Allarme siccità. A Pavia il Po è 3,3 metri sotto lo zero idrometrico. Ovvero il livello medio, “normale” , anche se non esiste normalità quando si parla di meteorologia e di clima. La quantità di acqua del lago di Como, rispetto alla media del periodo, è inferiore del 40%.
Le montagne che alimentano il lago con la fusione del manto nevoso registrano il 50 per cento di neve in meno. In Lombardia manca all’appello il 52 % dell’acqua, 1,8 miliardi di metri cubi risptto all’anno scorso.
Allarme siccità, dunque. Grossi danni in arrivo.
Quando accadono situazioni analoghe, del tutto naturali, c’è sempre l’esperto di turno, non si sa di cosa, ma comunque esperto, che propone di fare piovere in modo innaturale, artificiale.
Davvero si può fare piovere a comando? Forse…
Trattasi di buona idea? No. Decisamente no.
Per continuare questa storia occorre qualche elemento di scienza della Terra e qualche numero. Si prega di tenere presente che, a seconda delle fonti, i valori possono cambiare nel dettaglio, ma non negli ordini di grandezza.
L’acqua sulla Terra, tutta generata nel processo di formazione del nostro pianeta, è in quantità limitata anche se ce n’è tanta: circa 1.390 milioni di chilometri cubi (pari a 1,4 moltiplicato 10 elevato alla 21, ovvero mille miliardi di miliardi di litri) e costituiscono l’idrosfera.
Il 97,2 per cento è contenuta negli oceani e solo il 2,8 per cento è acqua dolce. Di questo 2,8, il 2,15 è immagazzinato nei ghiacciai e la restante parte, lo 0,62 per cento, è nel terreno.
L’acqua è in circolazione continua fra gli oceani, l’atmosfera, la terra solida e la biosfera. Questa circolazione senza fine prende il nome di ciclo dell’acqua e coinvolge una serie di processi: evaporazione, condensazione e precipitazione, infiltrazione, deflusso, evapotraspirazione (rilascio di acqua in atmosfera dalla biomassa vegetale).
Tenendo presente che un chilometro cubo di acqua è pari a mille miliardi di litri, ovvero 10 elevato alla 12, 1 seguito da 12 zero, è opportuno descrivere i volumi coinvolti nel ciclo.
L’evaporazione dalla superficie marina movimenta 320 mila chilometri cubi di acqua, quella dalla terra solida altri 60 mila. 284mila tornano come precipitazione negli oceani e 96 mila come precipitazioni sulla terra solida. 36mila chilometri cubi tornano ai mari a seguito dei processi di deflusso. Quello che manca per riequilibrare i conti è l’acqua coinvolta dai processi di infiltrazione.
Evaporazione e precipitazione costituiscono un flusso di 505 mila chilometri cubi all’anno e il volume d’acqua totale è di 15,5 mila chilometri cubi, Ne consegue che il contenuto d’acqua nell’atmosfera viene rinnovato circa 30 volte l’anno e il suo tempo medio di residenza è di circa 12 giorni.
Qual è “l’amor che move” tutta quest’acqua? Semplice: l’energia solare. Opportuno ricordare che senza l’effetto di raffreddamento causato dall’evaporazione, (il calore latente di vaporizzazione dell’acqua, ovvero la quantità di calore necessaria per fare evaporare una unità di massa, è pari a 538 kcal/kg), l’effetto di serra (si dice effetto di serra, non effetto serra) porterebbe la temperatura media superficiale della Terra a 67 °C.
Come dice la pubblicità: “Anto’ fa caldo…”.
Bene, tutto ciò detto, dovrebbe essere chiaro che si ha che fare con una macchina termica di dimensioni molto, molto importanti. Abbiamo conoscenza di alcuni dei processi coinvolti e molte domande di cui non conosciamo le risposte.
La macchina meteorologica è assai complessa, nel suo complesso.
In sintesi, ne sappiamo proprio poco.
Torniamo alla domanda iniziale. Si può fare piovere a comando? Forse sì, forse no.
Per farlo serve una massa d’aria umida e possibilmente nuvolosa. Se la circolazione atmosferica è tale da non trasportarla sulla regione su cui si vuole fare piovere, si rimane a secco.
Se invece la massa suddetta, bella carica di vapore acqueo, è presente o in transito, si seminano le nuvole facendo uso di sostanze chimiche che innescano e favoriscono la condensazione. Ad esempio lo ioduro d’argento, lo ioduro di potassio o il ghiaccio secco. Si portano in quota e si disperdono vicino o dentro il sistema nuvoloso. Obiettivo è la modifica dei processi microfisici all’interno delle nuvole così da fare piovere.
