Il colosso romano dei servizi energetici ACEA, vittima un mese fa di un attacco informatico, si sta scusando con la clientela per il ritardo nell’inoltro delle “bollette” del primo bimestre di quest’anno.
Il tono della comunicazione attraverso la posta elettronica è estremamente garbato e addirittura confidenziale, visto che dà del “tu” all’interlocutore.
Non sappiamo se il modo un po’ diretto ha innescato nei mariti di donne intestatarie di contratti di acqua/luce/gas sospetti di infedeltà coniugale o di nascenti tresche, ma è certo che il testo sembra un (troppo) innocente “cascare dalle nuvole”.
Chi ha ricevuto la mail ha letto “abbiamo riscontrato dei ritardi nella fatturazione di fine gennaio/febbraio” e si è soffermato su quell’ “abbiamo riscontrato”: se non hai provveduto a spedire le bollette, lo sai e non lo riscontri.
Sarebbe stato più carino scrivere un magari meno professionale “ti sarai accorto che non ti abbiamo inviato…”, evitando accenni ad una sorta di scoperta quasi casuale di un problema conosciuto fino alla sua radice hacker.
Chi scrive non sa se le buste sono partite e ancor meno a chi sono arrivate e quindi prosegue dicendo “ti comunichiamo che se non hai ricevuto la bolletta relativa alla tua fornitura, o alle tue forniture in caso tu ne abbia più di una attiva con noi, la riceverai a breve.”
Ben sapendo quel che è successo (hacker, ransomware e dintorni) fa sorridere il successivo “Ci scusiamo per il disguido”.
Se il trovarsi inutilizzabili (anche solo temporaneamente) gli archivi elettronici in cui sono presenti le anagrafiche, i consumi e gli addebiti è un “disguido”, non si può accusare i pirati informatici di qualsivoglia crimine ma al limite gli si può contestare l’aver determinato un equivoco, un fraintendimento, un malinteso o un qui pro quo.
Le frasi del messaggio sono allineate al diffuso atteggiamento “negazionista” sul fronte dei rischi cibernetici. Guai a parlare di attacchi e disservizi conseguenti. Meglio minimizzare o addirittura rimuovere certi episodi.
Il “mood” – specie quello filogovernativo – è quello di mettere al bando tecnici e tecnicismi, esperti ed esperienze.
Chi ha maggior attaccamento al portafogli di quello che mi contraddistingue mi segnala che sarebbe simpatico sapere quanto è costato questo “disguido” e chi (azienda o cliente?) ne deve sostenere l’onere.
Ci sono spese di intervento al verificarsi dell’ “incidente”, quelle di ripristino della situazione di normalità e poi le altre per mettere in sicurezza i sistemi così da scongiurare il ripetersi di simili spiacevoli circostanze. A queste si deve aggiungere la perdita finanziaria per lo slittamento della data di pagamento che – giustamente – non comporta “interessi di mora” al cliente che in questa storia è senza dubbio “innocente”.
Come verranno contabilizzati questi oneri e a chi toccheranno in sorte?