Leggo il documento approvato dalla 7a commissione permanente (Istruzione pubblica, beni culturali) del Senato della Repubblica, XVIII legislatura, a conclusione dell’indagine conoscitiva proposta dalla Commissione stessa nella seduta del 9 aprile 2019, svolta nelle sedute del 9 maggio 2019, 11 giugno 2019, 2 e 24 ottobre 2019, 27 novembre 2019, 14 gennaio 2020, 22 settembre 2020, 21 ottobre 2020, 2 dicembre 2020, 7 aprile 2021 e conclusasi il 9 giugno 2021, sull’impatto del digitale sugli studenti, con particolare riferimento ai processi di apprendimento (Articolo 48, comma 6, del Regolamento).
11 sedute nel corso di 26 mesi.
Visto che continuo a leggere e a studiare, ritengo di potermi ancora qualificare come “studente”. Quindi il tutto è di interesse e vado a leggere.
Con grande raccapriccio ho scoperto, non me ne sono accorto, di essere diventato miope, diabetico, obeso, iperteso, nonché affetto da disturbi muscolo-scheletrici. Non solo. Non mi sono mai reso conto di avere danni psicologici quali dipendenza, alienazione, depressione, irascibilità, aggressività, insonnia, insoddisfazione, diminuzione dell’empatia. Per non parlare della perdita di facoltà mentali essenziali quali la capacità di concentrazione, la memoria, lo spirito critico, l’adattabilità, la capacità dialettica. Non sapevo di presentare gli effetti dell’abuso di cocaina (mai nemmeno toccata in vita mia) perché uso smartphone da quando erano ancora prototipi, perché sono in rete da quando il Web nemmeno esisteva, perché ho giocato a troppi video-giochi dal tempo del primo Asteroids.
Eppure è quanto sostiene, dal proprio punto di vista “scientifico” (le virgolette non sono mie…), una non ben definita “maggior parte dei neurologi, degli psichiatri, degli psicologi, dei pedagogisti, dei grafologi, degli esponenti delle Forze dell’ordine auditi” dalla suddetta commissione.
Di scientifico nel documento approvato c’è poco o nulla. Solo affermazioni di tipo qualitativo: “La maggior parte…”; “Tutti…”; “Troppo dipendente”.
Scopro anche che Corea del Sud, Giappone e Repubblica popolare di Cina sono i modelli di riferimento di noi italiani e “anticipatori degli effetti che il crescente uso di smartphone e videogiochi produrrà fatalmente sui nostri figli, sui nostri nipoti, sui nostri amici, su di noi e di conseguenza sulla società in cui viviamo”.
Il documento sembra scritto, non me ne voglia il relatore Cangini, da uno di quei studenti il cui cervello, che agisce come un muscolo, come affermato, si è atrofizzato, “ha neuroplasticità ridotta causa uso eccessivo di dispositivi digitali (social e videogiochi)”.
Detto fra noi, mai saputo che un social sia un dispositivo digitale… .
Vengono fatte affermazioni che una semplice verifica, sul famigerato e pericolosissimo Web, smentirebbe appieno. Vedi quando si parla del fenomeno degli Hikikomori in Giappone, che tutto sono fuorché Zombi, come affermato. Fossi l’Ambasciatore del Giappone in Italia presenterei una formale richiesta di scuse.
Un hikikomori, lett. “stare in disparte” o “staccarsi”, dalle parole hiku, “tirare” e komoru, “ritirarsi” o “chiudersi” è una persona che ha scelto di scappare fisicamente dalla vita sociale, spesso ricorrendo a livelli estremi di isolamento e confinamento. Scelta che può essere indotta da fattori personali e sociali di varia natura, tra cui la grande pressione verso autorealizzazione e successo personale cui l’individuo è sottoposto fin dall’adolescenza nella società giapponese.
Il fenomeno, già presente in Giappone dalla seconda metà degli anni 1980, ha incominciato a diffondersi negli anni duemila anche negli Stati Uniti e in Europa. Il digitale c’entra poco. Non sono zombie, sono persone che hanno necessità di interventi terapeutici.
Le sciocchezze continuano, incessanti, paragrafo dopo paragrafo. “Lo smartphone”, si legge, “ormai, non è più uno strumento, ma è diventato un’appendice del corpo. Soprattutto nei più giovani. Un’appendice da cui, oltre ad un’infinita gamma di funzioni, in larga parte dipendono la loro autostima e la loro identità. È per questo che risulta così difficile convincerli a farne a meno, a mettere da parte il telefonino almeno per un po’: per loro, privarsene è doloroso e assurdo quanto subire l’amputazione di un arto.”
Affermazioni del tutto gratuite. Di quanti casi si parla, su un campione di quanti soggetti, con che grado di eventuale dipendenza?
“Un’infinita gamma di funzioni…”? Infinita?
Opportuno ricordare la grande e saggia affermazione dell’indimenticabile principe De Curtis: “Ma mi facci il piacere!!!”.
