Dal giorno in cui la Russia ha invaso l’Ucraina il posizionamento dell’Unione Europea nei confronti della Russia di Putin è stato di ferma condanna e di solidarietà verso la popolazione Ucraina e il governo di Zelensky. Posizione ispirata alla linea degli Stati Uniti che da tempo sostenevano economicamente e militarmente gli Ucraini. Non si dimentichi l’appoggio alla cacciata di Ianukovich, filo Russo, nel 2014 e la famosa frase pronunciata da Victoria Nuland allora Segretario di Stato aggiunto americano e responsabile per i rapporti con l’Unione Europea, “Fuck Europe” (l’Europa si fotta), che plasticamente sancì l’intromissione americana dietro il rovesciamento del governo gradito a Mosca, come la più classica delle operazioni USA in salsa sudamericana.
Il fatto che la risposta di Bruxelles all’indomani dell’invasione fosse così immediatamente brusca e completamente schierata sulle posizioni Americane escludendo qualsiasi tipo di ipotesi di mediazione, ha dato la sensazione che la preoccupazione principale dei leader europei fosse quella di offrire un’immagine di unità e di compattezza. Immagine che a distanza di un anno appare del tutto appannata, anzi in realtà si sono create varie Europe che hanno sensibilità completamente diverse verso la questione Ucraina. Si pensi alle posizioni di Polonia e dei paesi Baltici, e di contro quella tedesca e francese. Oppure la lontananza di Spagna, Portogallo e Grecia. E dietro una dialettica abbastanza comune si nascondono in realtà insofferenze e preoccupazioni nazionali diverse e contrastanti.
Sembrerebbe dunque un’altra occasione persa per stabilire e affermare un ruolo di un’Europa diversa.
Dopo il termine della Seconda guerra mondiale non era più possibile ipotizzare un ruolo egemone dell’Europa, ridotta ormai ad un cumulo di macerie. Le due potenze vincitrici erano gli Stati Uniti e la Russia: le due uniche superpotenze globali, che da quel momento in poi e per tutta la durata della guerra fredda hanno regolato il mondo secondo due ordini mondiali: quello Americano e Russo appunto. Chi ipotizzava una Europa Unita in quel “brodo primordiale” vedeva l’Europa non come una super potenza, ma come un baricentro di equilibrio tra Ovest ed Est.
Un polo aperto al dialogo ed allo sviluppo economico, in grado di garantire quelle istanze sociali e di welfare indispensabili per coniugare crescita e rispetto dei diritti. Un centro nel quale una maggiore richiesta di integrazione non veniva vista con sospetto e rigettata, ma accolta come possibilità di sviluppo e di miglioramento. Il rifiuto della “superiorità”, considerata dai filosofi greci come il maggior peccato di un individuo. L’Europa come “logos”, mediazione tra ovest, est ed il mediterraneo, centro principale dei nostri interessi. Certo rimanendo ben attaccati alle nostre radici Occidentali che ci hanno formato: i valori della scienza, illuministici, filosofici, ma aperti al dialogo con le altre Civiltà e con altri sistemi politici.
E qui bisogna anche chiarire che le Potenze egemoni fanno il loro mestiere. Secondo la dottrina Realista le potenze sono unicamente interessate al bilanciamento (in loro favore) degli equilibri delle forze in campo. Non interessa di che colore politico l’altra potenza sia. Non distingue tra democrazia, comunismo, fascismo o altro. Per il realismo geopolitico ogni Potenza è come una scatola, che si muove nel suo interesse, orientata a massimizzare il suo potere e la sua sfera di influenza. Quando dunque si parla di intervenire per difendere i valori democratici, spesso si vuole ideologizzare una precisa azione per mascherare il reale interesse di potere. Tutto qui.
