“Homo homini lupus” si diceva un tempo. Lo sbranarci a vicenda è nel nostro DNA e in un disperato orizzonte di conflitti capillarmente distribuiti non mancano certo gli sciacalli.
Non bastassero i crimini efferati che evocano un remake delle gesta di Erode, lontano dal sangue che annaffia la Terra Santa si danno un gran da fare torme di truffatori pronti a sfruttare eventi orribili per raccogliere donazioni, fingendo di essere operosi enti di beneficenza legittimati ed autorizzati.
Niente di nuovo. Ad ogni calamità epocale si scatena l’appetito di soggetti senza scrupoli che decidono di approfittare degli slanci di generosità che ovviamente (e fortunatamente) non mancano.
In tempi in cui criptovalute e pagamenti elettronici sono la normalità, è facile immaginare quanto sia fertile lo scenario per i malfattori.
Su Twitter (X come lo ha ribattezzato il signor Musk), Telegram e Instagram abbondano i “post” in cui vivaci birbaccioni elencano indirizzi di portafogli di criptovaluta scarsamente affidabili e inducono le loro future vittime ad inviare contributi finanziari.
Ci sarebbero in giro oltre 500 tipologie di e-mail che hanno come oggetto “raccolta fondi”, i cui mittenti sono soggetti che si spacciano per enti di beneficenza o organizzazioni di “charity” attive per prestare aiuto a chi vive il dramma che sta stravolgendo il Medio Oriente.
Sono un’infinità gli account che sulle differenti piattaforme social stanno invogliando a fare donazioni umanitarie e – fatti salvi i “veri volontari” – il rischio di cadere in trappola è davvero molto elevato.
Il problema delle truffe sulle donazioni di criptovalute è diventato cronico e a questa “stabilizzazione” della dinamica fraudolenta ha senza dubbio avuto un ruolo propulsivo l’invasione russa dell’Ucraina.
Spesso l’amo lanciato dai biechi malandrini è costituito non solo da un messaggio con tono assertivo ma anche da immagini cruente di soldati, donne e bambini feriti o mutilati.
I testi di queste comunicazioni includono frasi che nemmeno i Baci Perugina riuscirebbero ad eguagliare in dolcezza e capacità di persuasione. Frasi come “invochiamo la tua compassione e benevolenza” o “facciamo leva sulla tua sensibilità e generosità”.
Per evitare che i filtri antispam possano intercettare i messaggi e bloccarli prima del recapito ai destinatari, l’oggetto delle mail è una vera e propria “palestra del sinonimo”. La parola “aiuto” è sostituita da un ventaglio di parole con lo stesso significato e quindi abbondano termini “contributo”, “sostegno”, “help”, “sussidio”, “soccorso”, “appoggio”, “assistenza”, “cooperazione”, “donazione”…
Avere buon cuore non significa farsi prendere per fessi. Prima di inviare denaro (qualunque ne sia la “forma”, reale o virtuale) è opportuno effettuare qualche piccola verifica online, abbinando il nome della presunta organizzazione benefica alle parole “truffa” o “frode”: in un attimo di potrà scoprire se certe iniziative sono in realtà ignobili raggiri.
Occorre tenere gli occhi ben spalancati e se si vuole stare tranquilli è preferibile indirizzare la propria beneficenza a enti “certificati” come l’Agenzia delle Nazioni Unite per il soccorso e l’occupazione della Palestina (UNRWA) o la Croce Rossa.