Soventemente sentiamo parlare, in particolare dalle forze politiche che formano questo Governo, di equità fiscale, di tasse inique, di vessazioni del cittadino contribuente, di cartelle esattoriali da stralciare, di abbassamento delle aliquote d’imposta, di flat tax, di concordati fiscali, di agevolazioni per il rientro di capitali illecitamente trasferiti all’estero e via discorrendo, spesso mascherando dietro le allettanti parole veri e propri condoni fiscali per gli evasori.
Molti cittadini, non avendo il minimo senso dello Stato, non sanno o non vogliono capire, che anche loro sono parte dello Stato che avversano.
Per loro lo Stato è un nemico o una mucca da mungere, tanto paga Pantalone, ed il contribuente onesto è reputato un fesso. Troppe volte si sono sentite queste espressioni.
Facciamo una doverosa premessa terminologica: la dizione corretta è imposte, dirette od indirette, quando ricadono sui redditi personali o sugli scambi commerciali; tributi in senso generale ma non sottilizziamo sulla conoscenza delle accezioni esatte da parte di molti politici. Certo utilizzare tasse è di più immediato effetto per il cittadino. Chi non conosce i vari termini, non capirà mai le differenze ma, non sottilizziamo ancora una volta.
La nostra Costituzione, Legge fondamentale della Repubblica italiana, al vertice della gerarchia delle fonti normative del nostro ordinamento giuridico, all’artico 53 sancisce: “Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva. Il sistema tributario è informato a criteri di progressività”.
Si auspica che tutti concordino sul dettato di tale articolo che parla di “capacità contributiva” del cittadino. I diversamente giovani ricordano che ai primi anni settanta venne introdotto il regime del cumulo dei redditi tra coniugi. Pochi anni dopo venne dichiarato incostituzionale con sentenza della Corte Costituzionale. Questo per evidenziare quanto ogni cittadino debba contribuire in base al proprio reddito (costituito in varie forme).
In tutta evidenza si sta scavando un solco tra chi non può evadere le imposte perché percettore di un reddito da lavoro dipendente o pensione e chi usufruisce di aliquote ridotte e della possibilità di scaricare quanto il normale contribuente non può fare. Senza scendere in dettagli tecnici, si può dire che le partite iva e tutti i non percettori di redditi fissi hanno un regime più soft rispetto a lavoratori e pensionati.
Il vero problema sorge nella voragine tra chi evade, o può evadere il fisco, e chi non evade o non può evaderlo. Giustizia vorrebbe che nessuno evadesse i tributi dovuti allo Stato. Stato che con quanto riscuote eroga i servizi al cittadino. Appare chiaro che i servizi verso tutti vengono pagati non da tutti.
A questo punto si scontrano due scuole di pensiero, o meglio di approccio all’evasione. La prima sostiene che se si abbassassero gli adempimenti tributari loro pagherebbero, ma chi ce lo garantisce? La seconda afferma che se tutti pagassero il dovuto si potrebbero abbassare i tributi. In questo secondo caso garante sarebbe lo Stato, nel primo la percezione del fisco giusto da parte del singolo contribuente, rectius evasore. Probabilmente ognuno ha una propria percezione che assicura poco o nulla.
Fortunatamente gli strumenti per controllare gli evasori, incrociando le non poche banche dati, esistono ma taluni esponenti politici premono per una minore rigidità nei controlli, non dicono apertamente di non controllare ma ci vanno molto vicini. Tranne i munus habens lo capiscono tutti. In particolar modo gli evasori.
Come l’adagio latino pecunia non olet, i voti degli evasori fiscali e degli agevolati nel pagamento dei tributi non olent; sono moltissimi e possono spostare di preziose unità le percentuali di voto.
Lo si potrebbe definire un voto di scambio del tutto legale in quanto costituito da promesse elettorali e da norme scritte in favore di alcune categorie che hanno forti lobbies. Certamente non è reato ma almeno immorale lo è. Lo si sa, per ottenere voti in politica si fa di tutto, si promette anche ciò che tutti sanno sia impossibile; troppi ci credono o lo sperano. Tutto si rimanda, appena al governo, per esigenze di bilancio dando colpa ai governi precedenti ed all’Unione Europea.