A distanza di oltre vent’anni torniamo ad essere increduli. Il rimanere addolorati è ormai prassi quotidiana e quel che prevale – non per cinismo ma per semplice assuefazione alla sofferenza – è lo stupore.
La fragilità delle potenze mondiali ci viene ricordata con sangue e macerie proprio dove l’inattaccabilità era un indiscutibile postulato.
Si fosse mai dato ascolto agli endecasillabi in cui Vincenzo Monti ha portato a noi il mito di Achille cantato da Omero, si sarebbe imparato che c’è sempre un tallone che l’acqua dello Stige non ha miracolosamente bagnato e che l’invulnerabilità non è privilegio degli umani.
L’attacco all’America è stata la prima occasione per constatare che nessuno può dormire tranquillo. La macchina da combattimento israeliana “con il motore sempre acceso” e la disponibilità di leggendari Servizi Segreti sembravano il perfetto talismano per scongiurare qualsivoglia funesto imprevisto.
L’aggressione palestinese e la sua efferatezza hanno confermato la fallacità degli stereotipi universalmente riconosciuti e l’insussistenza di alcuna certezza.
Possibile che il millimetrico costante controllo dei territori occupati dai Palestinesi non abbia mai evidenziato una anomalia che facesse presagire un fermento esuberante le consuete scaramucce?
Come possono aver toppato strutture di intelligence come Shin Bet e Mossad? La professionalità di quelle organizzazioni fa scuola da sempre e quindi dov’è la spiegazione di un simile “buco”?
Sono tanti gli ingredienti della venefica ricetta che ha avvelenato il più robusto Paese del pianeta, il territorio ininterrottamente consapevole e preparato a prevenire sorprese di sorta. Come nelle pietanze servite dagli chef stellati, il mistero avvolge dosi e modalità di preparazione.
E’ anzitutto legittimo chiedersi come un simile arsenale possa essere arrivato nelle mani di Hamas. Quantità e tipologia di missili, ad esempio, non è certo da immaginare sia arrivata nascosta in un pacchetto regalo che sfugge alla videosorveglianza delle aree abitate dai palestinesi. La provenienza può essere iraniana e il pensiero corre alla coincidenza che il fornitore sia lo stesso che alimenta le forze armate russe. La circostanza che quest’ultime abbiano favorevolmente concesso un carico ad altro cliente in un momento difficile del conflitto con l’Ucraina è nitido segnale dell’antisemitismo di Putin e del suo disegno di portare la paura in ogni angolo dell’universo.
L’armonizzazione delle componenti aeree, terrestri e navali dell’offensiva sono la cartina al tornasole di una aggressione studiata nei minimi dettagli e pianificata per non dare possibilità di replica efficace ad Israele. Il ricorso a strumenti non bellici (si pensi all’11 settembre e agli aerei di linea tramutati in proiettili) ha spiazzato le difese: normali autoveicoli e motociclette, barche e gommoni, parapendii a motore hanno spiazzato chi pensava ad un ordinario rilassante shabbat, fatto di riposo e tranquillità.
L’operazione militare che ha colpito al cuore Israele è una tremenda spallata al fin troppo precario equilibrio internazionale che già sopporta da anni la demolizione della Siria,
l’ingovernabilità della Libia, il ribollire degli scontri tra Azerbaigian e la repubblica separatista del Nagorno-Karabakh, la repressione talebana in Afghanistan e quella del fanatismo religioso in Iran, l’ormai cronica drammaticità dello Yemen, le guerre tribali in Africa e così a seguire punteggiando l’intero mappamondo…
Chi ha scelto gli obiettivi? Perché agire con insistenza sui civili arrivando al rapimento di inoffensive persone anziane?
Nel disegno strategico di Hamas e di chi li supporta, invadere e sradicare dalle case i nemici per farne ostaggi vale più dei missili. Il non poter più stare tranquilli nemmeno tra le pareti domestiche è un colpo profondo alle fondamenta della sicurezza di una Nazione il cui ciclo biologico – temprato da storica belligeranza interna – sembrava aver trovato una sua immunità.
La “nozze d’oro” con la guerra dello Yom Kippur (avviata il 6 ottobre 1973) possono essere o meno una fatale coincidenza, ma c’è da concentrarsi per andare oltre una dolorosa ricorrenza. Non è stato un attentato per ricordare in modo cruento un evento di cinquant’anni fa, ma una spaventosa azione di guerra che si spera non sia il prologo di altri brutali atti dimostrativi in giro per il mondo.
Mentre i morti hanno già superato quota 300 e Benjamin Netanyahu manda i suoi carri armati a Gaza, ci si augura che tutti comprendano che non deve essere cieca guerra tra israeliani e palestinesi, ma un duello chirurgico con Hamas.