Al finire degli anni 70 e nei primi anni 80 il destino pose sulla mia strada due indimenticabili figure di Maestri del pensiero e di vita che sono rimasti ancora fondamentali nel mio percorso di vita : il Professor Aldo de Simone e il Filosofo Pietro la Via. Ambedue sarebbero stati destinati ad accompagnarmi nel corso degli anni, della mia carriera, e nei momenti più difficili che ho attraversato, e si può dire che ancora oggi mi fanno buona compagnia ed a loro mi appello nei momenti di difficoltà intellettuale. Il Filosofo Pietro la Via è stato uno dei più fulgidi esempi di studioso figlio della nostra Italia, questo è ancor più valido se si considera che durante la sua vita egli sia riuscito a superare degli stereotipi radicati nella mentalità comune. Inoltre va sottolineato che oltre ad essere stato un raffinato intellettuale Pietro la Via era stato anche un uomo d’ azione, aveva partecipato giovanissimo subito dopo il liceo alla 1a Guerra Mondiale in qualità di ufficiale d’ artiglieria ed era stato Aiutante di Campo del Generale Enrico Caviglia, poi Maresciallo d’ Italia. Al suo rientro dalla guerra si era laureato in Giurisprudenza a Napoli ed il rifiuto ad aderire alla rivoluzione fascista gli costò il mancato ingresso in diplomazia. Ciò lo spinse alla critica filosofica, paradossalmente il suo libro “ Mente e Realtà “ fu visto di buon occhio da Benedetto Croce, uomo sagace ed intelligente , seppure fosse una critica alla sua estetica, ma subì una congiura del silenzio da parte degli allievi di Croce che vi lessero un’ apparente diminuzione alle tesi del loro Maestro. Questo per dire come libri ben più importanti di quello di cui parleremo nella parte finale di questo intervento, abbiano subito una damnatio memoriae o ostracismo a vostra scelta.
La cultura italiana è fissata nell’ immaginario collettivo d’ Europa e del Mondo dal crisma della platealità. Delle platee del resto le nostre città sono piene ed ognuna va molto fiera della sua. Come immaginare una Torino senza il Teatro Regio o una Milano senza la Scala o Venezia senza la Fenice, oppure Napoli senza il San Carlo e che dire di Bari senza il Petruzzelli oppure Palermo senza il Teatro Verdi o il Politeama. Roma poi dal canto suo è completamente teatrale sia in senso spettacolare e per quanto concerne la cosa pubblica. Si mescolano fin dall’ antichità la possente struttura del Colosseo a quella del Teatro di Marcello per passare ai Fori, alcuni luoghi hanno addirittura perso le loro antiche funzioni per diventare luoghi di platea: le terme di Caracalla per esempio o il Circo Massimo, giungiamo poi ai nostri giorni con il Razionalistico Teatro dell’ Opera e forse mi permetto di osservare che possiamo persino includere alcuni luoghi istituzionali repubblicani, non sono per caso anche le due Camere del nostro Parlamento delle platee e non è un più piccolo e ristretto consesso plateale il tavolo circolare del Consiglio dei Ministri ? In seguito se continuate mi capirete meglio dove vuole giungere il mio ragionamento. Dunque per riprendere il filo, abbiamo affermato che le platee sono sempre state in Italia l’ epicentro del sisma della comunicazione in senso ampio, sia che intendiamo la comunicazione quali recite artistiche o quali discorsi politici, così come nel contesto del bel canto o del suonare. Insomma tutti, che siano artisti, che siano politici o anche professori si sono dovuti prima o poi confrontare con una platea, sia essa composta da spettatori, piuttosto che da studenti o da seguaci politici. Napoli poi è sempre stata una città dove è molto sviluppata la teatralità, fin dall’ antichità per le sue origine greche e il forte influsso di Roma successivamente, ha fatto si che la sua musica la sua drammaturgia giungono anche a raggiungere inesplicabili obiettivi, come comprendere che l’ attuale Presidente francese Emmanuel Macron proprio dalla traduzione di una commedia di Eduardo de Filippo ha iniziato la frequentazione della sua dapprima insegnante e poi moglie Brigitte e abbia trovato gli spunti per raggiungere il più