Quando ho concepito l’idea di fare una carrellata panoramica sui Papi che sinora si sono alternati sul soglio di Pietro lungo il mio percorso di vita, non immaginavo proprio che si sarebbe creato tanto sincero interesse su un tema notoriamente abbastanza specialistico. Ho ricevuto molti effetti retroattivi sull’articolo precedentemente edito da Giano.news e dedicato a Giovanni XXIII, mi sono infatti pervenuti dei notevoli feedback, come sono ben indicati e riassunti da un anglicismo della lingua italiana.
Come vi ho precisato essendo nato nel 1962 ho si ricevuto qualche messaggio dal Papa Buono, ma non posso certo averne memoria, ero troppo piccolo. Invece tra i vari contributi che mi sono giunti, uno mi ha particolarmente colpito ed impressionato ed è quello del nostro Decano di redazione Gian Paolo Di Raimondo che nonostante la sua veneranda età contribuisce sempre con alacri attività a fornirci tanti contributi su temi etici particolarmente delicati. Ebbene ho scoperto, grazie anche ad alcune conversazioni telefoniche effettuate con Gian Paolo che lui ha conosciuto di persona Giovanni XXIII, diventando in seguito anche un ottimo specialista vaticanista poiché ha corroborato questa sua passione con innumerevoli studi teologici effettuati in rinomate università ecclesiastiche capitoline. Pertanto insieme abbiamo deciso di collaborare per compilare una terza parte su Giovanni XXIII, in particolare incentrata sul Concilio Vaticano II
l’evento che ha maggiormente caratterizzato il Pontificato di Giovanni XXIII, evento nel quale il nostro Di Raimondo ha addirittura partecipato con il ruolo di giovane speranza dell’informatica, allora un settore innovativo, essendo stato colui che provvedeva a controllare le allora pionieristiche macchine calcolatrici dell’ Olivetti-Bull per il conteggio non facile delle schede di votazione del Concilio. Ma questa parte sarà l’ oggetto della fine dell’articolo descritta in un ricordo personale proprio da Di Raimondo.
Sul Concilio, va subito detto che sono state riportate molte interpretazioni e peraltro non ancora completamente analizzate. Comunque dovrebbe aprirsi un capitolo a parte in considerazione delle migliaia di pagine scritte dal 1965 ad oggi. Gian Paolo Di Raimondo ha preso in esame ed ha evidenziato le tante novità che, pur non avendo carattere dogmatico, ma prevalentemente pastorale, hanno inciso fortemente nella vita della Chiesa, quella cara a papa Roncalli, in particolare sull’unità e la libertà religiosa. La Dichiarazione sulla libertà religiosa (Dignitatis Humanae) in una sua parte afferma : “Il Concilio Vaticano II, avendo penetrato più a fondo il mistero della Chiesa, non esita ora a rivolgere la sua parola non più ai soli figli della Chiesa e a tutti coloro che invocano il nome di Cristo, ma a tutti gli uomini … dichiara che la persona umana ha il diritto alla libertà religiosa. Il contenuto di una tale libertà è che gli esseri umani come tali devono essere immuni dalla coercizione da parte dei singoli individui, di gruppi sociali e di qualsivoglia potere umano, così che in materia religiosa nessuno sia forzato ad agire contro la sua coscienza né sia impedito, entro debiti limiti, di agire in conformità ad essa: privatamente o pubblicamente, in forma individuale o associata”. Abbiamo accennato a l’importanza del Concilio e non si può che ribadire ed essere d’accordo con quello che sostiene Padre Enzo Bianchi