Tra il 1991 (Implosione dell’impero Sovietico) e il 2017 gli Stati Uniti hanno agito in un mondo unipolare, dove loro erano l’unica “scatola” che agiva indisturbata nel pianeta ed imponeva le sue regole, la sua moneta, al restante mondo. La Cina non era una scatola che potesse in alcun modo minacciare alcunché, anzi; era vista come una grandiosa occasione di profitto. Circostanza questa che insieme al cambiamento di politica economica voluto da Deng Xiaoping ha determinato quella che è stata la spettacolare crescita cinese di questi ultimi 30 anni. Ma così è successo che una seconda “scatola” si è venuta a determinare nel panorama mondiale e dunque secondo le ovvie regole del realismo politico nuove tensioni si stanno generando. Pericolose tensioni, ammantate come si è già detto, ma è bene ribadirlo, da un substrato ideologico che nulla ha a che vedere con la sostanza delle cose. Ogni Potenza fa il suo lavoro. L’Unione Sovietica era una super potenza. Ora la Russia non lo è più, almeno non soddisfa tutti i criteri che definiscono una super potenza. Gliene rimangono però due e sono comunque notevoli: quasi 6000 testate nucleari ed una estensione territoriale che copre 11 fusi orari, ricca di tutto ciò che serve al resto del mondo per crescere e progredire economicamente.
Purtroppo, quando si diventa deboli le altre “scatole” non sono molto pietose nel concedere una tregua. Ed è così ad esempio che la Russia suo malgrado ha visto rigettate tutte le sue istanze politiche a salvaguardia di quegli interessi vitali che vedeva come irrinunciabili. Gli USA non hanno concesso nulla.
I Russi hanno cercato di applicare la dottrina “Monroe” a quella che loro ritengono la loro irrinunciabile sfera di influenza. La stessa dottrina che gli Stati Uniti hanno applicato dal 1823, anno in cui il loro Presidente, da cui la dottrina prende il nome, affermò che gli Stati Uniti non avrebbero mai accettato nell’emisfero Ovest nessuna ingerenza esterna. Ecco perché i missili a Cuba non potevano essere tollerati.
E dunque l’Europa?
La “Ostpolitik” promossa dal Cancelliere tedesco Willy Brant tra la fine degli anni 60 e l’inizio dei 70 non era orientata solamente al progetto di una riunificazione politica delle due Germanie ma era una visione politica dell’Europa con un ruolo di cerniera tra est e ovest. Dove sono finiti quegli insegnamenti? Dov’è finita la forza dirompente di Mitterand ed il suo sogno per una Europa non utopistica, ma possibile, che per prima cosa scongiurasse il ripetersi della Guerra considerato, dopo due guerre mondiali scatenate in Europa, il male assoluto? Dove sono De Gasperi, Spinelli, Schuman, Adenauer?
Oggi assistiamo alle farneticazioni bellicistiche di politici di basso rango, spesso non eletti da votazioni popolari, ma figli di un establishment sempre meno riconosciuto dai cittadini, che fanno da megafono a politiche non europee e contrari ad i nostri più elementari interessi.
È di qualche ora fa una notizia che riporta la richiesta del Ministro degli Esteri Lituano, Gabrielus Landsbergis, ad accelerare le sanzioni contro alcune aziende cinesi colpevoli a suo dire di non rispettare le regole di embargo anti- Russia. Un piccolo megafono che fa eco alle posizioni ormai intraprese dagli Stati Uniti contro la Cina e che vengono richieste anche agli alleati europei.
A dirla tutta, ma proprio tutta, la strada sembra segnata. È stato abbandonato il sogno di una Europa, non egemone o Potenza, non “scatola”, ma capace di esprimere una politica propria che contenesse le nostre radici e fosse capace di recepire le istanze del lavoro, del welfare, della tolleranza, e della integrazione, e allo stesso tempo dialogare con Est e Ovest e mantenere la pace in casa propria come bene supremo. Siamo ormai destinati ad essere una “Provincia”. Come hai tempi dell’Impero Romano; alcune di esse potevano godere di un certo grado di libertà o autonomia, che dipendeva molto dalla situazione del momento e dalla convenienza di Roma. Alcune provincie non stavano affatto male, anzi in alcuni casi hanno prosperato sotto il dominio romano.
Ma erano Provincie.