Per coloro che speravano in un conflitto breve, credo che la loro speranza rimarrà vana. In Ucraina il conflitto non sarà di breve durata. Tutti gli analisti concordano su questa previsione anche se nessuno può prevedere il futuro con certezza.
Nessuno dei due Paesi, Russia e Ucraina, è incline a fermarsi ora anche se nessuno dei due è in grado di raggiungere una vittoria assoluta. La Russia non è in grado di rovesciare Zelensky e di imporre un governo amico e l’Ucraina non è in grado di rovesciare Putin o eliminare in maniera permanente la minaccia Russa. Cosa rimane? Un armistizio o una soluzione politica. L’armistizio potrebbe congelare le attuali posizioni creando una fascia di sicurezza lungo l’attuale linea di fronte e con esso la cessazione delle ostilità e della carneficina.
La pace politica potrebbe avvenire in un secondo momento attraverso negoziati specifici che gli Stati Uniti dovrebbero presiedere, anche se il presidente del Brasile Lula ha rilanciato il ruolo della Cina come possibile mediatore tra le parti. Ma tutto questo si scontra con il fatto che nessuno si fida di nessuno. Per la Russia questa “operazione speciale” si è ormai tramutata in guerra vera e propria con tanto di mobilitazione che ha superato i 600.000 uomini e rappresenta una vera e propria questione esistenziale da cui non può più tornare indietro. Non si fida di una eventuale neutralità Ucraina perché il legame con la Nato si è cementato a tal punto che ormai si parla di “proxy war” tra Usa e Russia cioè una guerra per procura, dove il capitale umano lo mettono gli ucraini e tutto il resto gli Stati Uniti. Inoltre, cosa ne sarebbe delle sanzioni? Ed anche qui la Russia non si fida visti i precedenti storici.
L’Ucraina dal canto suo percepisce la Russia come uno stato predatore e dunque ritiene che le sue mire sui territori ucraini non cesserebbero. Inoltre, e questo è un punto fondamentale, ambedue hanno la percezione di poter migliorare quanto fin qui raggiunto sul campo di battaglia. La Russia perché ha ammassato ingenti forze lungo i 1000 km di fronte, rimpolpando le truppe sia numericamente sia con equipaggiamento nuovo. Guardando la cartina del fronte le bandierine Ucraine rappresentano al massimo Reggimenti di fanteria, circa 2000/4000 uomini; in alcune aree le difese sono davvero sottili e non raggiungono che le dimensioni di Battaglioni.
Dall’altra parte si sono ammassate Divisioni che contano fino a 12.000 uomini e relativi Carri armati: alcuni di questi nuovi, come i T90, altri, la maggioranza, più vecchi e meno sofisticati.
Tutto questo lascia presagire quella che ormai tutti considerano la prossima campagna Russa di primavera. Ma l’Ucraina ripone la sua fiducia negli aiuti occidentali, armamenti, soldi, equipaggiamenti e, le importantissime informazioni “intelligence” con le quali gli Americani suggeriscono quali mosse intraprendere per ottimizzare le risorse militari sul campo. Inoltre gli Ucraini hanno dimostrato di saper combattere, e mediamente ciascun soldato di Kiev è molto più motivato di un soldato russo e dunque anche i numeri non sempre ci dicono chi vincerà sul campo di battaglia.
Durante la guerra dello Yom Kippur nel 1973, dopo l’attacco a sorpresa che Egitto e Siria sferrarono a Israele, si materializzarono sulle alture del Golan 1200 carri armati siriani che avanzavano verso il confine israeliano; tra loro e Gerusalemme non vi erano che circa 150 carri armati israeliani Centurion, meno sofisticati di quelli siriani che invece avevano anche capacità all’infrarosso e dunque potevano “vedere” anche di notte.
Ebbene la determinazione dei comandanti dei carri israeliani fece la differenza. Sfruttarono ogni appiglio tattico, astuzia, coordinamento, riuscendo a inchiodare i Siriani bloccandone l’avanzata fino all’arrivo dei rinforzi. Alla fine, le perdite Siriane furono orribili: oltre 800 carri armati distrutti e una guerra persa. Ecco cosa pensano gli Ucraini ora, ed è per questo che non sono propensi a fermarsi.
Dunque, quali vie rimangono per disinnescare una situazione pericolosissima come questa che si è creata con l’attuale conflitto.