Affermare che la crescita di depressioni e suicidi fra giovanissimi ha “raggiunto percentuali mai viste prima” (quali esse siano non è dato di sapere), non può nemmeno essere considerata pseudoscienza. Trattasi di boiata del tutto reale. Basta verificare quanto affermato dall’Istituto Superiore di Sanità: “In Italia si registrano ogni anno circa 4000 morti per suicidio. Poiché il suicidio è un evento estremamente raro nell’infanzia, i tassi vengono calcolati prendendo come riferimento la popolazione di 15 anni e più. Secondo i dati ISTAT nel 2016 (ultimo anno per il quale i dati sono attualmente disponibili) nel nostro Paese si sono tolte la vita 3780 persone. Il 78,8% dei morti per suicidio sono uomini. Il tasso (grezzo) di mortalità per suicidio per gli uomini è stato pari a 11,8 per 100.000 abitanti mentre per le donne è 3,0 per 100.000.” (Fonte: https://www.epicentro.iss.it/mentale/giornata-suicidi-2020-fenomeno-suicidario-italia).
C’è da chiedersi se i membri della Commissione, gli auditi e chi altro ha preso parte a quella che viene chiamata indagine conoscitiva, dove di conoscenza ce n’è ben poca, hanno esperienza dell’universo digitale. Altrimenti come si fa a dire che gli utenti “a disconnettersi percepiscono la sgradevole sensazione di essere «tagliati fuori», esclusi, emarginati” e dire che “essere connessi è irresistibilmente piacevole, dal momento che l’uso del digitale che ne fanno i più giovani, prevalentemente social e videogiochi, favorisce il rilascio di dopamina, il neurotrasmettitore della sensazione di piacere”.
Secondo i saggi esperti della 7a commissione permanente lo smartphone istiga reati quali adescamento, sexting, bullismo, revenge porn perché “nelle nuove piazze virtuali non trovano spazio le regole in vigore nelle vecchie piazze reali: vige l’anonimato, i controlli sono scarsi, i minori vi si avventurano senza alcuna sorveglianza da parte dei genitori”. Complimenti alla superficialità e al pressapochismo.
Dove poi lo sciocchezzario raggiunge punte di assoluta eccellenza è quando si parla dell’uso delle tecnologie digitale nell’insegnamento: … “tutte le ricerche scientifiche internazionali citate dimostrano, numeri alla mano, il contrario. Detta in sintesi: più la scuola e lo studio si digitalizzano, più calano sia le competenze degli studenti sia i loro redditi futuri”.
Quali siano tutte le ricerche scientifiche citate non si sa. Chi ha affermato, valutato, verificato, misurato che “più la scuola e lo studio si digitalizzano, più calano sia le competenze degli studenti sia i loro redditi futuri” rimane un mistero della fede.
Le conclusioni le riporto così come sono, per non farvi perdere tempo a cercare il testo originale.
“Rassegnarsi a quanto sta accadendo sarebbe colpevole. Fingere di non conoscere i danni che l’abuso di tecnologia digitale sta producendo sugli studenti e in generale sui più giovani sarebbe ipocrita. Come genitori, e ancor più come legislatori, avvertiamo il dovere di segnalare il problema, sollecitando Parlamento e Governo ad individuare i possibili correttivi.
Avanziamo alcune ipotesi:
– scoraggiare l’uso di smartphone e videogiochi per minori di quattordici anni;
– rendere cogente il divieto di iscrizione ai social per i minori di tredici anni;
– prevedere l’obbligo dell’installazione di applicazioni per il controllo parentale e l’inibizione all’accesso a siti per adulti sui cellulari dei minori;
– favorire la riconoscibilità di chi frequenta il web;
– vietare l’accesso degli smartphone nelle classi;
– educare gli studenti ai rischi connessi all’abuso di dispositivi digitali e alla navigazione sul web;
– interpretare con equilibrio e spirito critico la tendenza epocale a sopravvalutare i benefici del digitale applicato all’insegnamento;
– incoraggiare, nelle scuole, la lettura su carta, la scrittura a mano e l’esercizio della memoria.
Non si tratta di dichiarare guerra alla modernità, ma semplicemente di governare e regolamentare quel mondo virtuale nel quale, secondo le ultime stime, i più giovani trascorrono dalle quattro alle sei ore al giorno. Si tratta di evitare che si realizzi fino in fondo quella « dittatura perfetta » vaticinata da Aldous Huxley quando la televisione doveva ancora entrare in tutte le case e lo smartphone aveva la concretezza di un’astrazione fantascientifica: « Una prigione senza muri in cui i prigionieri non sognano di evadere. Un sistema di schiavitù nel quale, grazie al consumismo e al divertimento, gli schiavi amano la loro schiavitù ».
Ultima osservazione. Sono andato a controllare. Aldous Huxley quella roba lì in “Brave New World” non l’ha mai scritta e comunque la citazione, a lui erroneamente attribuita, recita:
“The perfect dictatorship would have the appearance of democracy, a prison without walls in which the prisoners would not dream of escape. A system of slavery where, through consumption and entertainment, slaves would love their servitude.”
Si parla di come “la dittatura perfetta avrebbe l’aspetto di una democrazia, una prigione senza pareti da cui i prigionieri non si sognerebbero di evadere. Un sistema di schiavitù dove, grazie ai consumi e all’intrattenimento, gli schiavi amerebbero la loro servitù.”
Di certo non si fa riferimento agli smartphone…
Se tanto mi da tanto, visto che hanno sbagliato anche la citazione finale, si può ragionevolmente affermare che l’intero lavoro della Commissione altro non è che una grande sciocchezza.
Si consiglia ai membri di mettersi a studiare, magari avvalendosi anche dei supporti digitali.