Non vi era bastato il fantasmagorico “Uno vale uno” con cui i pentastellati hanno tentato di cancellare qualsivoglia conato di primeggiare?
Superata la stagione durante la quale erano i cittadini a dover scegliere e quella in cui toccava a loro pentirsi di aver posizionato malamente quella crocetta, è giunta la primavera delle scelte fatte da chi è stato scelto.
Mentre per gli incarichi nei Consigli di Amministrazione delle società partecipate pubbliche c’è una nutrita schiera di candidati, in rappresentanza di partiti e correnti al loro interno, e i giochi sono frutto di minuziose alchimie, dinanzi ad una nomina particolare come quella del vertice dell’Agenzia Cyber il Governo mostra estrema scioltezza ma in realtà non sembra avere nel cassetto alcuna professionalità effettivamente calzante.
La situazione evoca l’abbraccio, il brindisi e l’accensione del sigaro tra l’eremita cieco e il “mostro” nelle indimenticabili sequenze del capolavoro di Mel Brooks “Frankenstein Junior”.
E così in un momento la cui estrema fragilità è constatata anche dal quisque de populo, si comunica (e lo si legge su Huffington Post) che la Presidenza del Consiglio è orientata verso “un profilo diverso, non necessariamente un tecnico esperto del settore” …. “ma una figura ritenuta in grado di strutturare e lanciare nella piena operatività un’amministrazione dello Stato fondamentale nell’architettura della sicurezza del Paese e destinata a crescere molto nei prossimi anni”.
E’ bello vedersi tranquillizzati dal fatto che l’organismo ipertecnologico per antonomasia non ha bisogno di “qualcuno che ne sappia”. L’Agenzia – per vocazione ormai conclamata da quest’ultima interpretazione – è “un’amministrazione dello Stato”.
I mitomani, che immaginavano qualcosa tipo Matrix, si rendano finalmente conto che la dotazione più efficace saranno le marche da bollo, i fogli protocollo e – per i più meritevoli – un calamaio in cristallo. Chi si professa afflitto dall’incombenza del problema della cybersicurezza accantoni ogni urgenza e si rilassi: non c’è nessuna fretta perché l’Agenzia è “destinata a crescere molto nei prossimi anni”…
Nei prossimi anni?!?
Capisco che Pino Insegno sia tra i teologi laici della politica governativa, ma fare dell’umorismo per rasserenare la collettività mi sembra eccessivo. Il buon umore è indubbiamente una colonna della serenità sociale, ma il contesto dell’Agenzia meriterebbe un approccio un po’ meno semplicistico.
Una eventuale emergenza cibernetica – sembrerà bizzarro – richiede un minimo di competenza e di esperienza sul campo e non dovendosi tagliare nastri tricolore o presenziare a deposizioni di corone commemorative lo “standing istituzionale” potrebbe non essere necessario.
Se al volante, al timone o alla cloche di un veicolo da combattimento può starci chiunque abbia indiscussa autorevolezza, mi permetto di suggerire alla Presidente del Consiglio e al suo staff figure di spicco internazionale come Antonio Pappano, Renzo Piano, Francesco Totti, Lapo Elkann, Valentino Rossi o – per essere più vicini alle persone comuni – Gianluca Vacchi e Chiara Ferragni.
Ognuno di loro ha un seguito sufficiente a poter contare su uno stuolo di strenui difensori dei prossimi futuri errori. Non importa se ne sanno nulla di cybersecurity, quel che conta è “strutturare e lanciare”, non risolvere i problemi che quotidianamente costringono enti ed aziende a genuflettersi dinanzi alle organizzazioni criminali che stringono d’assedio il Paese.