Da tempo nel dimenticatoio, ci sono voluti quasi cento anni sia per far emergere la storia e la figura della Ball, comunque ancora poco nota, che per riconoscerle il suo valore ed i suoi meriti, a suo tempo rubatigli da altri. La giovanissima, ventenne dottoressa che scoprì la prima cura efficace contro la lebbra, all’epoca causa di migliaia di decessi in tutto il mondo, in quanto inguaribile, fu defraudata della sua scoperta proprio da chi avrebbe dovuto omaggiarla.
Alice Augusta Ball (1892-1916) visse in un’epoca in cui il fatto di essere una donna, per di più anche afroamericana, aveva il suo peso; fu la prima studentessa statunitense di colore a laurearsi in chimica e farmacologia, frequentando per quattro anni l’Università di Washington, e scegliendo poi il master in chimica all’Università delle Hawaii (1915). Insolitamente per l’epoca, la dottoressa pubblicò anche un articolo nel Journal of the American Chemical Society.
Nata da famiglia colta e benestante, Alice riuscì a realizzare la sua aspirazione, ma non visse purtroppo abbastanza per realizzare tutti i suoi propositi. Morì infatti ad appena ventiquattro anni.
Nella sua brevissima carriera di ricercatrice, la Ball si focalizzò sullo studio di un valido approccio farmaceutico alla lebbra (terribile malattia infettiva cronica), che fino ad allora causava moltissimi decessi e richiedeva siti dedicati all’isolamento totale dei colpiti, escludendoli dalla società.
La giovane dottoressa elaborò un farmaco iniettabile di origine vegetale (che per i successivi quaranta anni curò migliaia di pazienti), l’unico trattamento all’epoca davvero efficace contro la lebbra. In realtà la ricercatrice individuò un metodo per elaborare i principi attivi dell’olio di chaulmoogra (estratto dai semi di piante di varie specie), già usato da secoli in medicina, ma fino a quel momento impossibile da somministrare, in quanto gli effetti collaterali erano pesanti: il gusto eccessivamente amaro causava difficoltà digestive e respiratorie, la viscosità dell’olio ne impediva l’inoculazione sottocutanea, era anche troppo colloso per essere spalmato localmente sulle piaghe.
La dottoressa riuscì a creare un farmaco iniettabile efficace che non aveva effetti collaterali: una vittoria. Già nel 1918, finalmente i pazienti iniziavano migliorare, ad essere addirittura dimessi – anzi “rilasciati” – e ad avere una migliore qualità di vita. Anche se questa terapia non bloccò completamente la malattia (per questo bisognerà attendere il 1969 e lo sviluppo della rifampicina, antibiotico contro le micobatteriosi) le lesioni da lebbra vennero trattate, per la prima volta nella storia, in maniera egregia, con notevole miglioria delle condizioni umane e psicofisiche dei pazienti.
La piccola dottoressa Ball non ebbe però il tempo di pubblicare le sue ricerche perché morì prima, nel 1916, forse per un avvelenamento da cloro verificatosi in laboratorio. Ad oggi la causa del suo decesso rimane comunque poco chiara, anche perché il certificato di morte originale è stato modificato e riporta, come causa del decesso, la tubercolosi.
Approfittando di ciò, il chimico Arthur Dean, allora preside dell’Università delle Hawaii, avviò una notevole produzione di farmaco iniettabile, presentò vigliaccamente i risultati di Alice Augusta a proprio nome, cancellandone la memoria, ed addirittura denominò la scoperta “metodo Dean “. Dopo qualche anno (1922) questo sopruso fu denunciato da un collega di Alice Ball, il dr. Hollmann, che pubblicò un articolo su di lei, che però si rivelò inutile. Le volontà e le circostanze di allora non erano favorevoli né ad Alice, né a tante altre donne.
La doppia discriminazione di donna e nera avrebbe sicuramente creato problemi professionali alla Ball, ma è stata la sua scomparsa prematura a troncarne la promettente carriera; non sapremo mai quali traguardi avrebbe raggiunto dopo questa importante scoperta, effettuata in così pochi anni ed in così giovane età, riguardo un farmaco che all’epoca fu in grado di rivoluzionare i primi 40 anni della scienza farmacologica del Novecento.