quando scrive che sul Concilio ci sia ancora una diffusa disattenzione. Speriamo che oggi finalmente si possa considerare giunto il tempo perché il popolo di Dio abbia la forza di ritrovare – come sollecitato dal Concilio – un rinnovato slancio missionario e un risveglio del fervore liturgico con una partecipazione entusiasta e numerosa alla vita ecclesiale. D’altronde la Storia insegna che occorrono decenni prima di una ricezione e di un consenso conciliare che apra un’attuazione creativa, tanto più per il Vaticano II che è stato, pur nella puntuale continuità della grande tradizione cattolica, un concilio che ha immesso il cattolicesimo in una nuova fase della storia, tentando una riforma, un “aggiornamento”, per usare il termine coniato e reso eloquente da chi il concilio aveva pensato e voluto: Giovanni XXIII”. L’apertura della Chiesa cattolica al processo ecumenico di tutti i cristiani, ai seguaci di altre religioni e addirittura ai non credenti per una nuova evangelizzazione che oggi papa Bergoglio persegue, è senz’altro stato avviato dai suoi predecessori, Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II, e Francesco lo riconosce spesso pubblicamente. Infatti, Giovanni XXIII, nella prospettiva di un aggiornamento riguardante tutta la vita della Chiesa, invitava a privilegiare la misericordia e il dialogo con il mondo piuttosto che la condanna e la contrapposizione, memorabile è l’aver voluto riformare il modo come il cattolicesimo si dovesse rapportare con l’ebraismo,
cioè con i nostri fratelli maggiori, in una rinnovata consapevolezza della missione ecclesiale che doveva abbracciare tutti gli uomini. Le varie confessioni cristiane furono invitate anch’esse a partecipare al Concilio per dare inizio ad un cammino di avvicinamento. Ma il Papa dell’unità andò ben oltre: la sua più conosciuta enciclica “Pacem in terris” la indirizzò, per la prima volta nella storia della Chiesa, a “tutti gli uomini di buona volontà” non solo ai cattolici, ma non solo ai cristiani, quindi ai fedeli di altre religioni e anche agli atei. Il prestigio e l’ammirazione universali si poterono misurare pienamente in occasione delle ultime settimane della sua vita, quando tutto il mondo si trovò trepidante attorno al capezzale del Papa morente e accolse con profondo dolore la notizia della sua scomparsa la sera del 3 giugno 1963. «Perché piangere? È un momento di gioia questo, un momento di gloria» sono state le sue ultime parole, rivolte al segretario, Loris Francesco Capovilla. Chiudiamo con delle chicche sul rapporto del Papa “buono” con tutto il variegato mondo delle persone senza sottostare a vincoli, pregiudizi ed esclusioni di sorta. Papa Giovanni, oltre al “sindaco santo” di Firenze, Giorgio La Pira,
un gigante del pensiero e dell’azione cattolica, incoraggiò la lavorazione del film capolavoro assoluto “Il Vangelo secondo Matteo” – di Pier Paolo Pasolini, che portò a compimento l’opera con grande maestria, nonostante gli attacchi della stampa moralistica contro un regista omosessuale che decideva di occuparsi di Gesù Cristo.
Pasolini non dimenticò questo sostegno del Papa “contadino” e all’uscita del film nel 1964, sopraggiunta la morte di Papa Giovanni, dedicò il film “Alla cara, lieta e familiare memoria di Giovanni XXIII”.