Apro una brevissima parentesi sulla questione nucleare: è certamente vero che una opzione nucleare tattica dei Russi in questo momento , per varie ragioni, non è molto probabile. Ma è anche vero che proprio perché questa guerra non si preannuncia di breve durata, il rischio nucleare non si può derubricare a cuor leggero e chi lo fa è un irresponsabile.
Ci sono scenari nei quali questo uso anche se da ultima spiaggia, non è completamente da escludere. Questo è uno dei motivi per cui il supporto all’Ucraina è molto calibrato e prudente e l’amministrazione americana e la stessa Germania si muovono con lentezza e gradualità. È come se si camminasse con un barattolo di nitroglicerina in mano.
E’ chiaro a tutti che una “escalation nucleare” sarebbe la fine del mondo per come lo conosciamo. Motivo in più per cercare una soluzione di pace. Ma che al momento nessuno ricerca.
Gli Stati Uniti hanno alcuni buoni motivi per continuare questa guerra per procura. Innanzi tutto, l’indebolimento della Russia: le sanzioni e il dissanguamento non solo umano ma anche economico mette a dura prova la tenuta economica e sociale del Paese. In realtà alcuni dati mostrano come le sanzioni fin qui applicate dagli Stati Uniti non siano così efficaci nel raggiungere lo scopo.
Le sanzioni hanno una buona efficacia quando applicate a Stati la cui economia è altamente industrializzata, dove il ciclo “materie prime- trasformazione- vendita” viene bruscamente cortocircuitato dalle sanzioni. Per la Russia questo discorso non vale poiché è una economia poco industrializzata, basata principalmente sulla vendita di materie prime, che possiede in enorme quantità su tutto il suo vastissimo territorio. Poiché un acquirente è sempre possibile trovarlo, aggirando le sanzioni, (è notizia di questi giorni che alcuni armatori russi stiano acquistando navi petroliere che poi immatricolano presso uno stato terzo e dunque sono in grado di trasportare e vendere petrolio in tutto il mondo) ecco che le sanzioni hanno un impatto limitato.
Il Fondo Monetario Internazionale ha appena rilasciato le stime per la crescita del Pil della Russia nel 2023: +0.3%. Si consideri che per la Germania è previsto + 0,1%, mentre la Francia è allo +0,7% e l’Italia allo +0,6%. USA al +1,4%. Come si vede l’impatto delle sanzioni pur presente non è determinante per costringere una Nazione a cambiare rotta politica. Cuba, Venezuela, Iran sono li a testimoniarlo dopo anni di feroci e totali sanzioni applicate dagli Usa.
Inoltre a fronte del certo indebolimento della Russia non è nell’interesse degli Stati Uniti il dissolvimento dell’attuale configurazione politica Russa. Il dissolvimento, o l’implosione se volete, della Russia porrebbe un mare di problemi, primo fra tutti il controllo dell’arsenale nucleare che supera le 6000 testate: il primo al mondo. Si pensi che due anni prima la dissoluzione dell’Unione Sovietica, pur non sapendo che poi l’evento si sarebbe verificato con quelle tempistiche, la Casa Bianca istituì una commissione di cui faceva parte Robert Gates, che poi sarebbe diventato ministro della Difesa e capo della CIA, per valutare come si sarebbe dovuta muovere l’amministrazione americana in caso di frammentazione dell’URSS.
Quindi indebolimento della Russia si, ma non tanto da farla esplodere. Inoltre, cominciano a essere chiari altri motivi per cui una guerra prolungata non dovrebbe essere nell’interesse americano. Proviamo ad elencarli:
- Rischio di una escalation nucleare
- Rischio di una guerra diretta Nato- Russia
- Costi della guerra: gli USA hanno già speso più di 100 miliardi di dollari che dato il periodo inflattivo non possono essere assorbiti stampando moneta e aumentando il debito, ma vanno a carico dei cittadini americani sotto forma di tassi più alti.
- Distruzione sempre maggiore dell’Ucraina con costi sempre più alti per la sua ricostruzione
- Minori possibilità di concentrarsi su altre aree “calde”
- Maggiori possibilità che il sostegno della coalizione di Europa ed Usa si affievolisca o venga meno da parte di alcuni Paesi europei, incrinando l’immagine di parziale compattezza fin qui dimostrata (non si dimentichi che su questo tema ci sono diverse sensibilità in Europa)
- Proteste dei cittadini che già ora in maggioranza non vedono di buon occhio né l’invio di armi in Ucraina, né tanto meno illimitati aiuti economici, né gli effetti che questa guerra ha generato e continuerà a generare sulle economie nazionali.
