Quel che scrive il New York Times non rassicura affatto e, soprattutto, non sorprende chi ha buona memoria e ricorda che non troppi mesi fa le Forze Armate portoghesi si erano fatte sottrarre documentazione riservata del Patto Atlantico non adeguatamente protetta sui server su cui era ospitata.
Le carte recenti sono apparse su Twitter e in alcuni canali Telegram dove stanno rimbalzando alla mercè di una platea infinita di persone. Quanto è stato diffuso sui moderni sistemi di comunicazione probabilmente è stato oggetto di manipolazioni che hanno variato dati e stime riportati in quelle pagine, circostanza che certo non alleggerisce la portata dell’accaduto.
E’ legittimo chiedersi da dove saltino fuori quei documenti e c’è da capire quale sia stata la falla che ne ha permesso l’esfiltrazione con le conseguenze che non è difficile immaginare. Il Dipartimento della Difesa statunitense è al lavoro per scoprire chi e come sia riuscito a sgraffignare e a spiattellare incartamenti che certo non erano destinati a finire in pasto ad oltre mezzo miliardo di cybernauti.
I file indebitamente in circolazione parlerebbero delle iniziative alleate per rafforzare lo schieramento ucraino nella prospettiva di una offensiva pianificata contro la Russia, riportando tra l’altro anche il doloroso conteggio dei morti in combattimento su entrambi i fronti.
Proprio quest’ultima informazione ha riverberazioni non trascurabili sull’opinione pubblica russa che ha a disposizione notizie “filtrate” dalle autorità governative e probabilmente non dispone di un quadro “sincero” delle vite sacrificate in quelle che Putin si ostina a definire “operazioni speciali”. La diffusione di quel numero interferisce negli equilibri interni: se la cifra è stata modificata al ribasso e magari risulta risibile, c’è il rischio che la popolazione russa ritenga sopportabile il prezzo pagato dalle famiglie che hanno figli e mariti impegnati nella guerra. La diffusione dei piani “corretti” potrebbe essere l’ennesima operazione psicologica (psy-ops le chiamano gli addetti ai lavori) che lo Zar Vlad ha avviato per sedare malumori e opposizioni interne.
Mettendo da parte supposizioni e suggestioni, resta in primo piano la permeabilità dei sistemi informatici occidentali. Mentre c’è ancora chi si concentra sulla pericolosità degli attacchi DDOS che mettono fuori uso i siti web di istituzioni ed aziende, forse è giunto il momento di indagare sulle effettive condizioni di salute di server e reti così da stabilirne l’effettivo livello di integrità e riservatezza. Sarebbe sgradevole scoprire di avere i “nemici” seduti sul nostro divano di casa, passati inosservati solo perché non hanno fatto rumore…
Chi – in questa storia – si appassiona al pensiero della presenza di elementi “top secret” o dettagli di specifici piani di battaglia forse rimarrà deluso perché non sembra esserci nulla di tutto questo nella documentazione divulgata.
I documenti però sarebbero comunque stuzzicanti perché, ad esempio, aprirebbero uno squarcio sulle munizioni HIMARS, i sistemi missilistici di artiglieria ad alta mobilità forniti dagli americani. Certe informazioni possono dare visibilità su “quanto consuma” la macchina da guerra ucraina, quali siano i tempi di rifornimento, quale sia l’autonomia e la capacità di fuoco….
Quel “chi” e “come” su cui sta investigando il Pentagono dovrebbe portare all’individuazione del tallone d’Achille. Il ripetersi di incidenti di questa natura fa purtroppo immaginare le Forze Armate come un millepiedi e i fatti di cronaca portano a riflettere anche chi non è assolutamente guerrafondaio.
Per chi pensa si stia esagerando reccomando un articolo apparso sul sito web della BBC il 26 agosto scorso. Parla della documentazione classificata “NATO confidential” e “NATO Restricted” relativa ai sistemi missilistici MBDA, prodotti dalla multinazionale europea partecipata per il 25% dalla nostra Leonardo già Finmeccanica. La lettura può dare idea della fragilità che ci circonda…