Il grande concilio dell’era moderna voluto da Giovanni XXIII ha già compiuto 60 anni e da qui ad ottobre (ricorrenza dell’apertura 11 ottobre 1962) si continueranno a susseguire le discussioni e i bilanci storiografici dei documenti approvati. Soprattutto il dibattito si svolgerà in seno alle varie correnti di pensiero: di chi insiste sulla novità delle decisioni e la rottura in relazione al passato (ermeneutica della discontinuità) e di chi fa invece rientrare i suoi insegnamenti nell’ambito del rinnovamento nella continuità della storia della Chiesa (ermeneutica della continuità). Per non parlare di coloro che hanno considerato il Concilio una sciagura per la Chiesa; per fortuna pochi, ma ce ne sono ancora. Lungi dal voler minimamente partecipare ad un approfondita analisi sui contenuti del Concilio, si può effettuare una valutazione di come un semplice fedele abbia recepito il rinnovamento conciliare nella forma liturgica, nel chiarimento di alcuni concetti teologici e nella sostanza dei rapporti con l’insieme dei cristiani. Questo credo potrebbe, anzi dovrebbe, esser fatto da ciascun cattolico: “rileggere il Concilio” senza voler continuare a dibattere esclusivamente su come interpretare la sua novità rispetto al passato. La Chiesa, non solo deve conservare, ma aumentare la partecipazione dei fedeli al cammino della comunità cristiana per conoscere sempre più ciò che ha fatto e continua a fare Cristo per l’uomo nella storia della salvezza. E questo è stato l’obiettivo che ha animato il Concilio Vaticano II, concretizzando l’ispirazione profetica di Giovanni XXIII che intendeva aprire le porte della Chiesa a tutti i popoli della terra. Per confermare la visione giovannea dell’universalità del cattolicesimo ci piace ricordare che è stata proprio la lettera enciclica “Pacem in terris” indirizzata l’11 aprile 1963, per la prima volta anche a “tutti gli uomini di buona volontà” e non solo ai cattolici. Il rinnovamento della liturgia del Sacrosantum Concilium, soprattutto con l’inserimento dell’uso delle lingue nazionali, ció ha realizzato con successo la condivisione delle celebrazioni liturgiche di tutto il popolo cristiano: Joseph Ratzinger, poi Papa Benedetto XVI, allora un giovane professore,
fu chiamato a partecipare dal 1962, al Concilio Vaticano II, dove acquisì notorietà internazionale. Inizialmente partecipò come consulente teologico dell’arcivescovo di Colonia Josef Frings e poi come perito del Concilio, su interessamento dello stesso Frings, fin dalla fine della prima sessione. Risulta interessante sottolineare che Ratzinger, grazie al cardinale Frings che lo teneva aggiornato, poté consultare regolarmente gli schemi preparatori (schemata) che sarebbero stati presentati ai Padri dopo la convocazione dell’assemblea conciliare, Ratzinger che era al Concilio nelle vesti di segretario del Cardinale Frings, a cui scriveva tutti gli interventi, commentò in seguito l’importanza della partecipazione attiva dei fedeli ai riti religiosi come la vicinanza dell’uno con l’altro che dicono insieme “Padre nostro”. Certamente la liturgia post-conciliare rende maggiormente tangibile la presenza di Cristo, enfatizza il culto che la comunità rende a Dio, evita di precipitare nell’isolazionismo dell’attualizzazione del Mistero pasquale. Chi ricorda ed ha vissuto le funzioni celebrate prima del Concilio, concorda certamente che, oltre alla scarsa partecipazione per l’incomprensione del latino, si percepiva nettamente il senso di isolamento del fedele rispetto al celebrante. Come ogni Concilio (la Chiesa ne ha celebrati 21), il Vaticano II con i suoi 16 documenti approvati (4 costituzioni, 9 decreti, 3 dichiarazioni) rappresenta un Supremo Magistero della Chiesa che, pur non essendo in assoluto vincolante per esigere l’assenso incondizionato di tutti (vescovi, preti, popolo di Dio) impegnandone la fede, richiede comunque un religioso ossequio interno e esterno. Lo stesso papa Giovanni, in apertura del Concilio, ne aveva imposto i limiti ed enunciato il significato: non la condanna degli errori né la formulazione di nuovi dogmi, ma l’adeguamento della verità rivelata “al mondo contemporaneo, alla sua mentalità e cultura”. Desidero, in questa sede, accennare solo a due indirizzi teologici e mariologici che emergono chiaramente dal Concilio. L’invito di Giovanni XXIII alla partecipazione del teologo Karl Rahner
fu determinante perché si attuasse una sensibile svolta antropologica impressa alla teologia: l’uomo come interlocutore con Dio tramite la grazia, l’uomo che con il battesimo riceve le virtù teologali (fede, carità e speranza) e infine l’uomo Dio che con il mistero pasquale ci ha fatto superare la morte e ci ha redenti per aprirci le porte del Regno e della vita eterna. Secondo Rahner, quindi, non si può fare teologia senza passare necessariamente per l’uomo. Da un tale assunto è consequenziale giungere al riconoscimento di quanto anche gli appartenenti a fedi diverse dalla cristiana – così come i non aderenti ad alcuna fede – possano essere portatori di verità. Credo sia necessario fare un’ulteriore considerazione su come il Concilio colloca Maria Santissima “nel mistero di Cristo perennemente riproposto dalla Chiesa” e la pone in un contesto “storico salvifico”. I mariologi oggi, infatti, ritengono di poter parlare di Lei solo partendo dalla sua posizione all’interno del piano salvifico divino. Il Concilio, sulla Madre di Gesù, ha fatto chiarezza nel capitolo VIII della Lumen gentium (n.ri 60, 61, 62, 63) evitando il pericolo che alcuni eccessi del culto mariano potessero travalicare quello del Cristo, unico mediatore: “Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me”.
