L’aver fatto il pendolare per anni mi ha vaccinato. Non mi stupisco più di nulla, temendo solo che i disagi un domani vengano contabilizzati e determinino un sovrapprezzo etichettato come “PLUS – Avventure nel mondo”.
Effettivamente quasi 7 ore di ritardo, su un tragitto che ci si vanta venga percorso in più o meno 3 ore, significa anzitutto che i viaggiatori hanno occupato il proprio posto a sedere tre volte tanto il tempo per il quale hanno pagato il biglietto. In secondo luogo l’esperienza estrema è giusto che abbia un suo prezzo aggiuntivo perché – senza andare nel Terzo Mondo – provare certe sofferenze tempra lo spirito, concede tempo alla riflessione in un mondo frenetico e stressante, distrae da scadenze e obiettivi temporali, incita a non avere una agenda rigida e fitta di impegni “schedulati” ad un ritmo oggettivamente esagitato.
Il piacere del sapere che si parte e del non conoscere se e quando si giunge a destinazione è impagabile e quindi non si capisce il perché di chi ieri si lamentava per una permanenza a bordo superiore al previsto. Il rimbombare di bestemmie, che avrebbero fatto invidia ad un fabbro triestino che si martella un dito sull’incudine, è indice di scarso rispetto dei valori religiosi e soprattutto di una significativa lacuna in termini di self control.
La “presenza di estranei in galleria” che ha paralizzato il tratto Bologna-Firenze dell’Alta Velocità probabilmente non rientrava nei dettagliati piani per la sicurezza dei trasporti. Chi si occupa di “security” forse non ha ritenuto di prevedere una simile evenienza o vi ha attribuito un valore ponderale talmente basso da non suggerire l’adozione di misure preventive (evitare che accada qualcosa di simile) o di procedure di individuazione, localizzazione ed evacuazione (trovare e tirar fuori di lì chi si è intrufolato compromettendo la circolazione dei treni).
Già nei giorni passati si erano verificati inconvenienti (chiamiamoli così per non calcare sadicamente la mano) connessi a problemi di alimentazione elettrica che hanno azzoppato i convogli sulla medesima linea.
Senza fretta (mi rendo conto che faccia caldo e che incombono le ferie di chi dovrebbe occuparsene) sarebbe il caso che qualcuno provasse a fare un “resumè” di quello che è successo e sta accadendo e soprattutto tentasse di guardare in prospettiva uno scenario che potrebbe diventare sempre meno rassicurante.
Non c’è bisogna di ipotizzare incursioni terroristiche, perché come ieri sono sufficienti un paio di cretini che si infilano a piedi in galleria oppure un animale che si fa trovare in mezzo ai binari.
In un’epoca in cui tutti parlano di sicurezza cibernetica con la stessa disinvoltura con cui chi siede al bar incarna Helenio Herrera o un più recente Mourinho e disquisisce di calcio, varrebbe la pena limitarsi a constatare quel che non funziona. La nostra arretratezza tecnologica e la fragilità di quelle che eufemisticamente chiamiamo “infrastrutture critiche” non appassionano gli hacker che non amano “vincere facile”. Come ripeteva Riccardo Pazzaglia in “Quelli della notte”, qui “il livello è basso” e la cronaca impietosamente lo sottolinea con sgradevole frequenza…
Che sia venuto il momento di fare qualcosa? Come a scuola, vista una sostanziale impreparazione, si può cominciare con “un argomento a scelta”.