La vita è tutta un quiz… Domanda: che differenza c’è fra un buco e un foro?
Verifichiamo se avete la risposta corretta con una breve spiegazione. Prendiamo un muro spesso un metro. Togliamo 40 centimetri di mattoni. Siete in grado di passare dall’altro lato del muro? Se ci provate date una bella facciata sui 60 centimetri di mattoni ancora presenti. Abbiamo scavato un buco.
Prendete lo stesso muro e togliete un metro di mattoni. Potete passarci attraverso. Ora avete un foro.
La risposta al quiz è che il buco non è passante, un foro sì.
Premessa necessaria per parlare del buco dell’ozono. Avete presente le immagini di una minacciosa zona nera galleggiare sopra l’Antartide e con toni sempre allarmati si racconta di come lo strato dell’ozono, gas indispensabile per proteggerci dalle radiazioni ultraviolette, sia in pericolo?
Andiamo a raccontare di buchi che non sono fori, che si restringono e si allargano e non sappiamo perché, anche se eravamo convinti di saperlo.
Il motivo scatenante sono le misurazioni del 16 settembre scorso effettuate dai sensori del satellite Copernicus Sentinel-5P. Si è visto che il buco, non foro, ha raggiunto la dimensione di 26 milioni di chilometri quadrati. Più o meno tre volte il Brasile.
Foto 1. Rilevamento satellite Copernicus Sentinel-5P del 16 settembre 2023
Procediamo con ordine. Cos’è l’ozono e cosa sono le radiazioni ultraviolette.
L’ozono è un gas le cui molecole sono formate da tre atomi di ossigeno e forma uno strato nella stratosfera chiamato ozonosfera. La stratosfera è quella parte dell’atmosfera terrestre compresa fra gli 8 (ai poli) e i 20 (all’equatore) chilometri di quota. L’ozonosfera è di vitale importanza per garantire la vita sulla Terra perché l’ozono assorbe la radiazione ultravioletta presente nello spettro solare.
Il Sole emette fotoni in una vasta gamma di frequenze, compresi quelli della luce ultravioletta. I raggi ultravioletti, per gli amici UV, quando si ha a che fare con i loro effetti con la salute umana, vengono divisi in differenti bande: UV-A (400-315) nm, UV-B (315-280) nm) e UV-C (280-100) nm. La sigla nm sta per nanometri, ovvero miliardesimi di metro.
I raggi ultravioletti interagiscono con le molecole organiche e sono responsabili di fenomeni quali l’abbronzatura, le efelidi, gli eritemi solari. Sono anche la causa principale dei tumori della pelle. Qualsiasi organismo vivente viene seriamente danneggiato dai raggi UV provenienti dal Sole. Se non ci fosse l’atmosfera terrestre e in essa l’ozonosfera, sarebbero guai seri, molto seri. Il 99 per cento degli ultravioletti che raggiungono la superficie terrestre sono UV-A e sono indispensabili alla maggior parte dei vertebrati terrestri, visto che, partecipando alla formazione della vitamina D, sono responsabili del rafforzamento delle ossa. Il 95 per cento degli UV-B e il 100 per cento degli UV-C, che fanno male assai, sono filtrati e assorbiti. Quindi l’UV giusto, nella giusta dose, ha effetti benefici. Altrimenti causa danni alla salute.
Torniamo al buco, che non è un foro, il che implica che gli ultravioletti dannosi, comunque non passano.
Interessante notare che sia un fenomeno ad andamento stagionale, come verificato nel 1985, dal team di scienziati britannici guidati da Joseph Farman. A seconda della stagione il buco si riempie e si svuota. All’inizio della primavera, quando la stratosfera sopra l’Antartide è molto fredda, è più grande e profondo. Le basse temperature, al di sotto dei -78°C, creano condizioni favorevoli alla formazione delle nubi stratosferiche polari (PSC), costituite da cristalli di ghiaccio e goccioline di acido nitrico, che forniscono la superficie su cui gli atomi di cloro e bromo possono reagire per formare composti che distruggono l’ozono.