Maria coopera con Gesù, Dio fattosi uomo per mezzo suo, per la redenzione dell’umanità, non opera direttamente. Un’ultima riflessione va dedicata all’ecumenismo in quanto ho potuto costatare direttamente l’atteggiamento della Chiesa cattolica nei confronti dei fratelli cristiani separati e anche dei seguaci delle altre religioni monoteistiche sia prima che dopo il Concilio. Con il passare degli anni, a partire da Paolo VI, la nostra Chiesa ha avviato una rinnovata fase riguardo il dialogo bilaterale con numerose confessioni cristiane, tra le quali la Comunione Anglicana, la Federazione Luterana Mondiale, la chiesa ortodossa. Inoltre si sono intensificati anche i rapporti soprattutto con gli ebrei: Paolo VI, Giovanni Paolo II e Benedetto XVI hanno fatto viaggi in Israele e gli ultimi due si sono recati ufficialmente alla sinagoga di Roma. Durante la visita del 17 gennaio del 2010 di Benedetto XVI,
il rabbino capo di Roma Riccardo Di Segni ha ribadito l’importanza del Concilio nel dialogo ebraico-cristiano affermando che “se quel che ha portato il Concilio Vaticano II venisse messo in discussione, non ci sarebbe più opportunità di dialogo”.
RICORDO PERSONALE DEL CONCILIO VATICANO II
(di Gian Paolo di Raimondo)
Ho un personale ricordo del Concilio Vaticano II, inaugurato da Papa Giovanni XXIII l’11 ottobre 1962, in quanto sia nei mesi precedenti che per qualche mese durante le sue assemblee, l’ho vissuto da vicino perché in quel periodo ero in Olivetti Bull e questa mia azienda istaurò e gestì il sistema informativo (che allora si chiamava la meccanizzazione) dei lavori conciliari. Essendo tanto importante la cosa venimmo coinvolti in parecchi, anche personale non della Filiale di Roma, vennero pure super esperti da Milano. Brevemente cercherò di ricostruire la situazione dal punto di vista tecnico (hardware e procedure). Il centro meccanografico era composto da: tabulatrice, selezionatrice, riproduttrice e qualche perforatrice di schede. I Padri conciliari per votare su ciascun argomento discusso marcavano con una matita magnetica su una scheda particolare uno dei tre voti possibili: placet, non placet o placet iuxta modum. Raccolte le schede magnetiche e portate al nostro centro in sacrestia dai seminaristi si procedeva, dopo averle trasformate in schede perforate meccanografiche, alla selezione e conteggio dei voti e alla stampa dei riepiloghi.
Mi piace segnalare anche un fatto particolare avvenuto prima dell’inizio del Concilio, durante la programmazione delle macchine: un giorno si presentò il Papa e tra lo sgomento degli astanti con la solita aria paterna pronunciò qualche parola di saluto e aggiunse (più o meno): “capisco che a volte durante il vostro particolare complicato lavoro vi può scappare qualche parola forte, non lo fate!”