Trent’anni fa, quando avevo la fortuna di lavorare con un genio del calibro di Ferrante Pierantoni e ancora credevo che questo Paese potesse farcela, mi capitò di discutere con “l’ingegnere” di un documento rinvenuto in Internet quando quel “pianeta” non era l’odierna cloaca social o il palcoscenico in cui uno crede di valere uno.
Con la buonanima di Ferrante abbiamo pescato in Rete un file in formato “txt”, ossia un testo non formattato simile ad alcune pagine di ciclostile, piovuto da chissà dove in epoca in cui non c’era il “fact checking” ma la consapevolezza di capire la semplice attendibità di quel che si era deciso di leggere e magari stampare.
Era la traduzione in lingua inglese di una ricerca strategica riservatissima, sottratta a qualche non meglio definita entità politica o militare cinese. Nella premessa si parlava di bombe etichettate con la lettera iniziale dell’elemento che rendeva letale l’ordigno: c’era la H dell’idrogeno, la N dei neutroni…
La chiusura del breve preambolo spiegava che nei fogli seguenti si parlava della “P”, la “People Bomb”.
Ne facemmo due copie, così da poter seguire e commentare insieme nella maniera più agevole. Al termine di ogni frase – nemmeno ci si fosse messi d’accordo – i nostri occhi si staccavano dallo scritto e si incrociavano senza aver bisogno di dire nulla.
Il succo del discorso era una progressiva occupazione non armata. Era semplicemente un “zitti zitti veniamo lì”.
Non si parlava di massicce ardimentose manovre migratorie, e non solo perché la Cina non si era ancora “comprata” l’Africa. Non si parlava di muovere popolazioni disperate perché la guerra intelligente non è fatta di morti e di distruzione, di fame e disperazione. La fanteria dei migranti può intralciare il ciclo biologico degli indigeni (che, attenzione, siamo etimologicamente noi), scatenare la bolgia dei conflitti sociali, alimentare l’insofferenza, demolire un Paese, ma non fa guadagnare.
Lì si parlava di silente infiltrazione e se ne percepivano le sfumature commerciali, economiche, finanziarie. Poco alla volta la Penisola è stata “invasa” dai cinesi, che dai capannoni di periferia e dagli scantinati sono arrivati ai palazzi di potere. Le loro comunità non si sono mai integrate, i loro minimarket hanno preso il posto dei nostri vecchi negozi di quartiere, i loro prodotti non sempre compatibili con la normativa e poco durevoli hanno scalzato quelli garantiti… Le loro soluzioni tecnologiche hanno pervaso il sistema nervoso nazionale con la possibilità di ascoltare e auscultare, di controllare il traffico telematico, di avere il dominio delle infrastrutture di comunicazione e – se del caso – la possibilità di spegnere tutto con le conseguenze che è facile immaginare.
Assolti con formula piena per “averci fatto risparmiare”, nessuno si preoccupa di loro e tutti si accaniscono contro chi negli occhi ha solo l’avvilimento e la prostrazione di dover invocare la nostra pietà.
Qualcuno ha pensato agli “sbarchi selettivi” e magari un domani – immaginando la Green Card – promuoverà persino la “lotteria del visto”, il “gratta e vinci il permesso di soggiorno”, la “slot machine” dove incassi se ti appaiono tre marche da bollo… Certe cose, si sa (e io ne so qualcosa), a casa nostra sono sempre di moda…
Nel frattempo nostra coscienza si sente blindata dal soppesato uso dello “sconfortometro” che consentirà di stilare la graduatoria di chi ha diritto a trovare accoglienza.
Sul tema cedo il passo alle parole di Nello Scavo che, su Avvenire, ha saputo toccare il cuore di chi ancora ne ha uno. Vale davvero la pena di leggerle. E magari di provare a riflettere sulla disumana deriva cui stiamo assistendo.