Nella prima serata del 15 novembre, una salva di missili russi hanno colpito numerosi obiettivi sul territorio ucraino. Secondo quanto appare dalle prime notizie in merito, due di questi missili, o una porzione di essi, avrebbero colpito il territorio polacco causando la morte di due persone nel villaggio di Przewodòw.
L’episodio, se verificato, aprirebbe scenari di particolare gravità nell’ambito del conflitto in corso tra Russia ed Ucraina. L’aver colpito un paese NATO come la Polonia si tradurrebbe, seppur a valle di una serie di passi formali, nel coinvolgimento dell’intera alleanza atlantica in quello che fino a questo momento è stato formalmente un conflitto regionale.
Secondo la carta fondativa dell’alleanza nordatlantica, infatti, i paesi contraenti si impegnano ad intervenire collettivamente e militarmente contro qualunque aggressore che colpisse il territorio di uno qualsiasi dei membri.
L’articolo 5 infatti prevede a favore delle parti contraenti che “un attacco armato contro una o più di esse in Europa o nell’America del Nord sarà considerato come un attacco contro tutte loro e di conseguenza (…) qualora si verifichi tale attacco armato, ciascuna di esse (…) assisterà la Parte o le Parti così attaccate adottando immediatamente, individualmente e di concerto con le altre Parti, le misure che riterrà necessarie, compreso l’uso della forza armata, per ripristinare e mantenere la sicurezza della zona dell’Atlantico settentrionale“.
In termini pratici, ciò significa che le forze armate di paesi NATO sono in queste ore in preallerta, in attesa di capire cosa sa effettivamente successo e soprattutto quali misure i vari paesi intendano adottare in merito.
L’addetto stampa del Pentagono, generale Pat Ryder, ha affermato in una conferenza stampa che gli Stati Uniti hanno avviato un’indagine sull’accaduto, e che le decisioni del caso saranno prese a valle della stessa. In ogni caso, l’alto ufficiale ha confermato che gli Stati Uniti sono “pronti a difendere ogni centimetro del territorio dell’alleanza“, coerentemente con lo spirito e la lettera del trattato. Polonia, Lituania ed Ungheria hanno immediatamente convocato i consigli interni di sicurezza, per deliberare il da farsi.
L’attacco russo su vasta scala ed il presunto incidente di frontiera avvengono proprio nelle ore in cui si svolge il G-20 in Indonesia, ed in cui il presidente ucraino Zelens’kyj ha dettato dalla appena riconquistata città di Kherson le condizioni per sedersi al tavolo negoziale con la controparte – peraltro immediatamente respinte al mittente dai russi.
Al di là di quelle che possono essere le dinamiche e le conseguenze manifeste, l’episodio costituisce un importante fattore di influenza strategica nel conflitto russo-ucraino. Anche se l’attacco dovesse risultare frutto di una casualità o di un errore, la pressione internazionale sulla Russia salirebbe esponenzialmente.
I paesi NATO manifesteranno certamente la propria preoccupazione nei confronti di una possibile escalation. I conflitti del passato hanno spesso avuto come fattore scatenante o pretesto un incidente di frontiera, in conseguenza del quale le parti coinvolte sono precipitate in un confronto su vasta scala.
Dal proprio punto di vista, una Russia messa in condizione di doversi ritirare dalla testa di ponte stabilita a sud oltre in fiume Dniepr, abbandonando così la città di Kherson, sente diminuire i gradi di libertà nei confronti non solo di una conclusione vittoriosa del conflitto, ma anche di una dignitosa ritirata. Il lancio indiscriminato della salva di missili è il gesto di una leadership politico-militare messa alle strette, che potrebbe essere disposta – in nome di un malinteso onore nazionale – a rischiare una guerra su vasta scala pur di non abbandonare la propria fallimentare linea politico-militare.