Folle idea: prendere un treno e pagare il biglietto. Il che spiega perché mi trovo in compagnia di un cane, di quelli a quattro zampe, la mattina presto nella biglietteria della stazione. Il signore al di là del vetro mi chiede gentilmente dove desidero andare e quando. Rispondo in modo altrettanto gentile.
Preme qualche tasto, studia il monitor, mi rivolge delle domande per meglio comprendere le mie necessità.
Poi mi guarda e mi dice che lui, dalla sua postazione, non può rilasciare i biglietti richiesti.
Devo rivolgermi alla sua collega, di fianco, perché lei può. Il sistema è lo stesso, le gerarchie di accesso pure, l’applicativo è uno solo, la stampante è in comune, ma lei può e lui no. Misteri del digitale.
Mi metto in fila allo sportello di fianco. L’addetta al di là del vetro sta servendo un cliente dalle mille domande. Aspetto, non poco, che termini di occuparsi di lui. Intanto cerco di tenere buono il cane, 45 chili di muscoli e pelo, che non gradisce le attese. Ogni volta che abbaia con il suo vocione baritonale i presenti sussultano. Aiuta ad accelerare i processi in corso e a richiamare l’attenzione.
Arriva il mio turno. La collega viene informata della mia richiesta e relativi problemi insorti. Ascolta con attenzione, annuisce di tanto in tanto, ha l’aria di sapere cosa si debba fare.
Preme dei tasti, studia il monitor, mi rivolge qualche domanda per meglio comprendere le mie necessità.
Poi mi guarda e mi dice che lei, dalla sua postazione, non può rilasciare i biglietti richiesti.
Vero che non sono proprio un tipo paziente. Vero che la mosca mi salta al naso con una certa facilità. Però sono le sette e mezza di mattina, non ho fretta, il cane mi guarda con i suoi occhioni dolci quasi voglia dire: “Dai, non te la prendere…”.
Non me la prendo. Calmo, devo rimanere calmo. Imposto la voce perché sia dolce e flautata…
“Mi perdoni, devo andare a Zurigo, che non è proprio uno sperduto villaggio dai collegamenti difficili. Questa è la biglietteria di Trenitalia presso la stazione di Milano Porta Garibaldi, che non è proprio una stazioncina di periferia. Mi spiega perché non riuscite a emettere un biglietto?”
“Che vuole, parte del percorso è in Svizzera, deve prendere un treno delle ferrovie federali svizzere e noi non possiamo emettere un biglietto per loro conto. Deve rivolgersi allo sportello di Trenord, al piano di sotto”.
Mi viene qualche dubbio sulla moralità delle mamme dei dirigenti di Trenitalia, incapaci di siglare un accordo con i vicini di casa delle SBB-CFF-FFS elvetiche.
Sorrido, stringo il guinzaglio del cagnone che mi guarda, sempre dolcemente leggermente preoccupato, e scendo di un piano. Destinazione biglietteria Trenord.
Fortuna che parlo italiano. Se non chiedevo non la trovavo. Non siamo messi proprio bene con la segnaletica nei sotterranei della stazione Porta Garibaldi di Milano. Chissà come fanno i poveri turisti stranieri…
“Buongiorno, vorrei un’andata e ritorno per Zurigo HB che sta per Hauptbhanhof, ovvero stazione centrale”.
“Buongiorno a lei. Mi dispiace, non posso aiutarla, deve andare al piano di sopra, biglietteria Trenitalia”.
La mosca si avvicina pericolosamente al naso.
“La informo che vengo dalla suddetta biglietteria e loro mi hanno detto di venire da voi”.
“No, mi dispiace, noi non possiamo aiutarla. Deve andare in Stazione Centrale. Biglietteria Trenitalia Milano Stazione Centrale”.
“Mi faccia capire. Devo partire domani mattina da Milano Garibaldi, perché l’unico treno che fa al caso mio parte da qui, ma devo fare il biglietto in Stazione Centrale?”.
“Esatto…”.
Riprendo il guinzaglio del cagnone, ora decisamente preoccupato. Non io, lui. Com’è vero che sentono l’umore dei bipedi con cui hanno a che fare…
Guardo l’orologio, è già più di un’ora che sono in giro con lui, di sicuro ha fame.
Quindi lunga camminata fino a casa. Soddisfo le esigenze alimentari del bestio canino. Riesco, inforco la moto e vado in Centrale. Biglietteria Trenitalia.
Fila non indifferente per prendere il numero di prenotazione. Se pagate con la carta di credito sono disponibili due sportelli. Se pagate in contanti oltre una decina.
