È vecchia, ma mi fa sempre ridere. Non parlo di barzellette, ma di fregature che non passano mai di moda.
Ne scrivo perché una di queste ha sfiorato un mio amico carissimo, gallonato giornalista televisivo, che – appena ricevuto un messaggio via social – mi ha chiamato per saperne di più dichiarandosi “incuriosito”.
Stavo sistemando l’impianto di irrigazione della terrazza e così – non essendo cintura nera di bricolage e giardinaggio – l’ho pregato di girarmi via mail quel che gli era stato recapitato.
Appena aperta la posta elettronica, forse complice il recente anniversario della scomparsa di Lucio Battisti, mi è scappato un “Ancora tu” legato alla sorprendente longevità della versione truffaldina di David McKay, presidente ed amministratore delegato della Royal Bank of Canada.
Il tizio in questione, stimatissimo manager, non c’entra nulla ma il suo nome è da tempo utilizzato per gabbare i malcapitati di turno, spesso parsimoniosi, oculati gestori del risparmio e sensibili alle eventuali improvvise donazioni. Incuriosibili, insomma.
Il briccone inoltra – un tempo via Facebook, ora su Instagram – una missiva digitale in cui racconta al destinatario la triste vicenda di un suo ricchissimo cliente deceduto senza lasciare eredi. Il compianto si chiama sempre Alex, mentre il cognome è quello di chi è stato scelto per abboccare all’amo.
Il mitico “Alex” era un imprenditore nel settore dell’estrazione dell’oro, e come racconta il truffatore “essendo un grande uomo d’affari e un viaggiatore abituale, è stato un vero peccato che il signor Alex fosse tra le vittime morte del COVID-19 e sia morto nel dicembre 2019”.
Chi riceve una simile notizia dovrebbe domandarsi se mai ha avuto uno zio di nome Alex, nella fattispecie vedovo della indimenticabile zia Elisabetta, che – essendo senza figli – un qualunque parente avrebbe messo nella “top ten” delle persone cui voler bene nella prospettiva di essere ricompensato in sede testamentaria. In questa occasione anche i meno avidi improvvisamente credono di ricordare un cugino di papà che scavava buche e gallerie nel giardino dei nonni e poi era andato lontano (forse per sfuggire all’implacabile battipanni) inglesizzando il nome Alessandro per far perdere le tracce…
Per farsi abbindolare basta convincersi che il banchiere stia riferendosi al piccolo Sandrino.
Il poveretto sarebbe mancato per conseguenze del Coronavirus nel 2019, ancor prima che si parlasse di contagi e di pandemia. Due le cose certe. Alex ha sempre anticipato i tempi e senza dubbio non è vittima degli effetti avversi della somministrazione vaccinale…
Come si conviene a tutti gli zii Alex che si sono susseguiti sui social, anche quest’ultimo aveva 78 milioni di dollari sul conto alla data del 2 febbraio 2015. Come è prassi, il sedicente mister McKay (brillante scalatore di presunti alberi genealogici) è pronto a spartirsi il cospicuo ammontare e invita l’interlocutore a contattarlo ad un indirizzo “gmail”.
Chi abbocca viene invitato a comunicare le generalità complete (nome, cognome, luogo e data di nascita, copia di passaporto o patente, indirizzo di residenza, recapito telefonico, professione esercitata) che vanno ad arricchire l’archivio di identità rubate della banda di malfattori. Il finto McKay – per stabilire un clima di reciproca fiducia – manda una copia tarocca di suoi documenti abilmente ricostruiti al computer ed elenca una serie di piccoli adempimenti. La prima cosa che deve fare chi sta per essere turlupinato è eseguire una serie di versamenti su IBAN stranieri che servono per la presunta apertura di un conto di appoggio e il pagamento di imposte e tributi per la successione ereditaria. Se il tizio è talmente “pirla” o “fregnone” da inviare denaro, il criminale dall’altra parte pretenderà altre somme per i motivi più diversi spiegando che è un piccolo sacrificio indispensabile per ottenere i milioni che Alex ha lasciato…
Ad un certo punto il briccone si volatilizza e la vittima si rende conto che il sogno milionario è invece un incubo costato magari qualche decina di migliaia di euro.
Un tempo queste si chiamavano “frodi nigeriane” (qui spiegate davvero benino) e arrivavano addirittura attraverso la posta ordinaria, poi con i fax e quindi via mail. Le loro nipoti “canadesi” usano i social, ma alla fine è sempre la stessa storia…