Se un paziente veronese non si ritrova analisi o cartelle cliniche, non si deve disperare.
Inutile frugare in armadi o cassetti cercando di ricordare dove mai sono state messe le relative carte. Nessuna necessità di recarsi presso gli uffici dell’Azienda Ospedaliera Unitaria Integrata di Verona e magari perdere ore e ore in coda per chiedere informazioni o – peggio che mai – documentazione.
Chi vuol sapere tutto delle proprie condizioni di salute e ottenere copia di referti non deve fare altro che andare nel dark web e – spendendo una modica somma – ottenere tutto quel che gli serve.
E’ questa la prima dimostrazione di efficace interazione tra pubblico e privato, tanto auspicata da politici di ogni colore e realizzata grazie a chi su Internet ne combina di tutti i colori….
Il privato – nella fattispecie costituito da “cooperative” di esperti di sicurezza informatica e in particolare quelli della vivace gang “Ryshida” – ha saputo mettere online un certo quantitativo di informazioni di carattere sanitario semplificando la burocrazia che normalmente attanaglia la P.A.
Senza richiedere alcuno sforzo all’Amministrazione interessata i “tecnici” – dai sistemi informatici cui hanno avuto accesso – hanno saputo estrarre analisi cliniche dei pazienti, dati sul funzionamento dell’ospedale, verifiche interne, contratti, bilanci, timbrature, studi degli indicatori di performance, rendicontazioni varie e moltissime email arrivate o spedite dall’organizzazione.
Non è dato sapere se gli intraprendenti operatori di “Ryshida” hanno anche razionalizzato gli archivi e aggiornato le procedure, ma è certo che l’accessibilità a quel patrimonio informativo non è mai stata così agevole per chiunque vi fosse interessato.
I maligni insistono con il parlare di attacco hacker, confondendo un generoso contributo alla ottimizzazione dei servizi informatici con una azione di pirateria.
E’ la stessa Azienda Ospedaliera a chiarire che non gli è stato rubato nulla…
La genialità del management la si può evincere proprio dal comunicato stampa della cosiddetta “AOUI” in cui si legge che “conferma che l’Azienda non ha registrato alcuna perdita di dati personali, custoditi negli archivi aziendali, ma è stata pubblicata la copia di alcuni”.
Poco importa se i dirigenti di quella articolata struttura non sanno (sono quisquilie) che il furto di informazioni per via telematica consiste nell’acquisizione di file senza che il relativo supporto su cui sono memorizzati venga asportato. Siccome dischi, nastri, fascicoli cartacei e quant’altro sono fisicamente al proprio posto, si può dire che non c’è stato alcun furto così come previsto dall’articolo 624 del codice penale che parla di “Chiunque si impossessa della cosa mobile altrui, sottraendola a chi la detiene…”
In ossequio alle figure tradizionali del posto, la storia di Giulietta e Romeo non è più quella narrata da Shakespeare. Trattandosi di un racconto del cuore, quella che i posteri conosceranno sarà una raccolta di elettrocardiogrammi finiti a pagamento nelle viscere di Internet. L’immortalità della Rete delle Reti è anche questa….