L’onta non pesa solo sulla Francia e i rimorsi non si stringono al pollice del pilota del Mirage d’oltralpe che ha lanciato il missile cui – secondo l’ex Presidente del Consiglio Giuliano Amato – si deve l’esplosione del DC-9 Itavia decollato da Bologna alla volta di Palermo la sera del 27 giugno 1980.
La rivelazione choc – amplificata da una serafica nonchalance – di Amato è benzina versata sulle fiamme della disaffezione degli italiani verso le Istituzioni e cementifica la generalizzata sfiducia nello Stato.
La circostanza che un personaggio “informato sui fatti” ci abbia impiegato una quarantina di anni per svelare un mistero di tale caratura intorbidisce ulteriormente – quasi ce ne fosse bisogno – la sceneggiatura di una storia nazionale di cui è difficile andare orgogliosi.
Lasciamo a Macron (che all’epoca dell’abbattimento aveva tre anni) l’onere di lavare il disonore ereditato da Valéry Giscard d’Estaing, François Mitterrand, Jacques Chirac, Nicolas Sarkozy e François Holland, e domandiamoci il perché dell’impossibilità tutta italiana di scoperchiare il nostrano vaso di Pandora.
Amato non deve lasciarsi intimidire se le sue esternazioni hanno fatto imbizzarrire chi è stufo di ripetere che non ci sono stati depistaggi, come il generale Leonardo Tricarico, già Capo di Stato Maggiore dell’Aeronautica. A quest’ultimo, componente della Associazione per la verità sul disastro aereo di Ustica, verrebbe da consigliare di proporre lo scioglimento del sodalizio ormai “ente inutile” visto che lui stesso dice che ufficialmente si sa già tutto (e non si capisce perché, se è così, non tranquillizzi i restanti volenterosi membri di AVDAU).
Ritrovata faticosamente la favella, se Giuliano Amato non sa a chi rivolgere due righe di scuse in proposito, mi permetto di suggerire di rintracciare gli indirizzi delle famiglie delle vittime del “fall-out”, ossia di chi non è morto per l’esplosione del DC 9 ma potrebbe aver perso la vita per non turbare equilibri internazionali e segreti di Stato.
Per memoria sua e nostra, questa è la sequenza degli episodi luttuosi – certamente frutto di fortuiti casi del destino – che si sono susseguiti.
Il 3 agosto 1980 il colonnello Pierangelo Tedoldi, che diede l’ordine ai due F104 di decollare dalla pista di Grosseto per raggiungere lo spazio aereo di Ustica, perde la vita in un incidente stradale.
Il 9 maggio 1981 il capitano Maurizio Gari, capocontrollore della sala operativa della Difesa aerea a Poggio Ballone (Grosseto), in servizio la sera del disastro, muore a 34 anni di infarto.
Il 23 gennaio 1983 Giovanni Battista Finetti, sindaco di Grosseto che aveva ripetutamente chiesto con eccessiva insistenza informazioni ai militari del centro radar di Poggio Ballone, viene investito da un pirata della strada.
Il 31 marzo 1987 il maresciallo Mario Alberto Dettori, in servizio a Poggio Ballone la sera del 27 giugno 1980 viene trovato impiccato e la polizia scientifica descrive “innaturale” la dinamica. Priore dichiara che Dettori “Aveva commesso l’imprudenza di rivelare ai familiari di aver assistito a uno scenario di guerra”.
Il 12 agosto 1988 il maresciallo Ugo Zammarelli, all’epoca dei fatti in servizio presso il SIOS (Servizio segreto dell’aeronautica) di Cagliari, rimane vittima di un incidente stradale.
Il 28 agosto 1988 i colonnelli piloti Mario Naldini e Ivo Nutarelli, nel corso di una esibizione delle Frecce Tricolori a Ramstein (Germania) entrano in collisione e precipitano sulla folla. Sono i due ufficiali che la sera del 27 giugno 1980 si erano alzati in volo da Grosseto e avevano lanciato l’allarme di emergenza generale. Nutarelli due giorni dopo doveva essere interrogato da Priore.
Il 1° febbraio 1991 il maresciallo Antonio Muzio, in servizio alla torre di controllo di Lamezia Terme quando sulla Sila precipita il misterioso Mig libico, viene assassinato con tre colpi di pistola.
Il 13 novembre 1992 il maresciallo Antonio Pagliara, in servizio alla base radar di Otranto, perde la vita in un incidente stradale.
Il 12 gennaio 1993 il generale Roberto Boemio viene assassinato a Bruxelles e la magistratura belga non arriva mai a far luce sull’omicidio. La sua testimonianza sarebbe stata di grande utilità per la sciagura del DC 9 e per la caduta del Mig libico sulla Sila.
Il 21 dicembre 1995 il maresciallo Franco Parisi, di turno la mattina del 18 luglio 1980 (data ufficiale della caduta del Mig libico sulla Sila) al centro radar di Otranto, viene trovato impiccato. Anche lui doveva essere ascoltato come testimone da Priore.
Gli incidenti stradali sono senz’altro da imputare alla pericolosità della viabilità maremmana, pugliese o sarda, ma le impiccagioni?