Questo in teoria, perché in pratica sappiamo veramente poco o nulla di cosa accade all’interno di una nuvola.
Anni fa partecipai come ricercatore, membro del team italiano, alla ricerca internazionale di lotta alla grandine Grossversuch IV. Roba seria. Esperimento a doppio cieco. Coinvolti geofisici italiani, francesi, statunitensi, sovietici e svizzeri. Nelle giornate di possibili eventi meteorologici, si individuavano con il radar le regioni di ghiaccio all’interno delle nuvole temporalesche. Quindi si lanciavano razzi Oblakov, in grado di superare i 10mila metri di quota, opportunamente programmati per seminare, con precisione, tali regioni con ioduro d’argento.
Dopo tre anni di lavoro si giunse alla conclusione sperimentale che nella metà dei temporali osservati e misurati, si era evitata la formazione di grandine, ma nell’altra metà la si era generata.
L’efficacia della semina delle nuvole per generare pioggia, o neve, in modo statisticamente significativo, è oggetto di animati e non sempre urbani dibattiti fra gli esperti, quelli veri, appartenenti alla comunità scientifica.
Da ricordare anche che ci sono stati casi dove invece di pioggia sono caduti dei chicchi di grandine che hanno distrutto le colture presenti. Anche in quel caso il villico inferocito avrà sparato sui ricercatori, come mi accadde una volta. Poi fu complicato spiegare all’azienda di noleggio perché la vettura in restituzione era tutta piena di piccole ammaccature. Ovvio che si imputò il danno alla grandine, peccato però che solo pallini da caccia e nemmeno piccoli, potevano lasciare tali tracce.
Comunque, proviamo a svolgere un esercizio di scenario, avvalendoci della metodologia “What if”. In altre parole, raccontiamo una storia plausibile, basata su eventi possibili, partendo dall’assunto: “E se…”.
E se… ipotizzando che lo si sappia fare in modo certo, facessimo. piovere a comando?
L’associazione produttori padani riso carnaroli, molto preoccupata per la previsione di scarso raccolto dovuto alla siccità, chiede intervento correttivo.
Si individua una massa d’aria in transito sulla pianura padana e la si tratta in modo appropriato, quindi piove. Tutti felici, ma per poco.
Infatti, il calore latente rilasciato dal processo di condensazione ha riscaldato l’aria trattata, generando un’area di bassa pressione.
Questa ha dirottato, sempre sulla val padana, masse d’aria fredde e umide che altrimenti sarebbero andate da tutt’altra parte.
La differenza di pressione fra la zona calda, riscaldata, e quella fredda, ha alimentato venti di forte intensità che, nel superare l’orogene alpino (le montagne, tanto per capirsi) hanno determinato la rapida condensazione del vapore acqueo presente causando forti precipitazioni nevose sul versante italiano.
Nei giorni successivi viene registrato un numero, mai riscontrato prima, di valanghe, con importanti perdite umane e materiali.
La Confederazione elvetica presenta una formale protesta al governo italiano per averla privata della neve che naturalmente sarebbe caduta sulle sue montagne, indispensabile per il funzionamento degli impianti e chiede un rimborso danni tale da richiedere la revisione dell’annuale legge finanziaria.
Due settimane dopo questi eventi, un uragano extra-tropicale, di proporzioni drammatiche, colpisce il Regno Unito e i paesi della penisola scandinava. I governi dei paesi coinvolti ritengono responsabile dell’accaduto l’associazione produttori padani riso carnaroli, dunque l’Italia e seguono gli svizzeri nella richiesta di rimborso danni.
Per qualche chicco di riso in più, l’Italia dichiara bancarotta.
Morale della favola. Meglio evitare. Vale il principio di precauzione, approccio epistemologico, filosofico e giuridico alle innovazioni che possono causare danni quando mancano sufficienti e ben documentate conoscenze scientifiche in materia. Prima di lanciarsi in nuove innovazioni, che potrebbero rivelarsi disastrose, occorre cautela, ragionevoli certezze su esiti e risultati e molta, molta attenzione.
P.S.
Promesso che di questo tema ne riparleremo raccontando perché i complottisti ci sguazzano felici, cosa sono le guerre meteorologiche, quando sono state combattute, come e da chi, soffermandoci su qualche “strano” evento del passato recente.