Interessante: sul tagliando del numero di prenotazione c’è stampata la dicitura: “Saltate la coda, usate gli sportelli automatici”. Trattasi di incitazione al crimine?
Otto persone prima di me. Ci fosse una sedia, almeno una. Nulla. Tutti in piedi.
Ne ho già abbastanza. Prima mi siedo su una scomodissima sbarra a dieci centimetri da terra il cui scopo è proteggere il muro dagli urti dei bagagli. Poi scendo dei suddetti dieci centimetri e mi sdraio per terra, in rassegnata attesa.
Arriva il mio turno. Addetto molto gentile che ascolta la mia richiesta.
Preme dei tasti, studia il monitor, mi rivolge qualche domanda per meglio comprendere le mie necessità.
Poi mi guarda e mi dice che lui, dalla sua postazione, non può rilasciare i biglietti richiesti.
“Deve farlo lei on-line, usando il suo cellulare e andando sul sito delle ferrovie svizzere…”.
La mosca è pericolosamente vicino al naso. Si appresta al salto.
“La ringrazio del suo suggerimento, ma se sono qui è perché ho passato almeno un’ora e mezza sul sito da lei indicato. Il che spiega perché conosco gli orari di tutti i treni da Milano a Zurigo e ritorno, per non parlare dei cambi e dei tempi di percorrenza.
Mi sono anche iscritto allo SwissPass per tentare di pagare il biglietto. Ho miseramente fallito.
Per non parlare del tempo buttato via sul sito digitale di Trenitalia e su quello di Trenord.
Ho anche cercato una biglietteria delle ferrovie federali svizzere a Milano, senza trovarla. Mi dice come faccio a comprare uno straccio di biglietto per andare a Zurigo e rientrare in giornata in questo paesotto di provincia chiamato Milano?”.
Mosca saltata con successo. Suo, della mosca.
L’addetto si guarda intorno con fare circospetto; abbassa la voce, apprestandosi a condividere con me segreta informazione:
“Può andare alla biglietteria delle ferrovie austriache, qui davanti, appena uscito dalla Stazione, attraversa la piazza, subito a sinistra…”.
Mi viene il feroce dubbio che mi stia mandando via con una balla per evitare che io, cliente molto inferocito, avvii una sceneggiata pubblica.
Non c’è nemmeno il cagnone a guardarmi con dolcezza.
Profondo respiro, riprendo il controllo ed esco, alla ricerca della biglietteria delle ferrovie austriache.
Tutto vero. La biglietteria c’è. ÖBB, ovvero Österreichische Bundesbahnen. Ufficio condiviso con la DB che sta per Deutsche Bahn AG, ovvero ferrovie di Germania. Nulla è detto della SBB-CFF-FFS, ovvero le ferrovie federali svizzere. Non cedo. Attendo. Un solo sportello. Può entrare solo una persona per volta. Norme di sicurezza COVID ancora in uso. C’è dentro qualcuno. Altri quindici minuti di attesa.
Entro e chiedo se posso fare il biglietto A/R per Zurigo.
Preme dei tasti, studia il monitor, mi rivolge qualche domanda per meglio comprendere le mie necessità.
Poi mi guarda e mi dice che lei, dalla sua postazione, può rilasciare i biglietti richiesti.
Miracolo!
Chiedo perché. Mi dice che le ferrovie austriache hanno un accordo di collaborazione con le ferrovie di Germania che hanno un accordo di collaborazione con quelle svizzere.
Le italiane, no.
Vuoi vedere che il Moretti, quando era a capo delle ferrovie italiche, a forza di litigare con tutti, è riuscito a inimicarsi anche gli elvetici?
Chi ci rimette, al solito, siamo noi, i soliti inessenziali, sempre pazienti, troppo rassegnati cittadini.
Comunque complimenti a tutti: Trenitalia, Trenord, SBB-CFF-FFS e i loro magnifici siti che a farli funzionare una laurea non basta.
Onore a SwissPass, la chiave per la mobilità elvetica: peccato che la serratura abbia problemi grandi assai.
Grazie a ÖBB e DB, senza di loro non sarei riuscito a partire.
Dimenticavo… la prossima volta a Zurigo ci vado in autobus, uno di quelli verdi con decorazioni arancioni: non si devono fare cambi, ci vuole più o meno lo stesso tempo, il biglietto si fa in due minuti su un sito così facile da usare che più facile non si può e per giunta il biglietto costa meno della metà di quello ferroviario.
Siamo un paese formidabile!