Destinato a fare giurisprudenza, un recente provvedimento del Tribunale di Palermo, a seguito di un’istanza proposta da un noto personaggio politico, ai sensi della riforma Cartabia sul diritto all’oblio, ha disposto la deindicizzazione, sulla rete di internet, di dati personali contenuti in una sentenza di assoluzione, emanata nell’ambito di un processo penale che lo aveva coinvolto nel lontano 2012.
Con l’entrata in vigore della riforma del processo penale, D.Lgs. 10 ottobre 2022 n. 150, c.d. Riforma Cartabia, è stato introdotto l’art. 64 ter Disposizioni di attuazione del codice di procedura penale che disciplina il diritto all’oblio degli imputati e delle persone sottoposte ad indagini. In buona sostanza, una procedura per velocizzare l’esercizio del diritto dell’interessato ed ottenere la deindicizzazione dei risultati dalla rete di internet.
In particolare, la norma prevede che la persona nei cui confronti sono stati pronunciati una sentenza di proscioglimento o di non luogo a procedere ovvero un provvedimento di archiviazione può richiedere che sia preclusa l’indicizzazione, o che sia disposta la deindicizzazione, sulla rete internet, dei dati personali riportati nella sentenza o nel provvedimento, ai sensi e nei limiti dell’articolo 17 del Regolamento (UE) 2016/679.
Pertanto, nel caso di richiesta volta a precludere l’indicizzazione o ad ottenere la deindicizzazione, la cancelleria del giudice che ha emesso il provvedimento di assoluzione o di archiviazione, appone e sottoscrive la seguente annotazione: “Ai sensi e nei limiti dell’articolo 17 del regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 aprile 2016, è preclusa l’indicizzazione del presente provvedimento rispetto a ricerche condotte sulla rete internet a partire dal nominativo dell’istante. Il presente provvedimento costituisce titolo per ottenere, ai sensi e nei limiti dell’articolo 17 del regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 aprile 2016, un provvedimento di sottrazione dell’indicizzazione, da parte dei motori di ricerca generalisti, di contenuti relativi al procedimento penale, rispetto a ricerche condotte a partire dal nominativo dell’istante”.
L’assoluta novità è che il Tribunale di Palermo ha applicato la norma, valutando direttamente l’esistenza dei presupposti per l’esercizio del diritto all’oblio e concedendo, con un rito super abbreviato, un provvedimento di deindicizzazione.
Una pronuncia destinata a rappresentare un precedente, anche perché, trascorsi più di dieci anni dalla notizia, riconosce la prevalenza del diritto alla riservatezza di un noto personaggio politico, rispetto al diritto di informazione in capo alla collettività. Quest’ultimo è sì sacrosanto, ma non può perdurare in eterno.