Ma c’è una necessità da parte dell’amministrazione americana che è prioritaria su tutto il resto: quella di non mandare il segnale che gli Usa abbandonino gli alleati o coloro a cui è stata promessa assistenza.
De Gaulle dopo la seconda guerra mondiale, fu la causa indiretta dei 20 anni di guerra in Vietnam. Il Generalissimo Francese dubitava che gli americani avrebbero sacrificato una loro città per difendere una città europea. Ed è per questo che volle l’arma nucleare per la Francia. Sia Kennedy, che Johnson, che Nixon durante il loro periodo alla Casa Bianca hanno tentato più volte di disimpegnarsi dal Vietnam ma per evitare che tale disimpegno fosse interpretato come un segnale al mondo Comunista che gli americani non erano in grado di difendere un loro protetto, la guerra continuò inesorabile per due decenni: 68.000 morti americani , oltre 2 milioni di vittime Nord Vietnamite tra civili e militari, un quantitativo di bombe sganciate su Laos, Cambogia e Nord Vietnam superiore a quello sganciato in Europa durante tutta la seconda guerra mondiale. Una guerra senza obiettivi. Come quella in Ucraina.
Certo Zelensky forse ha un suo obiettivo: la riconquista dei territori occupati dopo il 24 febbraio. O forse no? Forse vuole riprendersi anche la Crimea? Lo afferma a giorni alterni. E gli Americani quali obiettivi hanno? La liberazione del territorio o magari si accontenterebbero che il messaggio alla Cina fosse arrivato forte e chiaro: “non invadere Taiwan perché noi saremo lì”? E l’Europa quale obiettivo ha? Questo è il più difficile di tutti da enunciare. Decisamente.
Non si combatte così una guerra. Quando le decisioni su come condurre la guerra e su quali armamenti si possono usare vengono prese dai politici e non dai militari allora e come cercare un gatto nero in una stanza senza luce: si va a sbattere.
Per esemplificare il concetto si pensi alla Prima Guerra del Golfo: quella voluta da Bush padre, nel 1991. Quella fu la Guerra combattuta secondo i dettami della moderna Dottrina Militare. Il Politico si preoccupò di designare l’obiettivo che la Guerra si prefiggeva, ed in quel caso era la liberazione del Kuwait, invaso dall’Iraq di Saddam Hussein. Ed il militare, dopo aver ricevuto gli uomini ed i mezzi che riteneva necessari per assolvere al compito stabilito dal politico, condusse sul campo la guerra nei modi e nei tempi che ritenne congrui. Il Generale Colin Powell (Capo di Stato Maggiore della Difesa) ed il Generale Norman Schwarzkopf Comandante Supremo delle forze della coalizione, operarono in maniera perfetta e liberarono il Kuwait in due mesi.
In Vietnam tutto questo non accadde e gli obiettivi venivano di volta in volta cambiati senza alcun senso , fino ad arrivare al “body count” , il conteggio dei Viet Cong uccisi, come unico obiettivo per mostrare che si stava vincendo la guerra. Questo generò inoltre una erosione morale di tutto il corpo ufficiali americano che venne superato a gran fatica solo molto tempo dopo.
Ecco, la guerra in Ucraina ha le stesse caratteristiche; certo non ci sono truppe americane sul campo, ma il rischio di un impantanamento in una lunga guerra senza chiari obiettivi esiste.
I negoziati sono sempre difficili e spesso lunghi ed estenuanti; Per preparare la storica visita di Nixon in Cina nel 1972, ci vollero oltre 160 incontri preparatori tra le due delegazioni. Ma alla fine il risultato raggiunto da Kissinger fu straordinario: la “one China policy”, che lì venne concordata, e che altro non è che un sotterfugio diplomatico o se volete una enorme “benevola” ipocrisia, ha però di fatto garantito pace e stabilità per quasi 50 anni. Forse si potrebbe ricorrere anche per la questione Ucraina a qualche invenzione diplomatica al fine di garantire la pace?
Bertrand Russell ebbe a dire: “La Guerra non determina chi ha ragione, ma solo chi rimane”.