I politici di Tokyo si stanno organizzando per recuperare energia e pensano di farlo intervenendo sui climatizzatori con cui a casa la gente cerca di combattere il freddo invernale e il caldo umido estivo.
Il quotidiano Nihon Keizai Shimbun riporta l’esito di una riunione del 2 novembre scorso al termine della quale la sottocommissione per la conservazione dell’energia del Ministero dell’economia, del commercio e dell’industria ha deciso di avviare un gruppo di lavoro con l’obiettivo di acquisire la capacità di spegnere a distanza i condizionatori d’aria, le unità di riscaldamento e gli scaldabagni di proprietà privata.
Il traguardo sarebbe quello di ridurre i consumi di energia durante la prevista carenza. Secondo il Ministero, infatti, l’utilizzo dei condizionatori d’aria rappresenta circa il 30% del consumo di elettricità delle famiglie in Giappone.
Il Giappone tenta di passare a fonti rinnovabili come l’energia solare, dove la quantità generata può essere influenzata dal clima quotidiano, rendendo difficile stabilizzare la quantità di potenza totale disponibile.
Il piano in argomento – da un punto di vista tecnico – non sarebbe particolarmente difficile da attuare. Cerchiamo di capire perché.
I condizionatori d’aria giapponesi hanno da tempo i telecomandi, quindi gli ingressi esterni non sono un problema e molti modelli ora consentono al proprietario di accendere e spegnere il sistema o regolare le impostazioni della temperatura tramite Internet.
Chiedendo ai produttori di estendere tale accesso alle organizzazioni di regolamentazione del governo e concedendo a tali enti di ignorare le funzioni governate da altri dispositivi di input, il piano potrebbe essere facilmente messo in pratica.
Le reazioni dei giapponesi non hanno tardato a sollevare un polverone sui social e ad innescare vere e proprie invettive digitali.
A gioire i cittadini che – magari per ragioni economiche – hanno appena comprato modelli “entry level”, privi di tanti fronzoli tecnologici e soprattutto sprovvisti di connessione alla Rete…