Si inseguono traguardi, si spera che arrivi qualcuno che sappia guidare verso il successo o almeno possa ispirare le mosse migliori. Capita in tutti i momenti difficili.
Il 17 aprile scorso è volato in cielo Elserino Piol e, con la sua scomparsa, mi sono tornati alla mente la dozzina di anni trascorsi insieme a lui.
L’ho conosciuto sessantaquattro anni fa. Per me era l’inizio del lavoro in Olivetti e lui era già un manager affermato del settore dell’informatica (la Olivetti Bull – società costituita in collaborazione con la Bull francese e guidata dall’ing. Ottorino Beltrami).
Il primo incontro fu del tutto particolare e illuminante, capace di sintetizzare il suo rapporto con il lavoro e con i dipendenti, dissonante con l’odierna concezione di disumanizzare le relazioni interne alle organizzazioni.
Dopo un primo colloquio con un giovane selezionatore dell’Olivetti (quel Furio Colombo che di strada ne ha poi fatta tanta…) che nella primavera del 1959 mi segnalò al settore informatico, fui richiamato a Milano con un appuntamento a “Palazzo uffici” in via Clerici il giorno di Ferragosto.
Arrivai stralunato in una città deserta, presentandomi come un pellegrino in un palazzo altrettanto deserto. Non c’era anima viva.
La guardia all’ingresso mi indicò la strada per raggiungere la persona che mi stava aspettando. Dopo un viaggio solitario in ascensore e la camminata nei lunghi corridoi raggiunsi finalmente l’ufficio. Al mio affacciarmi un gran vocione mi invitò a sedermi dinanzi alla sua scrivania.
Era Elserino Piol, che – dopo un colloquio di circa mezz’ora – mi disse che mi avrebbe ingaggiato con una borsa di studio per fare un corso, al termine del quale sarei stato assunto in modo definitivo. E così fu.
Nell’inverno dello stesso anno Piol mi comunicò che sarei dovuto andare ad avviare l’Esattoria Comunale di Messina, liquidandomi con una indimenticabile battuta: “così non dovrai metterti la maglia di lana”…
Cominciai così a capire le prime due importanti caratteristiche del Piol manager e intelligente attuatore dei futuristici propositi di Adriano Olivetti: il desiderio che i suoi collaboratori lavorassero senza vincoli d’orario e festività e la cordialità del rapporto che il management Olivetti aveva con i propri dipendenti. La sua terza peculiarità la sperimentai dopo qualche mese di lavoro in Sicilia: era il senso commerciale che non l’abbandonava mai. Piol, anche se disponeva di una valida rete operativa periferica, voleva mantenere un costante contatto diretto col Cliente finale.
La sua infinita versatilità è testimoniata dai tanti incarichi dirigenziali nelle diverse organizzazioni cui l’azienda diede vita per razionalizzare il business, come la fusione nella Divisione Elettronica Olivetti (DEO) di tutte le attività elettroniche (compresa la Olivetti Bull) o la creazione della Olivetti General Electric.
Un maestro del cambiamento e dell’evoluzione che ha contribuito a rendere indolori e quasi impercettibili le “mutazioni” aziendali senza farne sentire il peso a quei duemila dipendenti che nel frattempo erano stati impiegati nel settore informatico.
Nel 1965 fu nominato Direttore marketing con responsabilità anche sulla pianificazione dei prodotti dell’azienda madre Olivetti. Quando mi richiamò a Ivrea per collaborare a stretto contatto con lui, quell’anno o poco più fu l’opportunità per maturare grandi nuove esperienze e straordinarie competenze tecniche e manageriali. Potei seguirlo nell’evoluzione dei prodotti elettronici, dall’Elea alla Programma 101 (il primo personal computer a livello mondiale). Era una fucina d’idee, aveva rapporti con mezzo mondo, parlava inglese e francese (magari in modo un po’ maccheronico ma si faceva capire a livello internazionale). Io lo lasciai nel 1970 per essere assunto prima dalla Philips e poi dalla Siemens, due multinazionali di primaria rilevanza sull’elettronica, ma mai più ho trovato un General Manager delle stesse capacità professionali e umane di Elserino Piol.
Se la mia testimonianza diretta si chiude qui, la sua carriera è proseguita proporzionalmente alle sue doti professionali e umane.
Mi spiace non aver vissuto con lui le tante avventure che sono seguite, a cominciare dall’incontro che Piol ebbe con Steve Jobs in quel garage in cui iniziò l’epopea della Apple. Talent scout eccezionale, aveva infatti trovato modo di ottenere per la Olivetti il 20% di quella che allora è solo una start-up: sarebbe bastato un investimento di 200mila dollari che l’ingegner De Benedetti (in quel momento al vertice del Gruppo di Ivrea) non ritenne interessante fare…
Conoscendolo come un vulcano di idee rivoluzionarie, mi chiedo adesso cosa stia combinando in Paradiso…