alto scranno di una delle più raffinate democrazie occidentali. Napoli a fine ottocento ed inizi novecento era molto nota a livello europeo a partire dalla sua maschera universale il Pulcinella, con il suo berretto frigio che mostra i suoi stati d’ animo. Pulcinella è l’ unica vera maschera diffusa in tutta Europa, la città era una città spettacolo con i suoi caffè chantant, la Piedigrotta storica, i carnevali vicereali, le feste sacre seguite da altre feste pubbliche diffuse poi in tutta la penisola e con le loro intrinseche peculiarità, come quelle di Venezia o di Viareggio o Ivrea, anche i teatri dei pupi e delle marionette e con diverso riserbo i fuochi artificiali sparati nei cieli delle Puglie, delle Calabrie e Basilicate hanno contribuito a fissare nel mondo un’ idea dell’ Italia come luogo dell’ esplicito. Nella testa di un abitante di Londra, di Parigi o di Stoccolma prevale l’ idea che se un individuo italiano provi un sentimento non potrà fare a meno di raccontarlo. Una riprova personale di questa teoria la ebbi quando durante una visita all’ Università di Reading in Inghilterra ebbi lo straordinario privilegio di incontrare uno dei massimi esponenti della Scuola Storica Inglese specializzato nella Storia del nostro Paese, il Professor Christopher Duggan.Allievo prediletto del più noto esponente della stessa Scuola, Denis Mack Smith, autore di tanti libri su cui abbiamo studiato e meditato a lungo, Duggan ha scritto una delle più belle Storie d’ Italia che io abbia mai letto : La Forza del Destino, Storia d’ Italia dal 1796 ad oggi. Durante il nostro surreale incontro all’ Università di Reading , il Professore mi ricevette in un ampio studio doveva vi era una fornitissima biblioteca dislocata su tutte le mura e corredata da scaffali ricolmi di tutti libri di Storia Italiana , la maggior parte in lingua italiana, che aveva sicuramente letto e che conosceva meglio di chiunque altro, mi sorprese rivolgendosi a me in perfetto italiano, mentre io gli rispondevo per dovere di cortesia e per rispetto del suo paese in lingua inglese. Alla fine del nostro incontro in cui emersero innumerevoli interessanti spunti il Professor Duggan mi disse : “ Sa qual’ è la differenza tra il popolo inglese e quello italiano ?” e subito aggiunse senza neanche lasciarmi il tempo di rispondere , “ Quando da voi c’ è qualche problema voi subito scendete in piazza, fate qualcosa, esprimete le vostre opinioni, siete estroversi nel rappresentare e risolvere le vostre problematiche; noi inglesi invece quando accade qualcosa ci chiudiamo in casa ed in noi stessi, siamo un popolo introverso “.
Quest’ episodio dunque conferma pienamente quando andavamo dicendo su come noi italiani siamo percepiti dagli altri europei, come un popolo di individui che amano esternare ciò che sentono o provano, meglio ancora se hanno una platea a disposizione. Christopher Duggan il brillante studioso inglese di Storia italiana, pochi mesi dopo quest’ incontro si tolse tragicamente la vita, lasciandomi un vuoto che ancora oggi mi è difficile da sopportare. Abbiamo perso infatti una delle più acute menti storiche del secolo. Mi rimane impresso nella memoria un uomo di rara bellezza umana e intellettuale che conosceva meglio di tanti altri il nostro Paese e che lo amava visceralmente, lasciandomi mi confidò che avrebbe desiderato tanto rivedere Napoli ed io con molta naturalezza mi offrii di ospitarlo con immenso piacere, ma un destino crudele ha impedito che questo avvenisse. Mi viene in mente che persino i comportamenti delittuosi estremi dei nostri connazionali sono ammantati e caratterizzati anche nelle forme ultime dei più efferati, come gli omicidi , con forme di variegata pubblicità e platealità: dalle “ stese “ di Camorra, ai delitti eccellenti di mafia o politici si scelgono scenari assolutamente plateali : Via Fani per Aldo Moro, il cadavere martoriato di Pier Paolo Pasolini a Ostia, l’ autostrada di Capaci che salta sotto le gomme della macchina blindata di Giovanni Falcone o l’ omicidio di Paolo Borsellino avvenuto mentre