E’ la pagina del sito web del Comune di Roma che riguarda il provvedimento restrittivo alla circolazione delle auto d’epoca, oppure è il provvedimento stesso?
Il titolo provocatorio sembrerebbe riferirsi a quel che si legge su Internet dove campeggia “pagina in allestimento” e l’idiota domanda “ti è stata utile questa pagina?” che meglio di qualsivoglia commento sintetizza la consistenza delle argomentazioni che hanno indotto il Campidoglio a varare una norma draconiana sui veicoli vintage che qualche volta capitava di veder spiccare nella fiumana di mezzi nel traffico della Capitale.
Ne avevo già scritto in due diverse occasioni. L’ho fatto, inutilmente, il 17 novembre 2022 e il successivo 8 dicembre. Rieccomi.
Secondo il Sindaco Gualtieri e l’assessore Patanè la responsabilità dell’inquinamento atmosferico è da attribuirsi a quelle macchine che, tenute in ordine come orologi svizzeri, percorrono in città qualche decina di chilometri l’anno e lo fanno quasi esclusivamente per fare una gita fuori porta e certo non per incolonnarsi nella babele urbana.
Chi ha pensato ad una pressione di qualche lobby di costruttori di auto intenzionata ad incrementare le vendite del nuovo, si sbaglia. Chi ha una o più auto d’epoca non le cambierà con una utilitaria o un SUV appena uscito di fabbrica. Inutile pensare che il provvedimento sia stato dettato da biechi interessi imprenditoriali.
Nel frattempo è iniziato un contenzioso amministrativo e sono stati avviati tavoli tecnici e organizzati incontri: l’unica cosa che è rimasta fuori dal ring affollato da politici, burocrati e associazioni è certamente il buon senso.
La normativa include nelle auto d’epoca quelle con più di trent’anni e ammette quelle che hanno superato la soglia dei vent’anni qualora rivestano interesse storico (non si sa bene in base a quale criterio). Non ho idea quanti siano i veicoli ultrasessantennali o semplicemente che hanno raggiunto il traguardo dei “50” in giro per la città e quanto i rispettivi proprietari abbiano intenzione di farne un uso quotidiano esponendoli al rischio di ammaccature o di altri infortuni stradali che troverebbero difficile soluzione per la comprensibile rarità dei ricambi.
Senza dubbio non sono mancati i furbetti che hanno riesumato vecchi rottami per muoversi in città pagando tassa di circolazione ed assicurazione ridotte che spettano alle auto storiche. Se questo è il problema, si abbia il coraggio di punire queste persone e non una comunità di soggetti colpevoli solo di avere passione per qualcosa di bello. Mentre – come tanti altri – cerco un garage fuori Roma dove deportare “i miei giocattoli” penso quanta poca cultura ci sia nel legiferare in maniera komheinista raccontando che solo così avremo una città a dimensione d’uomo.
Non sarà un collezionista agiato a far valere le proprie ragioni. Chi tratta con garbo ossessivo una “vecchia signora a quattro ruote” è un non violento per antonomasia.
Temo per chi guarda con preoccupazione diversa dalla mia l’installazione di telecamere, l’infittirsi di controlli, il piovere multe. Penso a chi con la “macchina vecchia” andava a lavorare, magari arrivando dalla periferia al capolinea della metropolitana.
Quanto possono girare le scatole a chi da una dozzina d’anni aspetta l’apertura del parcheggio di scambio a Piazza Conca d’Oro per prendere la Metro B1 e per tutta risposta (a parcheggio naturalmente chiuso) si vede vietato il semplice arrivare a quei tre piani sotterranei che erano destinati ad accogliere le auto di chi poi proseguiva con i mezzi pubblici?
Il precario, il lavoratore in nero non per sua scelta, la commessa sfruttata e sottopagata e mille altre persone in difficoltà a chi chiederanno i soldi per comprare un mezzo di trasporto sostenibile se fatica già ad arrivare a fine mese?
L’avvocato Patanè, assessore alla mobilità, si è posto questa domanda? Mi auguro non voglia rispondere “ci sono i mezzi pubblici” perché non c’è spazio per ironia e sarcasmo. Vada a farsi un giro per la città e provi il brivido da “b-movie” che tocca in sorte ogni giorno e più volte al giorno al cives romanus.
Perché, invece di sculacciare i collezionisti e di condannare senza appello i meno abbienti, non fa funzionare l’ATAC, magari cacciando chi l’ha trasformata in un cumulo di debiti o semplicemente chi non lavora? Quella sì che sarebbe una bella dimostrazione di forza.