Man mano che la primavera avanza, la stratosfera sopra l’Antartide si riscalda e le PSC scompaiono. L’ozonosfera inizia a riprendersi e il buco si riempie completamente, non si chiude, verso la fine di dicembre-inizio di gennaio.
Prima del 1978 il buco dell’ozono non c’era, o meglio non sapevamo che ci fosse. Le prime osservazioni sono state effettuate nel 1978 dal satellite Nimbus-7 della NASA, dotato di un sensore chiamato Spettrofotometro Dobson capace di misurare la quantità di ozono stratosferico.
Nel 1986, viene scoperto che la diminuzione dell’ozono è causata da reazioni chimiche che coinvolgono cloro e bromo da sostanze umano-prodotte, come i clorofluorocarburi (CFC), composti chimici a lunga durata, presenti in tutti i frigoriferi a casa di ciascuno, che possono rimanere nell’atmosfera per decenni. Trasportati nella stratosfera dai venti, vengono scomposti dai raggi ultravioletti del sole. Gli atomi di cloro e bromo, così rilasciati, reagiscono con le molecole di ozono formando composti che non sono più in grado di assorbire la radiazione UV. Quindi più radiazioni UV possono raggiungere la superficie terrestre.
Si hanno così gli ingredienti per generare grande preoccupazione a livello internazionale e richiesta di sostanziosi fondi di ricerca:
- c’è qualcosa che non si vede, ma c’è;
- si ha a che fare con un fenomeno causato dalle attività umane, da tutti e da nessuno, con conseguenze terribili per tutti;
- non si è del tutto sicuri del perché e del per come. Potrebbe essere un fenomeno naturale. Le eruzioni vulcaniche possono rilasciare nell’atmosfera sostanze che possono distruggere l’ozono, come il cloro e il bromo. Alcuni processi chimici naturali possono contribuire alla distruzione dell’ozono.
- nel dubbio vale sempre il principio di prudenza. Non sapendo, si evita. Nel 1987, è stato firmato il Protocollo di Montreal, accordo internazionale per ridurre ed eliminare gradualmente l’uso dei CFC e di altre sostanze che danneggiano l’ozonosfera. Grazie al trattato, si stima che lo strato di ozono si riparerà completamente entro la fine del secolo.
Quindi, tutti contenti? Gli attivisti che hanno visto firmare il protocollo. Gli scienziati che hanno accesso a bei fondi di ricerca. L’opinione pubblica tranquillizzata. Una certa dose di politici che hanno fatto carriera. Tour operator che colgono l’opportunità di fare vedere il buco dell’ozono da vicino organizzando piacevoli crociere nei mari dell’Antartide, nella primavera australe.
Non proprio. C’è sempre qualcuno o qualcosa a guastare la festa, vedi il buco dell’ozono 2023. Iniziato presto, è cresciuto rapidamente da metà agosto. Il 16 settembre ha raggiunto la dimensione record di oltre 26 milioni di chilometri quadrati, rendendolo uno dei più grandi mai registrati. Perché? Come mai?
Qualche dubbio sta prendendo forma. Forse non ne sappiamo abbastanza. Forse il fenomeno ha una componente naturale molto più importante di quanto si pensasse. Magari è antico come l’atmosfera che ci circonda, ma non sapevamo che ci fosse perché non eravamo in grado di osservarlo.
C’è un importante lezione da imparare, molto utile per gestire il riscaldamento globale.
Forse le possibili prossime venture modifiche climatiche sono del tutto naturali. Non c’è nulla che noi arroganti piccoli omini si possa fare per cambiare le tendenze. Invece di sprecare soldi e soprattutto tempo per trovare modi di controllare la natura, dovremmo preoccuparci di definire le modalità necessarie per affrontare i cambiamenti ineluttabili nel prossimo futuro.
Invece di cercare di fermare la crescita del livello del mare, possiamo smettere di costruire case con le fondamenta nell’acqua e spostarci più all’interno, in zone sicure.
Invece di spendere denaro in ricerche che fanno prosperare chi le conduce, usiamolo per mettere a punto piani di intervento.
Possibile che non si riesca a essere un pochino più saggi?