suonava il citofono dell’ anziana madre, a cui voleva far visita, le strade di Mondello per Salvo Lima : scene che rinforzano questa posizione, come di una rappresentazione esemplare fatta perché raggiunga un pubblico assorto nel mirare uno spettacolo anche se macabro. Accertata questa nostra caratteristica nazionale reiterata in variegati campi, ora va precisato che invece pochi sanno che molti artefici che hanno creato notevoli capolavori nella storia culturale ed anche politica del mondo ed in Italia sono stati spesso dei veri campioni del pudore e della riservatezza. Tutto questo non stupisce che sia avvenuto nelle malinconiche pieghe dell’ animo di Giacomo Leopardi o di Vitaliano Brancati, di un de Roberto, di Giovanni Verga o di Luigi Pirandello, del Principe Tomasi di Lampedusa nel campo della letteratura e del teatro, ed in politica erano quasi mitiche le virtù di riservatezza di Don Luigi Sturzo o di un Alcide de Gasperi o di un Sant’ uomo come Giorgio la Pira .Con altrettanta semplicità si spiega come dietro le aggettanti composizioni centrifughe dell’ arte e della filosofia e della grande politica italiana ci sia la malinconia, la malinconia di un Giordano Bruno che pur di non abiurare si fece condannare al rogo dalla Santa Inquisizione, o di Giovan Battista Vico creatore della Scienza storica che preferiva vivere da Istitutore isolandosi dalla chiassosa Napoli o di un Francesco Cossiga che tacque per 6 anni al Quirinale salvo dedicarsi gli ultimi mesi del mandato a picconare il sistema costituzionale, che conosceva benissimo, perché bisognoso di riforme; e si potrebbe continuare a lungo con infiniti esempi. Molte opere di questi illustri personaggi elencati sfuggirono all’ oblio per puro caso. Quindi in aperto contrasto con la vulgata tutta luci e tutta ribalta che continua ad essere sospesa sulla storicità d’ Italia appare un contropaesaggio di scrittori, pittori, musicisti, politici ed intellettuali che coltivarono invece un silenzio che si potrebbe addirittura definire glaciale. Il concetto di silenzio porta sempre con se e di solito genera almeno due equivoci : viene scambiato per superbia o per timidezza. Raramente è ammessa una possibilità del silenzio come espressione di dignità. La dignità cioè di quegli uomini di pensiero che non si riconoscono nel concetto di arte come acceso melodramma dei sentimentalismi, né di quegli uomini politici che mirano solo al consenso e non al bene della collettività. Il silenzio è invece un tema molto caro ed è considerata una vera e propria virtù, nel mondo religioso, i Gesuiti impongono il silenzio ai novizi nei primi sei mesi di un nuovo incarico.
Il Santo Padre Francesco appena eletto al soglio di Pietro dopo essersi affacciato dal balcone della Basilica di San Pietro chiese a tutti di “ stare in silenzio”, l’ Abate Dinouart ha scritto “ l’ Arte di tacere “ invitando i suoi lettori a smettere di tacere solo quando si abbia qualcosa da dire che valga più del silenzio. Così il silenzio di un fisico e fine matematico come Renato Caccioppoli o di un poeta come Lucio Piccolo o di uno scrittore come Gesualdo Bufalino sono silenzi uguali , identici anche se si cambia di materia. Ebbene questi silenzi si interrompono spesso solo per l’ intervento di altri e spesso solo per brevi momenti e per pure coincidenze. Anche i miei Maestri Aldo de Simone e Pietro la Via sono stati dei campioni del silenzio. La Via vi fu costretto perché il suo libro “Mente e realtà” di critica all’ estetica crociana venne totalmente stigmatizzato dagli allievi di Croce tanto che preferì ritirarsi a vita privata a Massa Lubrense ed il suo allievo Aldo de Simone, poi mio docente, ne imitò lo stile, pubblicando solo poche scelte opere tra cui l’ Euscorpius o l’ eco del silenzio : appunto il Silenzio.
Perfino la giornata di un militare termina con il suono di una tromba che suona il silenzio d’ ordinanza, qui vi inserisco un’ esecuzione sonora memorabile avvenuta in occasione del Giubileo del 2000. Ascoltatelo è molto intenso e bellissimo e profondamente significativo.