Lasciamo stare che non c’era una locomotiva a vapore. Non fissiamoci sul fatto che le carrozze fossero ad apertura automatica.
Per chi era abituato a vedere film western con treni che venivano bloccati in mezzo alla campagna, l’unica nota stonata è che chi ferma il convoglio normalmente sta a terra, magari a cavallo, ma certo non seduto in classe Executive.
E’ vero. L’episodio che ha visto un Ministro della Repubblica bloccare il Frecciarossa fuori dalle fermate stabilite ha sbalordito un po’ tutti, soprattutto perché – avvezzi a vedere i sonnolenti conclave in Parlamento o le riunioni del Consiglio – non è facile immaginare azioni vigorose e virili degne dei fotogrammi dell’Istituto Luce che ritraggono un Capo del Governo che trebbia il grano a torso nudo. C’è un sottile fil rouge agricolo che lega gli episodi, ma non è l’unico. Quando c’era Lui – infatti – i treni viaggiavano in orario e proprio quel ritardo sulla linea potrebbe essere stato l’innesco dell’iniziativa – iniquamente criticata – del solerte Segretario di Stato.
Sicuramente la fermata fuori programma è stata determinata dal voler appurare – in piena flagranza di reato – le ragioni della imperdonabile infrazione alle rigorose tabelle che disciplinano il traffico ferroviario…
Tra le altre ipotesi in ballo c’è la ristorazione a bordo di questi mezzi di trasporto che – secondo molti – non rispecchia l’eccellenza gastronomica del nostro Paese. E’ quindi probabile che il signor Ministro – acquistato un sandwich si sia accorto che il panino era di gomma e il prosciutto di plastica come non di rado sono costretti a constatare i viaggiatori abituali.
Proprio il riscontro empirico della vendita di cibo sintetico ha fatto scattare l’istintiva reazione del responsabile del dicastero della Sovranità alimentare. “Fermi tutti” potrebbe aver detto e qui l’errore del macchinista che ha frainteso il volere del politico oppure ha con solerzia consentito al medesimo di scendere per adottare i provvedimenti del caso senza aspettare di giungere (chissà quando) a destinazione.
Qualcuno – in maniera pilatesca – ritiene che la storia abbia ben più futili radici. Lollobrigida, poco esperto di trasporto pubblico, potrebbe aver giustamente ritenuto che – come sui bus urbani – sia sufficiente schiacciare l’apposito pulsante per le fermate a richiesta…
Mentre ci si arrovella per computare il livello di civiltà di chi ci rappresenta alle Camere e che ci governa, sarebbe necessario capire qual è il coefficiente di libero arbitrio di chi gestisce la rete ferroviaria o ci fa correre (o fermare) i suoi treni. Il “movimento” sui binari non ha regole, misure di sicurezza, protocolli e obblighi da rispettare?
Se il passeggero onnipotente lo si conosce, qualcuno può dirci chi sono stati i disciplinati ed ossequiosi “arditi” che ne hanno assecondato i capricci, mettendo in pericolo un’intera architettura di linee ferrate e soprattutto la vasta moltitudine di non altrettanto nobili trasportati?