calore del nostro “nemico” non l’avrebbe mollata più.
Terzo: per ingannare il loro radar, volare una formazione strettissima (così da risultare sul loro schermo come un solo velivolo).
Quarto: non appena agganciati dal loro radar con il lock on, ci saremmo separati per un attacco a tenaglia da sinistra dall’alto e da destra dal basso.
Così facemmo e due dei Mig-29 furono gentilmente chiamati, dal controllore di terra del poligono, ad abbandonare il medesimo, in quanto colpiti. Missione compiuta.
Oggi i Mig- 29 volano ancora sui cieli russi e ucraini. Non stanno compiendo missioni addestrative. Fanno sul serio. E questo non è un bene. Per nessuno. Forse sarebbe anche ora di bloccare la spirale prima che anche altri tipi di velivoli si aggiungano alla battaglia.