Andando oltre, rispettosamente, la tragicità degli eventi che hanno attanagliato nell’ultimo mese il confine turco-siriano, è necessario analizzare il ruolo che la Turchia potrà ricoprire nel panorama economico e geopolitico al termine del conflitto fra Ucraina e Russia in cui, ad oggi, ha un ruolo di mediazione.
Malgrado le tensioni di questi ultimi anni con la comunità internazionale, va risalata la poliedricità di uno Stato che è membro della Nato, del Consiglio d’Europa e guida della cultura islamica; la Sublime Porta è storicamente individuabile come la Nazione ponte fra Europa ed Asia.
Le chiare ed inequivocabili parole pronunciate dal Presidente turco R.T. Erdoğan nell’ottobre del 2022, afferenti alla nascita del “secolo della Turchia”, hanno destato non poco scalpore, soprattutto per i repubblicani, certi di un futuro da potenza egemone della neo “Türkiye” (tenendo fede alla moderna modificazione toponomastica).
Tale visione imperiale-revanscista di una Nazione storicamente nata grande e cresciuta, poi, sotto l’egida di altre superpotenze che ne hanno ridisegnato i confini, ha fatto sì che il Sultano avesse le idee chiare sulla strategia nazionale necessaria per tornare ad essere un attore cardine nell’ordine internazionale.
Nel consolidamento turco, all’interno del cluster finanziario europeo, una delle varie direttrici in base alle quali la Repubblica fondata da Mustafa Kemal Atatürk assumerà un ruolo cruciale a livello mondiale, è data dal conflitto scoppiato lo scorso anno in Ucraina.
Questo, difatti, ha indotto la Superpotenza cinese a sviluppare una alternativa al corridoio russo, dovendo, dunque, usufruire del Middle Corridor: una infrastruttura ferroviaria e stradale che congiunge Asia ed Europa, più precisamente Azerbaigian e Kazakhistan con la Turchia, fornendo così a quest’ultima la opportunità di diventare una giuntura logistica pressoché vincolante tra la Cina e il Continente europeo.
Riguardo il settore energetico, recentemente nel sud-est anatolico – Mar Nero – sono stati scoperti nuovi giacimenti di gas naturale, circa 58 miliardi di metri cubi, che entro la fine di questo mese ridurranno significativamente la dipendenza energetica dall’estero.
La dinamicità dell’industria militare turca ha fatto sì che nel solo biennio 2020-2021 l’export di armi di fabbricazione autoctona avesse il miglior tasso di crescita globale – basti pensare che solo in Ucraina ha esportato armamenti per un valore di circa 6 milioni di dollari.
Dallo sviluppo delle industrie della difesa di nuovi velivoli senza pilota per operazioni terrestri e navali, alla neonata fabbrica di auto elettriche TOGG, passando per radiolocalizzatori, trasporti corazzati e sistemi di difesa aerei basati sull’Artificial Intelligence, si può considerare questo nuovo sviluppo come una vera e propria escalation, non solo economica.
Sèvres prima e Losanna poi, decisero le sorti della Turchia del XX e XXI secolo; tuttavia le linee guida tracciate da Süleyman Demirel già nel 1997 – anno della conferenza di Istanbul – sulla nuova “via della seta 2000” sono state pedissequamente seguite – talune realizzate – dall’attuale Sultano.
Il 29 ottobre 2023, giorno in cui ricorrerà il centenario della Repubblica di Turchia, non è possibile prevedere se la rotta delle nuove elezioni volgerà ancora verso un organismo presidenziale sultanista o meno; tuttavia, possiamo fidarci sulle parole del suo odierno Leader: “rafforzeremo la nostra democrazia, continueremo a far crescere il nostro Paese come la voce degli oppressi e la speranza delle vittime. Insieme alla nostra nazione costruiremo il “Secolo di Türkiye”.