Il meeting a via della Panetteria ha rispettato la toponomastica e il livello delle conversazioni si è attestato alle chiacchiere tra chi è in coda per comprare uno sfilatino (Abatantuono docet), una più nobile baguette o una brioche calda di forno.
Sull’onda del “signora mia”, dopo la “app” per la verifica dell’età e i filtri fermabollori, l’esposizione dei rimedi all’inadeguata fruizione di siti a luci rosse da parte di minorenni è proseguita introducendo il blocco degli insediamenti telematici con contenuti ad elevata intensità erotica.
Quando il discorso ha toccato il fondo (e quindi mi sono sentito all’altezza…) mi sono permesso di far presente qualche difficoltà in termini di efficacia emersa nei tentativi di applicazione di certe soluzioni.
Lo sguardo apparentemente annoiato (ma attentissimo, sia chiaro) e uno sbuffare di entusiasmo, che ha generato una ventilazione degna della grata che sollevò la gonna a Marylin Monroe in “Quando la moglie è in vacanza”, mi hanno indotto ad esporre qualche osservazione in virtù di una mia seppur minima esperienza sul campo.
Rendere irraggiungibili i siti web sembra una figata, ma non lo è ed i motivi sono davvero tanti.
In primo luogo la Rete è caratterizzata da consolidate forme di nomadismo: i siti cambiano “coordinate”, rimbalzano da un Paese all’altro, cambiano nome e quindi – mutuando l’araba Fenice – risorgono con grande naturalezza dalle loro ceneri.
In secundis l’utente dotato anche di pochi neuroni sa che il filtro agisce sui DNS, ovvero quei server che instradano chi naviga online verso la destinazione richiesta convertendo il nome digitato nel browser in un “indirizzo tecnico”. Questo sistema permette di inibire l’accesso a pagine Internet su cui si imperniano attività criminali o dove risiedano contenuti illeciti. Anche un ragazzino sa che il proprio provider (quello che gli dà connessione con l’ADSL di casa o tramite la rete mobile) ha un suo DNS che – su disposizione dell’Autorità Giudiziaria – può bloccare “escursioni” pericolose o vietate ed eventualmente dirottare il dispositivo su pagine istituzionali esplicative di quel che sta succedendo.
Al teenager, non necessariamente uno “smanettone”, basta cambiare le impostazioni di computer o smarphone o del browser in uso per muoversi su Internet “guidato” da altra realtà (magari straniera) che non ha ricevuto alcun ordine o decreto. Gli accorgimenti sono mille e la prova è stata percettibile anche ai neofiti quando in Italia un provvedimento del Garante Privacy aveva “bloccato” ChatGPT e nonostante questo tutti continuavano a servirsene alla faccia del formale divieto.
Il pathos lo si è toccato quando una persona dello staff della Ministra Roccella (la Professoressa Assunta Morresi, vice capo di gabinetto del Ministero per la Famiglia, la Natalità e le Pari Opportunità) ha detto che “gli aspetti tecnici si risolvono in 5 minuti” trasformando la scena – almeno per me – in un attonito fermo immagine.
Cinque minuti?!?
Per un attimo ho pensato che la qualificatissima docente di Chimica Fisica avesse voluto agganciarsi alla teoria della relatività, ma nel mio sconvolgimento spazio-temporale mi è apparsa la buonanima di Albert Einstein che mi sussurrava “No, Umberto, io non c’entro un cazzo…”.
A quel punto ho guardato l’orologio e ho cominciato a far due conti. Per andare a quella riunione ci avevo impiegato più di mezz’ora nonostante la Twizy elettrica fortunatamente parcheggiata senza impazzire. Il mio semplice spostamento era durato venticinque minuti in più rispetto quel che alla professoressa Morresi bastava per trovare la soluzione di un così annoso problema…
E poi quasi due ore lì nel “Parlamentino” e quindi altri quaranta minuti di traffico per rientrare a casa. E allora perchè convocare d’urgenza il Comitato Media e Minori e tenere collegato chi aveva scelto di partecipare “da remoto” alzando inutilmente la mano per dire la sua senza veder soddisfatta la legittima istanza?
Credo fosse una necessaria mortificazione. Alla faccia di chi corre da oltre trent’anni senza scovare un rimedio, abbiamo dovuto prendere atto che – con un po’ di allenamento – la “prof” riesce nell’intento in 4 minuti e 50 secondi…
Come diceva Corrado Mantoni, ad ogni pausa pubblicitaria della sua “Corrida” televisiva, “non finisce qui”…