Non è lui, ma sembrerà davvero lui. L’incipit evoca persino un giovanissimo Ezio Greggio alle prese con il sedicente pittore Teomondo Scrofalo a “Drive In” e fa venir voglia di esclamare “E’ lui? Cerrrrrrto che è lui…”.
In realtà stiamo parlando di un clone digitale del famoso attore, copia creata utilizzando una tecnologia di intelligenza artificiale simile a quella utilizzata per generare i cosiddetti “deepfake”. L’apparentemente resuscitato James Dean – quello di “Gioventù bruciata” – camminerà, parlerà e interagirà sullo schermo con altri attori del film come se davvero fosse tornato miracolosamente tornato tra noi.
Non si tratterebbe di una vera novità ma di una specie di seconda volta: il clone digitale di Dean già nel 2019 sembrava dovesse prendere parte al film “Alla ricerca di Jack” ma alla fine la “partecipazione” è stata cancellata.
Questa volta però – almeno secondo la BBC – il celebre attore scomparso prematuramente il 30 settembre 1955 a soli 24 anni reciterà invece in “Ritorno all’Eden”, un film di fantascienza il cui slogan promozionale è “una visita fuori dal mondo per trovare la verità conduce a un viaggio attraverso l’America con la leggenda James Dean”.
La clonazione digitale di Dean rappresenta anche un cambiamento significativo nella definizione dei limiti di ciò che è possibile realizzare artificialmente. Non solo il suo avatar sarà in grado di svolgere un ruolo sullo schermo in questo e e in una serie di film successivi, ma sarà capace anche di interagire con il pubblico in piattaforme interattive tra cui realtà aumentata, realtà virtuale e giochi.
Il progresso ormai riesce a sfornare risultati incredibili. La tecnologia va ben oltre la ricostruzione digitale passiva o la tecnologia deepfake che sovrappone il volto di una persona al corpo di qualcun altro.
Aumenta la prospettiva che gli attori – o chiunque altro – raggiungano una sorta di immortalità che sarebbe stata altrimenti impossibile, con carriere che vanno avanti molto tempo dopo la fine delle loro vite.
Queste “novità” sollevano anche alcune domande cui è oggettivamente difficile dare risposte. Chi detiene i diritti sul volto, la voce e il personaggio di qualcuno dopo la sua morte? Quale controllo possono avere sulla direzione della loro carriera dopo la scomparsa di questo o quel soggetto: un attore che si è fatto un nome recitando in drammi grintosi potrebbe improvvisamente essere fatto apparire in una commedia sciocca o addirittura in qualche sequenza pornografica? E se potessero essere utilizzati per promozioni gratuite di un determinato marchio nei suoi passaggi pubblicitari?
Se i morti – o meglio, i loro cloni digitali – sono condannati a sopportare un’eternità di lavoro, chi ne trae vantaggio economico? E i morti hanno dei diritti?
Le regole sono di difficile applicazione e in qualche angolo del mondo nemmeno esistono. Qualcuno pensa di metterci mano o siamo di fronte ad un nuovo Far West?