Può sembrare uno stratagemma per catturare l’attenzione dei lettori, ma in realtà mai titolo è stato così aderente a quel che sto per raccontare.
La notizia arriva da Morten Brandtzæg, amministratore delegato di “Nammo”, una delle principali industrie di munizionamento in Europa, che ha dichiarato al Financial Times “Siamo preoccupati perché vediamo che la nostra crescita futura è messa a dura prova dall’archiviazione di video di gatti”.
A dirla con Francesco De Gregori ed a mutuare le strofe di “Alice”, ci sarebbe da pensare che il manager – come lo sposo della canzone – “è impazzito, oppure ha bevuto” e invece non è così.
La sua azienda – che ha sede in Norvegia ed è partecipata dal Governo di quel Paese – non riesce a soddisfare la crescente domanda dell’Ucraina per una serie di problemi produttivi innescati niente meno che dal tanto popolare quanto pericoloso social network cinese.
Il data center di TikTok – impiantato a poca distanza dal più importante stabilimento della Nammo – avrebbe un assorbimento di corrente elettrica talmente imponente da limitare la disponibilità di energia alle imprese presenti nella medesima area.
Il centro informatico in questione ostacola la pianificazione prevista per far fronte alla richiesta di colpi di artiglieria 15 volte superiore al normale, comportando per l’industria europea delle munizioni – secondo Brandtzæg – un investimento di 2 miliardi di euro in nuove fabbriche per stare al passo con le odierne esigenze di Zelensky. Secondo alcune stime, infatti, l’Ucraina sta sparando da 6.000 a 7.000 proiettili di artiglieria al giorno con riverberazioni significative per i produttori di armi che da tempo non conoscevano una simile cuccagna.
La compagnia energetica locale “Elvia” ha confermato al Financial Times che la rete elettrica ha assegnato le forniture al data center in base all’ordine di arrivo, di non avere capacità di riserva e che una quantità aggiuntiva richiederebbe tempo per essere effettivamente disponibile.
Mentre – come il sindaco di Roma, Gualtieri – si pensa di sconfiggere l’inquinamento rottamando le auto d’epoca, i centri elettronici utilizzati dai social network e dalle aziende hi-tech per archiviare enormi moli di dati non sono oggetto di riflessione.
I data center consumano grandi quantità di energia per alimentare e raffreddare i server che memorizzano immagini, video e altri dati basati su cloud dei clienti.
Per avere una minima idea della situazione basta prender nota che la Commissione Europea stima che entro i 2030 i data center rappresenteranno il 3,2% della domanda di elettricità all’interno del blocco con un aumento del 18,5% rispetto al 2018.
Nel frattempo, in assenza di altre buone nuove, scopriamo l’inatteso risvolto pacifista di TikTok…