Tra i secoli XI e XIII, pertanto, si assiste alla centralizzazione dei rapporti tra centro e periferia nell’ambito della Chiesa di Roma, affinando gli strumenti giuridici ed istituzionali idonei. La legislazione papale aveva escluso la partecipazione dei laici (principi e popolo) e del basso clero alle elezioni vescovili. L’elezione dei Vescovi era di esclusiva competenza dei capitoli cattedrali ed ogni possibile lite in materia era di competenza della corte di Roma. In base alla plenitudo potestatis solo il Pontefice aveva l’autorità per trasferire i Vescovi.
La produzione incessante di decretali richiese una organizzazione dei documenti che, in varie tappe, condusse all’elaborazione del diritto canonico. Le sue basi vennero poste in quei secoli. Uno dei nuclei fondamentali del diritto canonico è l’opera di Graziano (1080 circa, metà del 1100), il Decretum Gratiani, che divenne parte del Corpus iuris canonici che, sino al XX secolo, raccolse il diritto cogente della Chiesa cattolica.
In considerazione del notevole incremento delle cause portate avanti alla curia romana, al fine di decongestionare la regolamentazione romana e per ridurre le ingenti spese di trasferimento, nelle diocesi venne istituita la figura di un giudice ecclesiastico, il giudice delegato (iudex delegatus), con la funzione di istruire i processi in base ad una delega pontificia.
Comunque, la sempre notevole mole di cause affidate all’arbitraggio papale (in prima o seconda istanza) dette luogo ad una riorganizzazione delle procedure giudiziarie ed amministrative della curia. I cappellani del Papa andarono a sostituire i Cardinali (sino a quel momento unici collaboratori papali in tema di amministrazione della giustizia).
Altra figura che venne istituita fu quella dei legati pontifici. Essi furono funzionali alla centralizzazione della Chiesa romana. I legati ebbero un ruolo importante con Papa Alessandro III (1100 ca.-1181, eletto al soglio pontificio nel 1159); a loro venne concesso un prestigio istituzionale, come rappresentanti diretti del Pontefice con poteri plenipotenziari (domini pape vicem gerens), definendoli “a latere pape”, titolo precedentemente riservato solo alle missioni dei Cardinali o degli alti prelati della curia romana. Questa era la posizione di Innocenzo IV ma non fu sempre condivisa dai decretalisti. Le prerogative dei nuncii ordinari o dei legati missi, così denominati successivamente, erano limitate.
Altro aspetto che si affermò fu quello delle canonizzazioni. La Chiesa di Roma si sentì sicura del proprio diritto di pronunciare canonizzazioni al di fuori di un Concilio o di un Sinodo. Il diritto di canonizzare i santi divenne, con Innocenzo III, un diritto derivante dalla, plenitudo potestatis pontificia. Il Papa era l’unico competente in quanto le sue decisioni avevano valore coercitivo su tutta la Chiesa.
Nei secoli XII e XIII si svolsero alcuni Concili ma mai i canonisti posero in secondo piano l’autorità del Papa. Molti canoni dei Concili entrarono nel diritto canonico.
La Chiesa si rinnovò sostanzialmente grazie alla fine preparazione intellettuale dei Papi di quel periodo e di alcuni membri della curia romana che captarono in pieno le grandi novità spirituali contemporanee e le istanze riformatrici derivanti dall’attività conciliare. Pensiamo a valdesi, ai predicatori domenicani, ai francescani, alle Clarisse.
Possiamo dedurre che i secoli XI-XII-XIII gettarono le basi per profondi, positivi e duraturi mutamenti nella Chiesa di Roma.