Ben gli sta. Non hanno nemmeno lontanamente idea dell’opportunità sciupata per i visitatori dell’Esposizione Universale che avrebbero potuto vivere un’esperienza indimenticabile.
Gli arabi saranno pure ricchi ma non potranno mai competere con quel che Roma è in grado di offrire a chi raggiunge il cuore dell’Europa.
La partita per l’assegnazione di Expo 2030 se l’è così aggiudicata Riyad, incompresa capitale della libertà e dei diritti civili. Il mecenatismo del caritatevole Mohammed bin Salman probabilmente ha saputo affascinare chi doveva indicare il luogo ideale per la manifestazione.
Non ospitare un evento di questa portata va a penalizzare le strutture ricettizie, la ristorazione e i cinesi produttori di “magnet” e altri gadget orripilanti. Non potranno fare ricavi stratosferici i venditori ambulanti di panini e acqua minerale a prezzi indimenticabili e chissà quanti altri soggetti la cui bussola guida al business a tutti i costi.
In realtà a subire il danno più consistente sono i turisti che avrebbero potuto fare tappa a Roma in quell’occasione.
A nulla sono valsi gli sforzi titanici del Sindaco della Città Eterna per portarla ai livelli che chi la vive abitualmente può apprezzare ogni giorno e in qualunque circostanza.
Cumuli di immondizia in ogni dove, distribuiti con sapiente armonia grazie al probabile supporto consulenziale di architetti del design urbano, saranno un esclusivo privilegio per i “Ciives Romani”. La loro capillarità, verificata con rigorosa attenzione da esperti di sanità pubblica, è fra l’altro garanzia di “igiene equamente condiviso” a dispetto di altre metropoli dove solo chi ha la fortuna di vivere in quartieri dimenticati (o in veri e propri ghetti) può disporre di un simile arredo integrativo di strade e piazze.
Viene tradito anche l’impegno faunistico, profuso senza distinzione di razze e dimensioni animali. Ispirato da Jurassic Park, il sindaco aveva aperto – a costo zero per gli abitanti e senza pretendere il pagamento di alcun biglietto ai turisti – una esperienza “open air” di immersione nella natura selvaggia. L’azione di ripopolamento di mammiferi roditori – attuato grazie all’Operazione Pantegane per tutti – è stata compiuta con risultati che in nessun altro angolo del mondo si sono mai visti. E adesso nemmeno un grazie per aver riempito la città di topi, ratti e sorci con una arguta e incomparabile varietà…
Gabbiani, cornacchie, storni e piccioni, sono un elemento ecologico che arricchisce lo scenario di pattume a giro di orizzonte, ma non danno quel tono del safari tutt’altro che rurale in mezzo ad asfalto e cemento che qualcuno magari si aspetterebbe. Questa lacuna (vedremo tra poco come vi è stato posto rimedio) è compensata da effetti speciali che i volatili in questione riescono a produrre. L’aspersione dall’alto dei loro escrementi aggiunge una nota di colore (variabile per specie e alimentazione) e decora auto in sosta e passanti che poi giustificano l’insudiciamento dicendo che porta fortuna.
Gli amanti della caccia grossa, fortunatamente, sono stati accontentati senza indispettire gli amanti degli animali e le varie compagini che si danno un gra da fare per la loro protezione. Vivaci branchi di cinghiali scorrazzano liberamente anche nel centro di Roma e lo fanno allegri e tranquilli perché il loro umore – giustamente – non deve esser turbato da catture o ancor peggio da abbattimenti. I cacciatori potranno fare addestramento a salve (senza effetti acustici, è ovvio) e studiare da vicino quelle che per molti di loro sono prede particolarmente ambite.
Dopo l’ambiente, i trasporti. Chi non verrà a Roma non potrà gustarsi il dinamismo che viene sollecitato in chi desidera spostarsi da un luogo all’altro.
Superato senza difficoltà il caos di città simbolo come Il Cairo, l’offerta è calibrata per accontentare gli Indiana Jones che circolano con veicoli di proprietà e i pazienti Dalai Lama che affrontano con serafico distacco il malfunzionamento o l’assenza del servizio pubblico.
La giungla di vetture incastrate come nemmeno un campione di Tetris riuscirebbe a disporre, le code interminabili e il patetico millimetrico incedere a passo d’uomo non deambulante sono esperienze che mancheranno nella formazione culturale di chi è stato privato dell’opportunità di venire a Roma per Expo 2030. Non è servito a niente l’impegno – tutt’altro che improvvisato – che l’ATAC ha riversato nella riuscitissima iniziativa “La metro che non passa” che ha temprato la calma e la sopportazione degli aspiranti passeggeri e che ha tramutato la cavità della stazione “Conca d’Oro” in una sorta di santuario dove la gente spera di veder arrivare un convoglio, come i fedeli che vanno a Lourdes arrivano alla Grotta auspicando di esser testimoni di una nuova apparizione di Nostra Signora.
A gioire sono soltanto i romani egoisti. Perché condividere tante belle cose con estranei e consentir loro di fruirne senza pagare IMU, TARI e altri balzelli che finanziano il mantenimento in efficienza di una simile macchina del vivere felici?