Mai sentito parlare dell’AMOC, Atlantic Meridional Overturning Circulation? In italiano “capovolgimento meridionale della circolazione atlantica”.
Si tratta di un’importante corrente oceanica. L’acqua calda degli strati superficiali dell’Atlantico si muove dalle zone tropicali verso nord. A sud-est della Groenlandia e nei pressi dell’Islanda, si raffredda e aumenta di salinità. Diventa più densa e scende in profondità per tornare indietro verso l’equatore dove la temperatura aumenta, la densità diminuisce, facendola così risalire.
Un gigantesco nastro trasportatore che muove 15 milioni di metri cubi di acqua al secondo, componente della circolazione termoalina, la cui importanza è fondamentale nella regolazione del clima del nostro pianeta.
La circolazione termoalina (vedi fig.2) è la componente della circolazione globale oceanica causata dalla variazione di densità delle masse d’acqua. La densità è determinata dalla temperatura (termo-) e dalla salinità (-alina).
Fig. 1 Circolazione termoalina
Torniamo da AMOC. Negli ultimi anni, è stata registrata un’attenuazione della sua circolazione, sta rallentando, potrebbe fermarsi.
Ricercatori ed esperti del settore hanno seri sospetti che la causa sia da ascriversi alle modifiche climatiche in atto.
Le valutazioni dell’IPCC, Intergovernmental Panel on Climate Change, affiliato alle Nazioni Unite (Gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico), basate sulle simulazioni del CMIP, Coupled Model Intercomparison Project, progetto di modellazione per migliorare la conoscenza dei cambiamenti climatici, avviato nel 1995 dal WCRP, World Climate Research Programme (programma mondiale di ricerca sul clima), dicono che il collasso di AMOC nel XXI secolo è altamente improbabile.
Non tutti sono d’accordo. Anzi.
Un recente studio dal titolo “Warning of a forthcoming collapse of the Atlantic meridional overturning circulation” (Segnali di pericolo del prossimo collasso del capovolgimento meridionale della circolazione atlantica), pubblicato da Nature Communications, volume 14, articolo 4254, il 25 luglio scorso, è di parere diverso.
In base alle osservazioni e alle valutazioni statistiche, gli autori stimano possibile il collasso dell’AMOC in tempi molto più rapidi. Nel peggiore dei casi intorno al 2025. Nel migliore si parla del 2095.
Avremmo a che fare con quello che viene chiamato un “Tipping point”, un punto di non ritorno. I tipping points possono essere definiti come delle soglie critiche, che una volta superate possono causare cambiamenti al sistema a cascata e irreversibili, modificando in modo significativo gli equilibri complessivi.
“Siamo spaventati dai nostri stessi risultati. Abbiamo verificato, controllato e ricontrollato, credo che abbiamo ragione. Ovvio che possiamo essere in errore, spero proprio che lo siamo”, ha affermato Susanne Ditlevsen, statistica dell’Università di Copenhagen e coautrice dello studio summenzionato.
Il team di ricerca ha usato i valori di temperatura delle acque superficiali dell’Atlantico, dagli anni 1870 a oggi, come indicatore dello stato di salute dell’AMOC. Sono stati in grado di confrontare le temperature prima e dopo l’inizio dell’uso su vasta scala dei combustibili fossili e conseguente aumento della concentrazione dei gas a effetto di serra. Compensando i dati con il generale aumento di temperatura del pianeta, hanno ottenuto evidenza sperimentale della riduzione della temperatura dell’acqua del nord Atlantico e il valore del suo gradiente, ovvero della velocità di raffreddamento. Estrapolando i dati hanno ricavato l’orizzonte temporale della possibile soglia critica: fra il 2025 e il 2095.
Il dibattito scientifico sulla rapidità del declino del sistema di correnti atlantiche e su come prevederne l’evoluzione è molto acceso. Le opinioni divergono, ma tutti concordano sul dato di fatto, misurato, che l’Artico si stia riscaldando 4 volte e mezza più rapidamente del resto del pianeta.
Il suo ghiaccio sta sciogliendosi in ragione di 150 miliardi di tonnellate all’anno. Quello della Groenlandia pure. Un diluvio di acqua dolce che, per la dinamica sopra descritta, essendo meno densa di quella marina, causa la riduzione della quantità di acqua della corrente che torna in profondità, quindi la riduzione dell’energia a disposizione e dunque della capacità di trasporto del nastro trasportatore. Fino al suo eventuale arresto.
Le conseguenze possono essere violente e globali. Lasciando perdere le catastrofi descritte nel film “The Day After Tomorrow” (“L’alba del giorno dopo”), l’Europa intera diventerebbe significativamente più fredda. Qualcosa di simile alle attuali condizioni del nord del Canada.
Nelle simulazioni, il collasso dell’AMOC raffredda il Nord Atlantico e riscalda quello meridionale, il che comporta drastiche modifiche nella distribuzione delle precipitazioni nel mondo, compreso il sistema dei monsoni.
L’arresto dell’AMOC potrà innescare massicce migrazioni, impatterà il sistema ecologico, quello delle produzioni agricole e modificherà la distribuzione delle risorse ittiche.
Il condizionale è d’obbligo perché studio e conclusioni si basano sull’ipotesi che la temperatura superficiale dell’acqua sia indicatore valido e significativo delle dinamiche dell’AMOC, anche se si tratta solo di una delle componenti del sistema.
Non considerare le interazioni aria-acqua, lo scambio di calore fra l’atmosfera e gli oceani., può introdurre un errore sistematico capace di invalidare il modello usato per le previsioni.
Le misurazioni da satellite dell’AMOC, che comprendono temperatura superficiale, salinità e velocità della corrente, disponibili dal 2004 grazie al programma RAPID (https://rapid.ac.uk/about.php), sono state utilizzate per rafforzare il modello, ma quando venne avviato RAPID l’ipotesi di lavoro era che occorressero 40 anni di dati per farsi un’idea del comportamento dell’AMOC, per verificarne l’eventuale rallentamento.
Non è chiaro quale sia il tempo proprio dell’AMOC. Dal 2004 al 2010 è andata rallentando per poi riprendersi negli anni successivi.
Perché non si sa.
I modelli in uso non sono in grado di spiegarne i motivi o il motivo. L’evidenza sperimentale, osservazioni e misure, rilevano segnali deboli, di allerta precoce, di un possibile collasso della corrente che i modelli non vedono.
I modelli sono più conservativi di quanto non lo sia la natura. Qualcosa non torna.
Quello che accadrà in Groenlandia determinerà l’evoluzione futura. 400 mila anni fa era libera dai ghiacci. La temperatura del pianeta era più o meno quella di oggi. L’anidride carbonica presentava concentrazioni molto più basse di quelle attuali.
Dunque la possibilità di un rapido scioglimento della calotta glaciale groenlandese è motivo di allarme. Dovesse accadere, l’apporto di acqua dolce al nord Atlantico sarebbe tale da fare salire di mezzo metro il livello medio degli oceani e di fare collassare l’AMOC.
Di certo si ha a che fare con un sistema complesso la cui evoluzione è altamente incerta. Ne sappiamo poco, però se continua il riscaldamento globale, l’AMOC si fermerà. L’incertezza, compito della scienza ridurla, è determinare quando.
Il vero problema è che quando sapremo quando, sarà troppo tardi. Forse.