È vero. Non è facile trovare casa. E lo sanno bene le giovani coppie, quelli che cambiano città per esigenze di lavoro, chi è stato sfrattato e tanti altri.
Per trovare la casa, magari quella giusta, a volte ci vogliono anni. In alcuni casi addirittura trenta.
Il problema del mercato immobiliare è aggravato da soggetti che si accaparrano monolocali, ville con bunker e appartamenti al primo piano. La gente che accumula unità abitative mette in oggettiva difficoltà anche chi dedica impegno e tempo per trovare quella che fa al caso suo. In certi casi serve addirittura Sherlock Holmes come evidenzia un recente spot pubblicitario.
Nel frattempo, i fatti di cronaca, quelli che “una casa al giorno, toglie il giudice di torno”, inducono a chiedersi quanto può pagare di IMU un sessantenne che conduce una vita riservata e che – a dispetto delle pillole blu lasciate in bella mostra – l’ha virtualmente messa in quel posto a tutti gli italiani.
Mentre ci si sofferma su minuscoli dettagli, quali il calendario al muro che evoca le pareti di officine vintage di riparatori di pneumatici, viene da chiedersi come mai il “dove stava” il latitante acciuffato si apprende solo dopo la sua cattura.
In pratica si ha la sensazione che il tizio si materializzi all’improvviso e grazie a combinazioni fortuite la sua strada incroci quella di chi gli dà la caccia, consentendo a quest’ultimo di ammanettarlo, pardon, di farlo accomodare in auto verso la casa circondariale di destinazione.
La scoperta tardiva, a differenza della omonima vendemmia che ha un suo perché, ai meno esperti dà l’impressione che tutta questa conoscenza del catturando non ci sia. Non solo. Viene persino da pensare a quante cose possano succedere dall’istante dell’arresto al momento dell’avvio della perquisizione. I non addetti ai lavori – forse suggestionati da una overdose di film polizieschi – immaginano che in quelle ore qualcuno possa “risistemare” l’alloggio in cui il bandito viveva fino a poco prima.
Chi trascorre le sue giornate in clandestinità e cambia “base” con comprensibile frequenza ama “tener pulito” i posti che lascia e si organizza per trovare chi – in caso di imprevisti di sorta – lo possa sostituire nel mettere le cose in ordine. Matteo Messina Denaro, in primis, non aveva piacere di far trovare carte in giro e poi farsi parlar dietro…
Oltre ad essere previdente, il boss è certamente “organizzato” (come peraltro il suo crimine) e gli fa piacere – se qualcuno varca la soglia del suo attuale o precedente domicilio – che tutto sia sistemato a modo.
Chi pensava di trovare dossier, rubriche e agende, ipotizza un “capo” di carattere analogico e lo ambienta in scenografie simile a quelle della serie televisiva “I topi” del magistrale Antonio Albanese.
Sembrerà strano ma la versione analogica di chi guida cosche e clan è stata archiviata da tempo. La mafia ha da anni installato gli “aggiornamenti” e – a differenza della Pubblica Amministrazione – ha proceduto con fulminea rapidità nella digitalizzazione di ogni sua attività.
Difficile credere di poter rinvenire dossier, rubriche ed agende che davvero possano ribaltare le sorti in questo duello che vede sofferente la parte dei “buoni”. Ancor più difficile se ogni giorno si scopre che il covo non era quello del giorno prima, ma forse quello che salterà fuori domani o quello che verrà individuato la settimana prossima…