L’editoriale odierno di Umberto Rapetto precede solamente di poche ore l’articolo che avevo già intenzione di scrivere per commentare l’ennesimo atto di inciviltà e criminalità che funesta le nostre domeniche calcistiche.
Un articolo tanto più doveroso, in quanto uno dei due gruppi di delinquenti che si sono scontrati sulla A1 in nome di due squadre di calcio di serie A, si riconduce alla mia città ed alla squadra per la quale tifo da sempre. Un tifo viscerale, identitario, familiare, tale da prevedere scherzosamente – ma non tanto scherzosamente – la rimozione dall’albero genealogico di chiunque provasse a tifare per un’altra squadra.
Premessa doverosa, questa, perché i delinquenti che sciarpe al collo o, meglio, sul viso, si affrontano a mano armata, giustificano gli atti vandalici, il ferimento e a volte l’uccisione di presunti avversari, con la passione calcistica. Nulla di più falso può essere affermato da parte di chiunque. La passione per una determinata cosa, anche intensa come quella calcistica che percorre la mia famiglia, non giustifica, e non può mai giustificare atti criminali o violenti.
Liberato il campo da qualunque presunta connessione tra il calcio giocato, fatto di passione, divertimento, appartenenza, ma che in ogni caso rimane un gioco; e questi episodi di delinquenza comune, vanno esplorate a fondo e senza ipocrisie le ragioni ed i possibili rimedi a questo fenomeno deteriore.
Innanzitutto, è necessario dire chiaro e forte che non è accettata o accettabile qualunque connessione di qualsiasi tipo tra le società calcistiche e questi delinquenti. La cronaca degli ultimi anni e purtroppo piena di evidenze che, da nord a sud passando per la capitale, connettono gruppi criminali alla gestione delle curve.
Abbiamo avuto evidenze di infiltrazioni della ‘ndrangheta nella tifoseria di una squadra; abbiamo visto recentemente curve sgombrate a forza da parte di criminali; conosciamo storiche infiltrazioni di tipo politico estremista, che ripetutamente si rendono protagoniste di episodi di violenza e di intolleranza; ed ora, da ultimo, assistiamo al blocco dell’arteria principale del paese da parte di gruppi contrapposti che si fanno la guerra mettendo rischio l’incolumità dei cittadini e calpestando il diritto di ciascuno di noi di passare una serena domenica in viaggio.
Al di là di quelle che possono essere le implicazioni di tipo penale per quanti siano coinvolti in episodi di questo genere, esistono rimedi molto semplici ed efficaci per liberare il mondo del calcio, e dello sport in genere, da questo tipo di fenomeno.
Le moderne tecnologie consentono, anche nell’ipotesi in cui nomi e volti di questi criminali non fossero già noti alle forze dell’ordine ed alle questure, di identificare rapidamente ed in maniera univoca chi si renda protagonista di comportamenti che con lo sport non hanno nulla a che fare. Per costoro, un paese civile, ed un governo che pone la sicurezza e l’ordine pubblico tra le sue priorità fondamentali, deve disporre il DASPO a vita da qualunque manifestazione sportiva, con obbligo di firma negli orari in cui tali manifestazioni si svolgono.
Diversamente, similmente a quanti lo hanno preceduto, il governo in carica dimostrerebbe, in forma alternata o composta, la propria impotenza, incapacità, o connivenza con la parte peggiore della nostra società, che usa un momento di svago e di gioia collettiva per sfogare le proprie pulsioni animali.
È il momento di dimostrare se si è uomini, o caporali.