Nel novembre 2014, un giornalista di Esquire ha intervistato 90 membri del Congresso americano chiedendo non più di 10 minuti del loro tempo per spiegargli come mai la politica non lavorasse per il bene dei cittadini. Le chiacchierate sono state sorprendenti, perché quello che doveva essere un atto di accusa nei confronti dei politici si è trasformato in una seduta d’ascolto di tutte le loro lamentele.
Dopo le prime interviste ha smesso di chiedere “Come mai non sapete fare il vostro lavoro?” e si è messo ad ascoltare, come se tutti volessero condividere la loro sofferenza con il giornalista e fargli capire che lavorare nel Congresso è un lavoro terribile.
La maggior parte degli intervistati è frustrata quanto i cittadini per l’impossibilità di andare oltre gli interessi di partito, le pressioni delle lobby e i media che ottengono più audience stimolando il conflitto. Quasi tutti i membri del Congresso trovano che il lavoro più gratificante sia trovare punti in comune con i colleghi dell’altro partito e lavorare per una legislazione che unisca invece di dividere. “Ma a nessuno interessano quelle cose” disse Morgan Griffith, repubblicano della Virginia.
Un repubblicano che ha chiesto l’anonimato ha detto “Anche se sembra il contrario, non ci odiamo… Siamo civili, curiosi di conoscerci e trovare aree di consenso, su cui possiamo fare progressi. La gente è sbalordita quando dico queste cose, perché dall’esterno sembra tutto così negativo”
Nel congresso nascono amicizie e a titolo informale democratici e repubblicani prendono il caffè insieme e parlano di come potrebbero preparare un testo condiviso. Ma puntualmente arriva uno e dice “ti stimo ma non ho alcun interesse a scendere a compromessi. I miei elettori non mi hanno mandato qui per lavorare con te, ma per bloccare le tue iniziative”
Alcuni hanno ammesso di odiare la politica e di essere depressi perché non riescono a fare niente di buono. “Questo è ciò che succede quando non fai un lavoro che abbia un senso, uno scopo”, ha detto Michelle Lujan Grisham, rappresentante del New Mexico.
E in Italia?
Chissà se anche da noi i Politici sono frustrati perché al tempo stesso sono cittadini e quando tornano a casa si confrontano con le loro famiglie e amici. Politici che per appartenenza politica sono costretti a fare delle scelte ma come cittadini ne farebbero altre. Alcuni soffrono questa incoerenza ancor di più perché hanno vissuto in più governi e oggi sostengono il contrario di ciò che sostenevano prima.
Prendiamo i burocrati, quelli a cui arriva la palla quando i Politici hanno fatto (o non hanno fatto) il loro lavoro. Da qualche parte c’è sicuramente un burocrate che deve frenare una pratica per mantenere la poltrona, ma suo cognato per aprire un bar deve chiedere 72 autorizzazioni. Nella Pubblica Amministrazione potremmo trovare il cugino del costruttore che ha portato i libri in tribunale perché la Pubblica Amministrazione ha ritardato i pagamenti.
Ai politici che vogliono fare del bene non mancano i migliori contributi. Per ogni dossier, esperti, cittadini, giuristi, membri ed ex membri di commissioni parlamentari, strateghi, commissioni e comitati sfornano libri bianchi, piani attuativi per poter utilizzare fondi stanziati. Esistono associazioni per diffondere la cultura della trasparenza, per snellire le burocrazie, ma spesso muoiono perché si stancano del loro insuccesso. Giornalisti come Milena Gabanelli e giuristi come Aldo Travi hanno le risposte già pronte per agire su politica e burocrazia insieme
Se è così, allora perché i politici non si ribellano? Perché non rispondono piccati a chi li accusa di essere distanti e disinteressati?
Come ad esempio Sergio Fabbrini, professore ordinario di Scienza Politica e Relazioni Internazionali e Direttore del Dipartimento di Scienze Politiche presso la LUISS Guido Carli: “I vari rappresentanti degli interessi pensano ad entrare nel mondo degli eletti e non a difendere l’agenda nazionale del Paese. La stampa è per molti aspetti suscettibile alle correnti predominanti. Non assolve un compito di critica verso queste correnti.”
Perché i Politici non si ribellano contro chi li accusa di misurare il loro successo in base a quanti provvedimenti riescono a bloccare e a quanto rumore possono generare sui media, di voler annientare quanto di buono si è fatto in precedenza solo per assumere la paternità di un loro progetto? Perché non riescono ad agire in modo propositivo e non solo reattivo, in modo strategico, identificando progetti di interesse universale, da gestire con ottica a lungo termine e con continuità, con strutture e infrastrutture non bloccabili con provvedimenti reversibili?
La soluzione c’è. Fra le spese per la gestione del parlamento, aumentiamo la voce “Feste, eventi e cotillon”. Creiamo occasioni di contatto informale, al di fuori delle sedute delle commissioni, delle bagarre in aula, dove un dem dalla buona voce canta accompagnato dalla chitarra di un forzista o un fratello d’Italia cuoco cucina anche per i verdi.